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di Simone Cesarei
ROMA- Ah, le serate europee. Perchè diciamocelo, bello il campionato, ma l'Europa ha tutto un altro sapore. Fa niente se è la sorella brutta della Champions, mostrare la propria sciarpa al continente è comunque gratificante. Specialmente se hai una squadra che secondo molti potrebbe arrivare in fondo, con un po' di fortuna. E forse il problema sta tutto lì, questa maledetta fortuna. Qualcuno l'ha vista? Un rigore alle stelle di quà, un palo di là, un gol all'ultimo secondo secondo quì, un'imprecazione lì. Forse la dea bendata se la dovrebbe togliere questa benda, che ora sta un po' esagerando. Non è un periodo facile per la Lazio, ma soprattutto per il tifoso laziale. E' frustrante essere sempre sul punto di esultare, ma non arrivare mai all'urlo liberatorio. E' frustrante anche arrabbiarsi con ogni divinità esistente per un rigore solare negato, oltre che per un palo all'ultimo secondo. Che poi questo palo, sa un po' di friendzone. L'Europa League che friendzona la Lazio: "Il problema non sei tu, ma io. Però rimaniamo amici ok?", oppure "Scusa, tu sei perfetta, ma ti vedo solo come un'amica". La risposta poi è sempre la stessa, non importa cosa possa dire, ma forse non la posso scrivere quì.
PROFETI
Dinamo Kiev: "Squadra di grande tradizione", dice Inzaghi alla vigilia. E d'altronde mica può dire "co' questi vincemo facile". Quello lo dicono i tifosi, che già respirano aria di quarti di finale. Che poi dopo i quarti ci sono le semifinali, e poi la finale. Mi gira la testa solo a pensarci. Sarebbe bello eh, prendere il treno per Lione, tornare a giocare una finale europea. Non è peccato dopotutto sognare ad occhi aperti un epilogo diverso da quello a cui abbiamo assistito ieri sera. Un 2-2 amaro, amarissimo, che complica terribilmente quella qualificazione che sembrava a portata di mano. Eppure si sa che è proprio nelle partite che dovrebbero essere semplici, che la Lazio ama complicarsi la vita. Siamo molto masochisti, noi laziali. Perchè chiudere la pratica già dalla gara d'andata? Meglio prendere un gol di tacco da un tizio di cui non provo nemmeno a scrivere il nome, e un eurogol da un certo Junior Moraes. Ho avuto gli incubi per tutta la notte, dopo che il telecronista ne ha cantato le gesta per l'intero secondo tempo. Il signor Moraes ha giocato con Felipe Anderson nel Santos, anche se il laziale era ancora nelle giovanili, e questo dopo averlo ribadito per almeno dieci volte, si è capito. Dopodichè la sua brillante carriera è continuata tra Romania, Bulgaria, Ucraina, Cina, e ancora Ucraina, fino a ieri sera. E pensare che poco prima che trovasse il gol della vita, il telecronista era stato profetico: "Non si è visto molto da quando è entrato, Junior Moraes". Bam. Non sono bastati gli scongiuri dei laziali, il brasiliano tira fuori dal cilindro un eurogol di quelli che se ci riprova si sveglia sudato. Il palo finale di Ciro è la fotografia di una partita in cui l'Europa League ha fatto di tutto per friendzonare la Lazio. Eppure non è detta l'ultima parola, c'è ancora speranza per sedurre quella signora sfuggente e difficile, ma che mantiene un fascino irresistibile. Si sa che le persone vogliono quello che non possono avere, ma non tiriamola per le lunghe. Anche perchè altrimenti l'anno prossimo ci proviamo con la sorella grande, quella bella.
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