ROMA - Torna la Champions e pure i positivi. O meglio quelli “leggermente”. Il tampone, da amico, torna elemento della discordia. Una situazione che ha spinto la procura della Figc, guidata dal pm Chiné, ad aprire un fascicolo d’inchiesta. Il caso deflagra quando, terminato l’allenamento mattutino, prima della partenza per San Pietroburgo, la Uefa comunica diverse positività risultate dai tamponi fatti lunedì mattina. Sarebbero circa 8 (non tutti giocatori). I nomi che balzano subito all’occhio sono quelli di Immobile, Leiva e Strakosha allenatisi regolarmente con il resto della squadra. Il primo era stato già bloccato dalla Uefa prima della gara contro il Bruges della scorsa settimana, gli altri due, invece, non avevano fatto il test molecolare perché erano influenzati e non facevano parte del gruppo squadra designato per il Belgio. Tutti e tre erano risultati abili e arruolabili per la gara contro il Torino in base ai tamponi fatti dalla stessa Lazio venerdì scorso (i primi due hanno anche giocato e Ciro ha segnato il rigore del 3-3). I test dei biancocelesti vengono processati dal Laboratorio di Avellino di proprietà di Walter Taccone, ex presidente del club irpino.
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I “positivi” mettono nei guai la Lazio: per la Figc rischia grosso
Emergono dubbi sul protocollo. In caso di mancato rispetto, si va dalla semplice ammenda, passando dai punti di penalizzazione, all’esclusione dal campionato.
LABORATORIO UNICO IN SERIE A
Attimi di panico a Formello, dove il presidente Lotito e il responsabile medico Pulcini sono stati in riunione per oltre due ore (in serata è stato fatto anche un comunicato ufficiale). Fitto scambio di mail con la Uefa in cui la società biancoceleste ribadisce che si tratta di “false positività”, e come già successo nelle gare precedenti con Hoedt e Pereira chiede il reintegro. E sottolinea inoltre come il gene RdRp (responsabile del Covid) sia risultato sempre negativo, a differenza degli altri due (N, E) che però individuano virus appartenenti alla famiglia dei coronavirus che non necessariamente sono Covid. Il responsabile di questa discrepanza tra i tamponi della Lazio e della Uefa sarebbe il gene N. O meglio, la sua amplificazione (quante volte viene ingrandito), ovvero il modo in cui viene processato. Più sensibile il metodo Uefa, tanto che ci si torna ad interrogare sulla necessità di avere un laboratorio unico anche per la serie A.
LA BOLLA E LA ASL
Sulla Lazio, come detto, la procura della Figc ha aperto un fascicolo d’inchiesta. Dopo i controlli fatti nell’ultima settimana, gli ispettori federali ieri hanno chiesto anche gli ultimi risultati relativi ai tamponi fatti prima del Bruges, del Torino e dello Zenit. Tanto il materiale acquisito e finito sulla scrivania del pm Chiné che, insieme ai suoi uomini, avrebbe già studiato le carte. E’ emerso più di un interrogativo. In particolare sulla modalità con cui vengono processati i tamponi. E qualche discrepanza sarebbe emersa anche dagli interrogatori, fatti settimana scorsa, del presidente Lotito e del responsabile medico Pulcini. Altro punto su cui si vuole fare luce è la gestione dei positivi e la “bolla”. Insomma la corretta applicazione del protocollo della Figc. E non è un caso che ieri il club biancoceleste abbia contattato l’Asl di rifermento (Roma 4) per avere il carteggio con cui si chiedeva l’isolamento domiciliare dei soggetti “positivi”. La procura però vuole fare chiarezza. Se dovessero emergere irregolarità la Lazio rischia grosso. Il presidente Figc Gravina aveva dichiarato tolleranza zero nei confronti dei furbetti del protocollo. Nella nota di due pagine diramata l’8 giugno e ribadita il primo settembre si mette in luce un sistema sanzionatorio molto duro in caso di inosservanza dei protocolli: si va dalla semplice ammenda, passando dai punti di penalizzazione, all’esclusione dal campionato.
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