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Lotito: “Pensiamo ai vivai non a Cotonou”

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PALERMO - «Ma quale Cotonou, le priorità sono altre». Claudio Lotito, presidente della Commissione riforme, chiude subito la porta al recepimento da parte della Federcalcio della Convenzione internazionale del 2000 che...

PALERMO - «Ma quale Cotonou, le priorità sono altre». Claudio Lotito, presidente della Commissione riforme, chiude subito la porta al recepimento da parte della Federcalcio della Convenzione internazionale del 2000 che può rivoluzionare il calcio italiano. Stipulata nella città del Benin da cui prende il nome, firmata dall’UE, la Carta consente ai cittadini di 79 paesi (48 dell’Africa subsahariana, 16 dei Caraibi, 15 del Pacifico) di essere equiparati ai lavoratori comunitari. In Italia può spalancare le frontiere della Serie A. La Figc sta seriamente esaminando il tema, per farsi trovare preparata nel momento in cui un tesserato extracomunitario dovesse intraprendere una battaglia in tribunale, come fu per Bosman nel ’95. «Io proprio non capisco – prosegue Lotito -, prima dite che dobbiamo tutelare la Nazionale, i vivai, i giocatori italiani. E adesso parlate di questa convenzione, che conosco bene ed è stata stipulata per ben altri motivi. Non è nei nostri programmi adottarla, le priorità sono ben altre: vogliamo sottoporre la Serie A al rischio di una nuova invasione? È vero, un anno fa il Consiglio federale aveva esaminato il tema, ne abbiamo anche parlato, ma com’è finita? È stata approvata? No. Segno che non è questa la strada da seguire».

Al suo fianco, gli fa eco Mario Macalli, vicepresidente federale e n. 1 della Lega Pro: «Cotonou? Non so neanche dove si trovi. Io conosco solo i cotonati». Lotito ha una posizione chiara, anche se poi si preoccupa di precisare: «Naturalmente io parlo a titolo personale, ci sono 21 consiglieri, ognuno è libero di dire la sua. Però, ripeto, mi pare che sul tema l’opinione del Consiglio un anno fa sia stata chiara e in questo momento noi siamo impegnati nella tutela dei vivai. Io penso alle altre riforme, quelle importanti: ad esempio abbiamo dato un segnale forte e innovativo a favore della tecnologia in campo. Ci sono tante cose da fare, Tavecchio sta portando avanti il suo programma: non lo definisco un rottamatore, ma di sicuro è un uomo del rinnovamento e lo sta dimostrando». Venerdì il n.1 della Figc ha rivendicato orgoglioso l’assegnazione all’Italia della finale Champions 2016 e di uno spicchio dell’Europeo 2020. Ieri Demetrio Albertini, suo sfidante battuto alle elezioni, ha pubblicato un tweet velenoso: «Euro 2020 a Roma e Champions League a Milano? Meno male che c’era il presidente Abete». (Repubblica)

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