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ROMA – Da stratega a capro espiatorio, è breve il passo. Perché Inzaghi era quello che l'aveva incartata a Spalletti a San Siro, ma è pure quello che adesso non riesce a trovare alternative di gioco. E non solo.
La verità sta nel mezzo. Inzaghi era e rimane un buon tecnico, però adesso finisce sul patibolo. E in fondo è giusto, quando ci metti del tuo. La verità è che Simone può essere abile, ma anche discutibile. La verità è che nessuno è infallibile. La verità è che spesso va in difficoltà quando si trova di fronte squadre che adottano lo stesso modulo. Stante l’importanza della partita, ieri le scelte iniziali del mister e quelle successive hanno lasciato più di un dubbio. Leiva e Milinkovic, per quanto uno diffidato e l'altro forse un po' affaticato, non si possono regalare a nessuno, nemmeno al Sassuolo. Al contrario sbagliato tenere in campo uomini sulle gambe (vedi Lulic su Boga che gli passa davanti prima del gol, ma anche Caicedo al posto di Correa). Aver pensato più alla partita contro il Milan che all'ultima, oltre che a veicolare il messaggio che col Sassuolo potesse essere molto facile, è stata una scommessa non riuscita. Per carità, è facile parlare per tutti col senno di poi, ma probabilmente era più giusto iniziare coi migliori e blindare la partita, poi coi cambi concedere ai big un po' di riposo in vista di quella successiva. Ora non ci saranno più prove d'appello, Inzaghi deve ringraziare che l'aritmetica della Champions tiene ancora la Lazio in ballo.
Cittaceleste.it
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