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di Marco Fabio Ceccatelli
ROMA - Sono due gli allenatori che hanno regalato uno scudetto alla Lazio. Il primo è stato Tommaso Maestrelli nel 1974. Il secondo, e ad oggi l'ultimo, Sven Goran Eriksson. Lo svedese, intervistato dal portale The Coaches Voices ha illustrato così la sua fantastica squadra del 2000.
Con davanti una classica tabella a forma di campo di calcio per desrivere gli schemi, Eriksson schiera un 4-4-1-1 e inizia il video così: "Questa è la Lazio, la squadra più forte che abbia mai allenato in vita mia, e alcuni di questi calciatori che vi dirò sono stati tra i più forti a livello mondiale. Tutti loro volevano vincere a tutti i costi, sempre, e odiavano perdere. Erano fantastici".
Si parte con la difesa: "Attenzione alla difesa. Probabilmente il calciatore più forte che avevamo era Nesta, difensore centrale che aveva tutto: giovane, alto, forte. Accanto a lui ecco Mihajlovic. L'ho avuto alla Sampdoria, e da lì l'ho portato alla Lazio. Inizialmente era un'ala sinistra, ma gli ho sempre detto 'Sinisa non sei un'ala, tu sei un difensore'. Lui mi rispondeva sempre 'No! No! Io sono un'ala o una seconda punta' (ride, ndr). Alla fine iniziò a giocare dietro e diventò uno dei migliori difensori del mondo. Aveva il miglior piede sinistro in circolazione. Era veramente importante. Sui terzini avevo tre uomini che si alternavano. A destra Negro, a sinistra Favalli e il terzo era Pancaro. Loro potevano giocare senza problemi su entrambe le fasce. Non sono mai stati osannati, ma erano estremamente importanti".
Si passa al centrocampo: "Ora tocca al centrocampo. Partiamo dalla leggenda sulla fascia sinistra, ovvero Pavel Nedved. Un grandioso professionista con un gran piede. Poteva fare su e giù per tutto il giorno. A livello tattico era impeccabile, perciò sono rimasto sorpreso del fatto che non sia diventato un allenatore. Per carità, è il vicepresidente della Juventus, non male, ma era veramente un grande giocatore. Al centro c'era Simeone, attuale tecnico dell'Atletico Madrid, Almeyda, Sensini, Veron, in seguito andato al Manchester United e al Chelsea, che poteva agire anche sulla fascia destra. Juan (Veron, ndr) aveva la visione, la tecnica, bravo anche tatticamente ed era un vincente".
Infine in attacco: "Lì davanti avevamo Salas dal Cile, il nostro bomber, e dietro di lui il vero playmaker della nostra squadra, ovvero Mancini. Roberto (Mancini, ndr) poteva andare a prendersi la palla dove voleva, sia davanti che dietro, e quando lo faceva tutti sapevano dove andare. Lui stesso diceva ai compagni 'quando prendo palla cominciate a correre, correte e basta, e la palla vi arriverà'. Bè, nella maggior parte dei casi ciò accadeva. Se a fare ciò non era Mancini, l'unico a poterlo fare era Mihajlovic col suo piede sinistro".
In conclusione: "In fase di impostazione eravamo un'ottima squadra, ma quando si trattava di partire in contropiede eravamo fantastici. Questo perché Mihajlovic e Mancini si accattivavano la pressione degli avversari e di conseguenza si creavano spazi per i compagni, soprattutto Nedved, abilissimo a infilarsi dietro le maglie avversarie. Eravamo veramente una grande squadra".
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