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Lazio, Acerbi: “Faremo un grande finale di stagione. Non potevo dire di no alla Lazio”

redazionecittaceleste

Il difensore della Lazio Francesco Acerbi si è raccontato ai microfoni de "I Signori del calcio" in onda su Sky Sport

ROMA - E' alla Lazio da quasi un anno, ma in realtà sembra vestire la maglia biancoceleste da una vita. Francesco Acerbi ha impiegato pochi mesi per diventare il punto di riferimento della difesa laziale.

Con la partenza di De Vrij, Acerbi non ha fatto mai sentire la mancanza dell'olandese, anzi ne ha oscurato il fantasma diventando nel giro di poco tempo un baluardo della squadra di Inzaghi. Voluto fortemente proprio dal tecnico piacentino, Acerbi è finalmente approdato in una grande piazza, un salto in avanti che aspettava da tempo, dopo la breve parentesi con il Milan. Il difensore della Lazio e della nazionale italiana si è raccontato alla trasmissione "I Signori del calcio" in diretta su Sky Sport. Queste le sue parole: " L'UOMO - "In questo momento della mia vita sono un uomo equilibrato che sa cosa vuole, sa che vuole giocare a calcio e fare bene. Come giocatore cerco sempre di non accontentarmi mai, dare sempre il massimo in campo e fuori dal campo. Voglio tornare a casa soddisfatto, ci sono periodi negativi o positivi: l'importante è camminare sempre a testa alta. Fino a che non raggiungi i tuoi obiettivi, hai sempre la fissa di fare il meglio possibile".

LA CRESCITA FINO AL MILAN - "Nasco portiere, poi da attaccante ho fatto tanti gol. Il mister mi spostò dietro, ho fatto anche il terzino. Con mio padre ho un legame bello e brutto, con lui è sempre stata un sfida. Mi diceva vai a lavorare, e allora io l'ho presa come una sfida. Questo è stato uno stimolo importante, devo comunque solamente ringraziarlo. Il mio esordio in Serie A è stato positivo, era un Chievo - Catania, è stato emozionante. Quando ero giovane volevo andare al Milan, vedevo le immagini di San Siro e mi dicevo che era il mio stadio. Avevo raggiunto l'apice, quando sono arrivato ho messo la 13 e non sentivo il peso, non mi interessava. Giunto a quel livello mi sono seduto, mi impegnavo però era come se mi fossi fermato. L'esordio in Champions League è stato tranquillo, fino al gol del Malaga avevo anche fatto bene ma abbiamo perso 1 a 0. Ero dispiaciuto, ma capita. Mi ha dato molto Ambrosini, così come il presidente e tutti gli altri".

LA MALATTIA E IL SASSUOLO - "Ero al Sassuolo, mi chiamano per fare un controllo. Ho saputo di avere un nodulo nel testicolo, la parola tumore fa paura ma mi avevano assicurato che dopo l'operazione sarei tornato a giocare. Sicuramente è cambiato il mio modo di pensare e di agire. Nella mia testa, ogni giorno, volevo sempre correre. Mi sono caricato gradualmente, ogni anno mi sento sempre più spericolato. Con la malattia cresci come uomo, molti mi vedono come una persona migliore. In tanti mi chiedono consiglio. Era la mia occasione, ci stavamo giocando il campionato. Non c'era malattia che teneva, sono rientrato e mi sono rimboccato le maniche. Avevo già la consapevolezza di poter fare bene, avevo tanta voglia di giocare e di vivere per il calcio. Il Sassuolo è una grande proprietà, pochi tifosi ma buoni. Trovare le motivazioni lì non è sempre facile, quando le cose vanno male non c'è una pressione grandissima. Devi trovare da solo gli stimoli giusti. Sono dell'idea che quando giochi a pallone devi sempre dare il massimo. Con le milanesi abbiamo sempre preso tanti gol, ma Di Francesco era bravo e sapeva far giocare la squadra. Berardi poteva fare di più, perchè è un grande talento. Con il Sassuolo ho fatto tutto, c'è stata la malattia, sono tornato e abbiamo fatto bene".

