Nell'edizione odierna del Corriere dello Sport è presente una lunga intervista di Gabriele Gravina, che ha toccato diversi argomenti legati alla Serie A. Il presidente della Federcalcio è partito dalla riforma che vorrebbe per il nostro campionato: "Entro il 30 giugno si cambia. Dobbiamo mettere in sicurezza il sistema, vuol dire puntare alla sua sostenibilità. È il momento di provare. Negli anni Novanta nessuno credeva ai tre punti per la vittoria, e invece ha funzionato. I playoff in Lega Pro e in Serie B sono una garanzia di visibilità e un successo. Sarebbe un errore non testarli anche in Serie A, salvaguardando comunque il valore del merito sportivo raggiunto in classifica. Ma ci vuole una riforma, che riduca le squadre e modifichi il format. Ne guadagnerebbero qualità e competizione".
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Serie A – Gravina: “Stadi? Spero di tornare presto al 100%”
In una lunga intervista rilasciata al Corriere dello Sport, Gabriele Gravina, presidente della FIGC, ha parlato di alcuni temi della Seria A.
Sulla Nazionale: "Se tutto dipendesse dai risultati, la vittoria agli Europei varrebbe quanto un bonus di quattro anni. Ma non tiro io i calci di rigore. Il sistema che ho trovato non aveva prospettive. Oggi siamo nel cuore di un rinnovamento che non si fermerà, a prescindere dai risultati. Certo, mi dispiacerebbe non centrare il risultato, ma non sono preoccupato per me. Vado avanti. Il percorso avviato con Roberto non è legato a un singolo risultato. C’è un progetto che ha già dato risposte importanti, in termini di entusiasmo e rilancio dell’immagine della Nazionale".
Sul protocollo Covid e la capienza degli stadi: "Il protocollo sanitario è una vittoria. È una garanzia che il virus non intaccherà d’ora in poi la regolarità della competizione. Qualche garanzia dal governo sulla riapertura degli stadi? La garanzia è il dialogo istituzionale. Il limite dei cinquemila spettatori è stato un atto di responsabilità. L’auspicio è che, usciti tutti vaccinati dal picco, si torni a una capienza del cento per cento. Il calcio si confermerebbe apripista della sicurezza e della normalità".
Sulle plusvalenze: "Le plusvalenze fanno parte della vita attiva dell’impresa. Vanno perseguite quelle truffaldine. Aspettiamo che la magistratura chiarisca, ma non facciamo di tutta l’erba un fascio. Poi stiamo studiando se eliminare le plusvalenze dagli indicatori di bilancio per autorizzare nuovi investimenti sportivi. Perché non stimare il valore reale di un calciatore misurando con un algoritmo età, esperienze maturate, qualità della prestazione e durata dei contratti? Ci sta provando la Fifa, ma non credo sia realizzabile. Gli indicatori che l’algoritmo considera sono sempre frutto di scelte soggettive. Chi mi può impedire di spendere cento milioni per un sedicenne intuendo che sarà il nuovo Messi? La soluzione è un’altra. Scindere le plusvalenze reali con movimenti di finanza dagli scambi di figurine a costo zero. E poi ridurne l’impatto sui bilanci".
Su come difendersi dai procuratori: "Bisognerebbe chiederlo a quei presidenti che sono accondiscendenti con loro. Diventano così ricchi e potenti perché qualcuno li paga. La Figc è stata la prima federazione a proporre un principio di controllo su provvigioni e intermediazioni. Ma serve una decisione internazionale della Fifa. Altrimenti se io pongo un tetto, non faccio che favorire il mercato straniero. Infantino punta al 3 per cento. È la nostra proposta, ma deve valere per tutti. Se è possibile rappresentare due o tre parti dello stesso tavolo? No, serve una disciplina rigida. Il caso Vlahovic è emblematico. Non si definisce la cessione perché non si accontenta il procuratore. Credo che, al punto in cui siamo arrivati, dovremmo rimettere mano alla legge Bosman e prevedere un parametro legato alla valorizzazione del calciatore da parte di un club. Qui ha ragione Commisso, quando dice che il suo centravanti deve essere grato alla Viola. Altrimenti nessuno investe più nella formazione di un campione".
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