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di Simone Cesarei
ROMA- "Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore". C'è De Gregori in sottofondo, nella notte dell'Olimpico. La semifinale contro il Milan si porta dietro emozioni contrastanti: delusione, ovviamente, tanta delusione, ma anche orgoglio, tanto orgoglio. La consapevolezza che meglio di così, era quasi impossibile fare. Ha detto bene Lulic a fine partita: "Se avessimo continuato a giocare fino a domattina la palla non sarebbe comunque entrata". Mostruoso Donnarumma, mostruosi i laziali. A cantare a squarciagola per oltre 180 minuti, fregandosene del gelo di Burian. Lo spettacolo che si presenta di fronte ai tifosi è di quelli da mille e una notte: calci di rigore sotto la neve, a Roma. Un ricordo che rimane negli occhi, in una partita maledetta.
NON E' MICA DA QUESTI PARTICOLARI CHE SI GIUDICA UN GIOCATORE
Traffico e pioggia: il prepartita del romano, di questi tempi, è sempre lo stesso. Clacson che suonano, imprecazioni nell'aria, sale l'ansia e l'attesa. Non è una partita normale perchè ci si sta giocando qualcosa di importante: la finale di Coppa Italia. Trofeo solamente accarezzato in questi anni, dopo l'eterno 26 maggio. C'è voglia di provare ad impreziosire una stagione già fantastica, senza accontentarsi. Due birre sotto casa, un saluto all'amico che non vedi da un po', pronti a ritrovarsi nel momento più importante. Tra un sorso e l'altro la partita scorre via veloce e piacevole, con la Lazio che gioca bene ma che non riesce a trovare il gol. Donnarumma di qua, Donnarumma di là, il commentatore Rai sembra essersi impallato, ma in realtà è solamente Immobile che prende a pallonate il giovane portiere rossonero. Che poi deve fare ancora la maturità, perchè era troppo stressato quest'estate. Poverino, invece i ragazzi della sua età ci vanno scondinzolando all'orale. In una partita in cui la palla non vuole entrare c'è anche una squadra che evidentemente la fortuna la ha dalla sua parte. Nel primo tempo le occasioni del Milan maturano da rimpalli, oppure falli non fischiati. Nel secondo la sinfonia è sempre la stessa, ma cambia l'orchestra. Invece che alzarsi dal divano per poi disperarsi ad ogni occasione, si parte già rassegnati in partenza, tanto l'andazzo si è capito. E infatti la palla non entra. I rossoneri intanto, guidati da un tarantolato ma sempre simpatico da vedere Gattuso, rischiano di vincerla con Kalinic: contropiede, il croato davanti la porta, e il pallone che oltrepassa la traversa colpendo un malcapitato fotografo. Strakosha ringrazia qualche divinità, mentre i laziali recuperano il fiato, il cuore ha ricominciato a battere.
E CHISSA' QUANTE NE HAI VISTE, E QUANTE NE VEDRAI
I rigori sono la normale conclusione di un serata assurda, ma alla fine che la Lazio nuoce alla salute lo sapevamo tutti. La Rai decide di inquadrare la porta nel modo peggiore possibile, con nemmeno una grafica per segnare i tiri dal dischetto. "A quanto stamo?", "Mo a chi tocca?", sono le conseguenze. Strakosha para il rigore di Rodriguez, Donnarumma quello di Milinkovic, anzi a dire il vero lo blocca. Probabilmente Sergej ci ha abituato troppo bene, ma per farsi bloccare un rigore ci vuole impegno. Strakosha neutralizza anche Montolivo, Donnarumma Leiva. La Nord non fa in tempo ad esultare che la parità è ristabilita, e allora si va ad oltranza. Sul dischetto si presenta Luiz Felipe, che chissà perchè da ora in poi mi viene da chiamarlo "Nino". Palla alta, altissima, ma almeno ha avuto il coraggio di tirarlo. "E chissà quante ne hai viste, e quante ne vedrai" di partite, di rigori, di delusioni, di gioie. In una carriera che è solamente all'inizio e che non può essere certo stroncata da un tiro sbagliato. Il rigore finale di Romagnoli ha qualcosa di poetico. Lui laziale da sempre, con un passato nella Roma, che probabilmente all'Olimpico ha giocato la sua miglior partita stagionale. Viene da pensare cosa sarebbe successo se ci fossimo trovati noi su quel dischetto, davanti alla nostra curva. Romagnoli rimane freddo, chiude gli occhi e zittisce il suo cuore: in finale ci va il Milan. A noi rimane tanto amaro in bocca, ma anche orgoglio, tanto orgoglio.
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