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Rambaudi: “Zemanlandia? Il manifesto di come fare calcio. Lazio? Per me è stato…”

Roberto Rambaudi
In un'intervista a La Gazzetta dello Sport, Rambaudi ha ripercorso la sua carriera da calciatore: dagli esordi fino al periodo Zemanlandia
Stefania Palminteri Redattore 

In una lunga intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, Roberto Rambaudi ha parlato delle sue varie fasi vissute durante la sua carriera da calciatore, dal suo esordio fra i professionisti con l'Omegna in C2 fino ad arrivare in particolare al periodo "Zemanlandia". Di seguito l'intervista completa.

Cos'è stata Zemanlandia?

"Il manifesto di come si deve fare calcio. Oggi il risultato condiziona tutto. Il primo anno arrivammo ottavi in B, eravamo in zona retrocessione. Perdemmo a Brescia e fummo contestati. Per un mese non uscimmo di casa, ma la società andò avanti con noi".

Una famiglia, dal presidente all'allenatore.

"Forgiati dalla durezza di Zeman. Il primo ritiro fu un incubo. Io, Signori, Baiano e altri una volta chiudemmo i mille metri in ritardo. Lui, con la sua voce flebile ma distinta, ci disse "Muovetevi". Noi fermi, e pensammo: "Oh, l'abbiamo svangata...".

E invece?

"L'allenamento pomeridiano era alle 17, noi eravamo a pranzo sereni. Intorno alle 14.30, però, ci disse di rifare il percorso. "Signori, Rambaudi... avanti, correte". E guai a vomitare, eh. "Ora che ti sei liberato puoi ricominciare", diceva. È stato unico".

Con la Luiss come precede?

"Vivo a Roma da una vita, non vado fuori. Lottiamo per non retrocedere. In rosa tutti ragazzi, studenti. Ci sono anche Rozzi e Diakitè, entrambi ex Lazio".

Dove nasce Rambaudi calciatore?

"A Torino, nei giardinetti dietro casa. Un giorno si avvicinò un signore e mi chiese di fare un provino con il Victoria Ivest, affiliata del Torino. Ho iniziato così. Facevo 15 km in bici per allenarmi. Eravamo solo io e il calcio. Mia madre non ne capiva molto, mio padre non c'è più da quando ho 4 anni".

L'esordio tra i professionisti?

"Con l'Omegna, in C2. In panchina c'era Marino Bergamasco, storico vice di Nereo Rocco, un personaggio. Debuttai a Busto Arsizio contro la Pro Patria e segnai dopo un minuto. È stato il gol più veloce della C. Lì ho ripensato a mio padre, a mia madre e al piano B che stava sfumando: se non avessi fatto il calciatore avrei aperto un locale".

Quand'è che ha detto "Ok, ce l’ho fatta"?

"A Pavia, 1986-87. Vincemmo la C2 e segnai 12 gol. Conobbi anche la mia futura moglie, con cui sto tuttora. In panchina c'era Gianni Bui, il mio mentore. Nel precampionato segnai al Verona di Bagnoli e lui si segnò il mio nome. Nel 1992 voleva portarmi all’Inter. Andai persino a casa del presidente Pellegrini a firmare il contratto, ma non se ne fece nulla".

E col primo stipendio che sfizio si è tolto?

"Non avevo grilli per la testa. Un po' di soldi li tenevo per me, il resto per mia madre".

Dalla C2 alla Serie A: che viaggio, Rambo.

"Il giorno prima del debutto in A - 1°settembre 1991, Inter- Foggia a San Siro - io e Signori non dormimmo. Eravamo in camera insieme in un hotel di fronte al Meazza, lo guardavamo e scherzavamo sui marcatori. "Beppe, vedi che domani contro Brehme è tosta". E lui: "Tu hai Bergomi". Pareggiamo 1-1 con gol di Baiano su mio assist. Il debutto dei sogni".

Un tridente simile al vostro?

"Non vorrei sembrare presuntuoso, ma come noi non c'è stato nessuno. Se devo scegliere dico Callejon, Mertens e Insigne, ma noi eravamo... noi, capisce?".

Cosa risponde a chi dice "Zeman non ha vinto niente"?

"Che ha vinto tutto, in realtà".

In che senso?

"Quando arrivi secondo con la Lazio, hai vinto. Quando ti salvi col Foggia, hai vinto. Quando porti il Pescara in Serie A, hai vinto. Prenda Insigne, Verratti e Immobile: prima di Zeman non giocava nessuno. Dopo averli visti in estate andai da un direttore sportivo e gliene parlai. Mi rispose che se si fosse presentato in ritiro con loro lo avrebbero linciato. Zeman ha rischiato, e dopo 30 anni resta attuale".

Una volta ci avrà litigato...

"Dopo un Lazio-Vicenza 0-2. Avevo la febbre a 39, mi sostituì a tre minuti dalla fine del primo tempo facendomi massacrare dai tifosi. Glielo ricordo ancora. Quando ci siamo rivisti ci siamo abbracciati. Spero si riprenda presto, vorrei vederlo a Roma".

A proposito: cos'ha rappresentato la Lazio?

"Amore a prima vista. Quattro anni stupendi dove ho partecipato alla costruzione di una squadra straordinaria. Mi è dispiaciuto andar via, ma non dipese da me".

Un flash su Gascoigne?

"Un matto buono. Si presentava mezzo brillo e organizzava finte conferenze stampa. "Oggi ho visto un fantasma. Ho visto anche bottiglie di birra che volavano". E se ne andava. Ma quanto era forte".

Oggi chi la intriga?

"La qualità di allora non esiste più. Mi rivedo in Callejon, mi piacciono Zaccagni e Cambiaghi".

Ci sarà un'altra Zemanlandia?

"No, ma si ricorderanno sempre di noi: è il nostro scudetto".

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