ATTACCANTI -  "Quagliarella è devastante, è forte a tirare in tutti i modi. Quest'anno sta facendo grandi cose. Anche Piatek sta andando bene, sostituire Higuain non era facile, in Europa ce ne sono pochi come l'argentino. Non è mai facile marcare un attaccante che tocca due palle e fa gol, come il polacco. Ronaldo è decisivo, un grande campione, ha consapevolezza dei propri mezzi e un super professionista. A 34 anni è come un ragazzo, si cura come non mai ed è un riferimento per tutti. Immobile è un grandissimo attaccante, non gli si può dire nulla. Lui è un grande, l'anno scorso ha segnato più di 40 gol. Solo Ronaldo e Messi si ripetono. Ciro è un grande amico e compagno, se non fai gol lo fai alla prossima: arriverà. Inoltre ci aiuta tantissimo".

IL RECORD - "Non mi interessava, volevo giocare. L'espulsione con il Napoli ha pregiudicato quel traguardo, ma non mi sono mai abbattuto. Il fisico ha più energie di quelle che tu pensi. E bisogna fare una vita sana".

NAZIONALE - "Il mio esordio è arrivato subito dopo la malattia, nel 2014. Ho fatto due partite con il Sassuolo e poi Conte mi ha chiamato. Le sue parole mi resero orgoglioso. Mi disse: "non ti chiamo per quello che hai avuto, ma perchè te lo meriti". Lui è uno che punta sulla meritocrazia, è stato importante per me. Abbiamo giovani di qualità che Mancini chiama, ma devono tutti stare con i piedi per terra. Devono crescere nel modo giusto senza mettersi in testa di essere già grandi campioni. Le qualità ci sono, Mancini da molti consigli e la loro freschezza tornerà utile. Il ct ha dimostrato di poter far bene, se arrivano anche i risultati ancora meglio. Io devo fare sempre quello che posso, dare il massimo. Se Mancini mi chiama, bene. Devo meritarmelo, mi farò trovare pronto. Rispetto le sue decisioni".

LAZIO - "Non potevo più restare al Sassuolo, sentivo di dovermene andare perchè era finito un mio ciclo. Ti chiama la Lazio, è una società importante con tifosi eccezionali: non potevo dir di no. Inzaghi mi ha voluto fortemente e io avevo promesso che sarei venuto. Sostituire de Vrij non era facile, ma sapevo di poter dare il massimo anche qui. Quando arrivi in una piazza così e sai che darai tutto è difficile che ti possa andar male. Sta a te, devi avere voglia. I miei compagni hanno grandissima qualità, per me sono i più forti di tutti. Sanno giocare a pallone, hanno qualità nel fraseggio, sanno come mandarti in porta. Milinkovic, Luis Alberto, Correa, Immobile, ce ne sono tanti. Ma sottolineo ancora, sono qualità da grandissima squadra, da club top. Abbiamo dei momenti più o meno positivi, a volte manca quel salto per alzare l'asticella ed è un peccato perchè abbiamo una forza enorme. Però è bello stare qui, perchè si gioca veramente a pallone. Alla fine dell'anno arrivano i conti, se sei sesto meritavi questo posto. Questa squadra è da Champions League, l'ha dimostrato. Dobbiamo pensare positivo e dare qualcosa in più, anche se sei stanco e hai giocato tanto. Ora è il momento decisivo, abbiamo la possibilità di andare in Champions e vincere la finale di Coppa Italia. Si vince con la testa, perchè le forze vanno gestite. Noi faremo un grande finale di stagione, ne sono sicuro".

DERBY E TIFOSI- "Vincere la stracittadina vale doppio, vedere felici i tifosi ti riempie di orgoglio. Vedere la gioia nei loro occhi è fantastico. Questi tifosi meritano di tutto, è una città esigente ma che ci sta molto vicino. La mia forza è stare con i piedi per terra, essere umile e lavorare. Nella mia esperienza cerco di trasmettere valori umani oltre che calcistici. Non è necessario avere la fascia di capitano, anche chi è in panchina e non gioca deve essere leader: è importante per il gruppo. Devo essere un esempio, altrimenti manchi di rispetto all'allenatore, ai compagni e alla piazza. Non mi aspetto nulla dal calcio, ma molto da me stesso. Dopo la malattia non voglio avere rimorsi e rimpianti. Vorrei essere ricordato come uomo, non come calciatore. Il calciatore finisce, l'uomo rimane".

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