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Lazio, Inzaghi e i suoi peccati di presunzione

Inzaghi
Dalle recriminazioni sulla decisione di Fabbri a un possesso sterile. Caduto nel tranello dell'Inter di Conte

redazionecittaceleste

ROMA - Peccato di bravura o presunzione? Inzaghi si scaglia contro Fabbri e la sua decisione: «Un rigore così, dopo 25 minuti, ha indirizzato una partita che stavamo dominando. Rivedendo il replay 15 volte si può pure dare, ma non in tre secondi senza nemmeno consultare il Var. L’arbitro è andato subito spedito verso il dischetto col fischietto alla bocca. I miei ragazzi sono amareggiati, non l’hanno accettato, nonostante io abbia provato a spiegarglielo nell’intervallo. Ci siamo innervositi troppo ed ecco il risultato bugiardo». La Lazio crolla ancora a San Siro. Era successo col Milan a fine dicembre, ricapita contro l’Inter dopo sei vittorie di seguito: «C’è rammarico, potevamo ottenere di più. L’Inter è stata brava a difendersi, noi abbiamo tenuto campo e possesso, fatto il doppio dei passaggi per perdere 3 a 1. Un’altra sconfitta qui dopo la gara col Milan che, se rigiocassimo altre 20 volte, mai perderemmo». Eppure per questo Inzaghi dovrebbe cominciare a porsi qualche interrogativo. Invece a chi gli chiede se non fosse stato il caso di non scoprirsi così tanto per non cadere nel tranello nerazzurro, risponde sicuro: «Non potevano rinunciare a giocare a San Siro, volevamo tenere Lukaku e Lautaro a distanza dall’area perché secondo me è sempre meglio». Invece il belga fa il bello e il cattivo tempo con una difesa tornata colabrodo.

Simone Inzaghi

POSSESSO STERILE

Alla vigilia Radu era già in dubbio, Inzaghi non può giustificare l’assenza di un vero piano alternativo col suo forfait nel riscaldamento. Decide di schierare Hoedt al centro che, dopo Bergamo, combina un altro disastro. Poi «per non rimanere in 10» inserisce Parolo e non considera Musacchio in quel ruolo. Acerbi sul centro-sinistra stavolta è sprecato perché Conte lo sorprende rinunciando pure ad Hakimi, solo in teoria pericolo numero uno. Perisic sull’altra fascia contiene Lazzari ed Erikssen disorienta Patric in ogni affondo. La sfortuna e un rimpallo maledetto fanno il resto, insieme alla poca inventiva di Milinkovic e Luis Alberto a centrocampo e la sterilità d’Immobile e Correa in attacco. In realtà, la Lazio cade proprio nel giochetto nerazzurro di far muro e colpire a ogni errore avversario.

Lazio, Inzaghi e i suoi peccati di presunzione- immagine 3

FURIA E FOGA

A inizio secondo tempo Inzaghi fa infuriare Leiva, che esce mugugnando per un cambio molto strano. Escalante dà più dinamismo e sopratutto, sulla punizione di Milinkovic, trova il tocco decisivo. Partita riaperta, ma ecco un altro sbaglio clamoroso nonostante l’assist del Fato. A mezz’ora dal fischio finale, i biancocelesti si fanno travolgere dalla foga di riacciuffare subito il risultato. Tutti in avanti e contropiede servito tre minuto dopo. Con questa ingenuità fa bene il ds Tare a considerare ancora una «parola troppo grande» lo scudetto. Inzaghi così torna a parlare solo di Champions, ma quest’umiltà ieri non c’era in campo.

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