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- Di Andrea Colacione
ROMA - Parte oggi un’altra delle mie rubriche su cittaceleste: in un piacevolissimo “Revival” vi farò rivivere e farò conoscere agli “aquilotti” dell’ultima generazione, le gesta di tanti campioni e grandi uomini che hanno griffato la storia della S.S.Lazio 1900. Si parte oggi con un grande personaggio con la “G” maiuscola; estroso e fuori dagli schemi ma con un cuore biancoceleste grande così…
I veri tifosi laziali che hanno accompagnato le sue gesta, non possono certamente dimenticarlo e lo portano stretto nel cuore nel meraviglioso album dei ricordi.Stiamo parlando di Gabriele Podavini, bresciano doc ma ancor più laziale doc, perché laziale ci si sente profondamente dentro al proprio animo ed anche oggi che ha smesso da tempo continua a vivere la Lazio con grande palpitazione e senso di appartenenza, pur seguendola dal suo piccolo feudo lombardo.Nato a Prevalle in provincia di Brescia, il 25 novembre 1955, il “Poda” ha iniziato a prendere a calci un pallone nel Virle, prima di passare nel settore giovanile del Brescia, dove dopo aver vinto un campionato primavera, ha esordito in prima squadra ed è rimasto per sei lunghe stagioni (fu anche capitano) a parte una breve parentesi in prestito al Bolzano in serie C.A portarlo alla Lazio è stato il compianto Roberto Clagluna nel 1982, impuntandosi quando ormai era tutto fatto con il Perugia e da lì in poi è subito scoccata la scintilla dell’amore tra lui, la Curva Nord e l’intera tifoseria laziale. Un profondo amore reciproco, nato su un’immediata intesa e mai scalfito dal tempo o dalle distanze.Gabriele Podavini è stato un terzino moderno, dotato di ottima tecnica e potenza, di grandissima grinta e con due polmoni d’acciaio ma il pubblico biancoceleste ha subito apprezzato in lui la generosità, la grinta, il sangue e il sudore che consumava in ogni singolo match nel difendere i colori della Lazio.Podavini attaccava e difendeva, aveva piedi educatissimi ed un meraviglioso tiro dalla distanza e non c’è alcun dubbio che dalla carriera abbia avuto molto meno di quanto meritasse. Ma quantomeno ha avuto il merito di rimanere nella storia della Lazio e nel cuore di tutti i tifosi biancocelesti. Nei suoi cinque anni di militanza laziale, prima di passare al Genoa e poi al Siena ha fatto in tempo a servire al grandissimo Giuliano Fiorini in quel famoso Lazio-Vicenza del 21 giugno 1987, il pallone che in quello struggente pomeriggio che sembrava non voler finire mai, ha permesso alla Lazio di approdare agli spareggi di Napoli e di evitare la retrocessione in serie C, partendo da una penalizzazione di nove punti, quando ancora i punti per ogni vittoria erano soltanto due.
Quella fantastica Lazio di Eugenio Fascetti, in quella bollente domenica diede tutto, ma si trovò di fronte un illustre sconosciuto che di cognome faceva Dal Bianco e che quel pomeriggio parò l’impossibile, neanche fosse la reincarnazione di Jascin e Zamora messi insieme. Ma alla fine c’è la fece, anche per merito di Podavini che come al solito si calò sino in fondo nella battaglia ed il laziale vero di una volta, tutto ciò non se l’è dimenticato e lo custodisce gelosamente dentro al grande cuore biancoceleste. Con la Lazio il “Poda” ha collezionato 148 presenze, condite da 7 reti in campionato ed una volta appesi gli scarpini al chiodo si è messo ad allenare nel calcio dilettantistico con il sogno nel cuore di poter allenare un giorno la Lazio e di poter vincere finalmente un derby che non è mai riuscito a vincere da calciatore. Ha inoltre un diploma da geometra e parallelamente al suo grande amore di sempre, il calcio, gestisce una grande officina di revisione veicoli, essendo un profondo appassionato di auto e moto d’epoca. Podavini oggi è rimasto un grande tifoso laziale, tant’è che nella sua Brescia, il giorno in cui la Lazio vinse il suo ultimo scudetto, espose dal balcone di casa il seguente striscione: “Grazie Magica Lazio, come godo!”.Ogni volta che parla di Lazio o che si getta nel tunnel dei ricordi, si emoziona ancora come un bambino, soprattutto quando parla di quella tifoseria a cui ha dato tanto, ricevendo in cambio un affetto infinito ed indistruttibile nel tempo.
Ma soprattutto è rimasto dentro quel meraviglioso e folle ragazzo di allora, un ragazzo del nord dal carattere aperto e spontaneo, sempre pronto agli scherzi e alle battute. Un ragazzo che ha amato ed ama ancora profondamente la vita, nonostante la vita se l’è vista sfuggire, recuperandola soltanto grazie ad un trapianto di un rene che gli ha donato la sorella. Questo ragazzo dell’hinterland bresciano è rimasto quello di allora, uno che ha sempre dato tutto ma divertendosi. E le leggende narrano che conoscesse a memoria tutte le scorciatoie di Tor di Quinto (lo storico campo di allenamento di un tempo) , dove a volte arrivava dopo qualche nottata brava. Ma poi vagli a dire qualcosa: correva, lottava e sudava sempre fino in fondo, sia in campo che negli allenamenti. Questo è stato Gabriele Podavini, calciatore generoso e tecnico: prima bandiera e poi grande tifoso laziale che incarna sino in fondo lo spirito laziale. Uno che avrebbe voluto restare in biancoceleste fino all’ultimo giorno della carriera, accettando anche di guadagnare molto meno e senza pretendere il posto da titolare. Uno che invece è stato cacciato “a calci in culo” come fosse un ferro vecchio ma che nonostante tutto ciò prova soltanto amore per la Lazio e per tutto il mondo biancoceleste.
Cittaceleste.it
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