“Ricevetti numerosi colpi bassi a livello personale, per non parlare delle insinuazioni da querela. In Lega vige la logica della distruzione anche del prossimo, non quella della costruzione... Il presidente risponde per legge con i propri beni personali. Quindi anche solo per lo spostamento di una partita c’è chi ti manda la lettera dell’avvocato minacciando azioni risarcitorie milionarie. A me queste cose fanno sorridere, ma ad alcuni favoriscono sudditanze nei confronti dei prepotenti”. Inizia così, con la spiegazione delle ragioni del suo addio, una lunga intervista realizzata dal Corriere dello Sport a Paolo Dal Pino, ex presidente della Lega Serie A. Un lungo confronto in cui Dal Pino parla anche del dualismo tra Lotito, presidente della Lazio, e Gravina, numero uno della FIGC. Queste le sue parole.
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Serie A, Dal Pino: “Lotito-Gravina? Non c’è torto o ragione. È inutile…”
Perché decidesti di entrare nel calcio?
“Non abbandonai le mie attività e comunque assunsi la presidenza, ero istituzione, l’operatività è demandata all’ad, De Siervo. Mi piaceva l’idea di partecipare a un cambiamento epocale del calcio italiano. La media company, lo sviluppo tecnologico, l’ingresso dei fondi. Tutto riportava alle mie conoscenze, al mio specifico. La trasformazione della Lega era un obiettivo molto stimolante”.
Oggi la Lega rivendica l’autonomia totale secondo una logica Premier.
“Discorso sterile. Ancora una volta per distrarre l’attenzione dai problemi reali. La Lega è già totalmente autonoma per quanto riguarda l’organizzazione del campionato e della Coppa Italia, la commercializzazione dei diritti tv e lo sviluppo del brand. L’occasione per diventare più solidi, più forti e con una visione imprenditoriale si è persa quando l’assemblea, in piena autonomia, non ha voluto aprire alla media company, ai fondi d’investimento e al cambio della governance”.
Chi il responsabile o i responsabili del fallimento?
“Solo e soltanto una maggioranza colpevole che non esercita il proprio ruolo di guida. La serie A è una delle poche realtà che conosco dove la minoranza detta l’agenda. Dove vince chi alza la voce e chi è più prepotente”.
Per questo puntasti al cambiamento della governance.
“Serviva e serve ancora una governance efficiente, professionale, in grado di controllare il proprio destino di impresa che vive di diritti tv. I media erano e restano le uniche soluzioni. Indipendentemente dai fondi. Auspico perciò che la Lega riprenda il percorso della media company e del cambio di governance. Più si ritarda questo processo e più la serie A perderà terreno rispetto agli altri tornei. Oggi è un campionato colpevolmente marginalizzato. E le cose peggioreranno con la SuperChampions. Era chiaro già allora che un torneo del genere avrebbe reso periferici i campionati nazionali e nulla è stato fatto per contrastare la bulimia di Uefa e Fifa. Grave errore, in tal senso, la demonizzazione dei fondi: avrebbero garantito 1 miliardo e 700 milioni a un sistema che ne perdeva e ne perde 5”.
Garantire 5 anni di diritti a un media terzo significa accontentarsi della “stabilità verso il basso” a scapito del progetto imprenditoriale.
“Esattamente. MLS, Saudi Pro League e altri progetti dreneranno risorse. Sopravviveranno solo le Leghe che saranno virtuose nelle loro scelte. Con De Siervo, partendo dalla media company, avevamo cominciato a trattare con Apple per una app della serie A. Oggi accendo la tv e in Brasile vedo incredibilmente passare delle partite della Mls e della Saudi League. Messi e Ronaldo sono ovunque, anche i mercati del Middle East hanno perso interesse nel nostro torneo”.
Cosa si potrebbe fare ora per provare a rimediare?
“La Lega si deve svegliare. L’upgrade è necessario. La piantino di distogliere l’attenzione dall’unico vero tema”.
Quale?
“Prendere in mano il proprio destino e disegnare una strategia sostenibile. Basta con gli alibi, le liti, i personalismi, Lotito contro Gravina. Non c’è più tempo da perdere. La Figc ha gli stessi obiettivi della Lega. Ripeto: le big o presunte tali dovrebbero dialogare per costruire”.
Cosa pensi oggi di Andrea Agnelli?
“Ha vinto nove campionati di fila. Come lui, nessuno. Il suo voltafaccia sui fondi? Troppo preso dalla Superlega, come l’Inter. Tre giorni prima del voto decisivo le due si defilarono. Errare humanum est”.
E perseverare disumanum ovest. De Laurentiis?
“Avrebbe potuto essere un genio. Si deve accontentare di essere soltanto quasi santo avendo vinto lo scudetto a Napoli”.
Lotito?
“Ha divorato nella culla i saggi del Machiavelli. A cosa gli serve buttar giù Gravina? Ritiene che sarebbe utile al calcio italiano? No, te lo assicuro”.
Avrà le sue ragioni.
“Siamo ancora alla distinzione tra torto e ragione? L’unica strada percorribile è quella della condivisione dei progetti per salvare un calcio che fa acqua e debiti da tutte le parti. Attenzione all’effetto Superchampions. E se poi dovessero giocare le coppe otto o nove italiane, auguri serie A”.
Chiudi con Gravina.
“Gli voglio bene… ma chi glielo fa fare?”.
Tutto ciò che comporta essere il numero 1 del calcio italiano, il potere, un’indiscutibile centralità in un settore vitale.
“Non per il fegato”.
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