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Provedel: “Strano essere in una classifica con Buffon. Giocare la Champions…”

Ivan Provedel
Le parole del portiere, intervistato dai canali del club durante il ritiro di Auronzo di Cadore. “Non mi piace uno stereotipo sui calciatori”
redazionecittaceleste

Durante il ritiro di Auronzo di Cadore i canali del club hanno realizzato un’intervista a Provedel, diffusa oggi sul sito ufficiale biancoceleste. Queste le parole del portiere azzurro.

È quasi un anno che sono qui, ho sempre cercato di fare del mio meglio. Ci sono stati anche dei buoni risultati a livello di squadra e quindi anche a livello personale. Io spero di poter fare un percorso di miglioramento, sia mio che a livello di squadra”.

Miglior portiere dell'ultimo campionato, record di clean sheet. C'erano riusciti solo quattro portieri tra cui Buffon: Provedel nella stessa lista di Buffon, non male.

Pensandoci non è niente male e mi fa abbastanza strano essere nello stesso elenco di Buffon. Ma è una cosa in cui vengo scritto io, ma voglio sempre sottolineare il lavoro della squadra. Il modo in cui gli avversari vengono a concludere e il non subire gol non è solo merito del portiere ma della squadra e del lavoro difensivo”.

Qual è stata la parata del campionato concluso?

Penserei a tante, ma la prima che mi viene in mente è quella su De Silvestri appena sono entrato all’Olimpico. È stata la mia prima parata, mi ha dato il via. Ero appena arrivato e ancora non sapevo benissimo tutto quello che dovevo fare. Mi sono ritrovato subito catapultato in campo e ho pensato solo a fare il meglio possibile e meno danni possibile. Per fortuna è andata bene”.

Poi i derby: due derby, due vittorie e zero gol subiti. Sei stato il primo portiere nella storia della Lazio o forse uno dei pochi. Non male.

No, soprattutto per le vittorie. Ho capito in questa stagione quanto sia sentito e quanto conti il derby. Sono contento che siano entrambi andati in questo modo, non aver subito gol poi è merito di tutti”.

Nelle ore precedenti al derby di ritorno erano uscite notizie su una tua febbre. Che ore sono state?

Sono stati giorni un po’ così perché avevo male, la febbre alta. Ma ho provato a dare la mia disponibilità e le cose sono andate bene. Non stavo benissimo ma l'importante che tutto sia andato per il meglio”.

Come nasce la tua esultanza?

Nasce diversi anni fa con alcuni amici. Con la vita che faccio viene difficile vederci spesso e quando facevamo le videochiamate facevamo questo saluto. Da lì è diventata anche un’esultanza”.

Sei passata da La Spezia a Roma. Come è stato l’impatto?

La Spezia era una piazza calorosa, anche se le dimensioni sono ovviamente diverse. Cambia, essendo a Roma, che la piazza è molto più importante e c’è una storia dietro. Qui sono passati giocatori importantissimi, per cui vedere anche tutte queste persone che tengono a questa maglia sapendo chi c’è stato prima ti dà più responsabilità. Ti spinge a dimostrare di meritare la maglia indossata da tanti campioni, che poi è la maglia che rappresenta un intero popolo”.

C'è un posto in particolare della città che avuto modo di apprezzare quest’anno? Ti aspettavi un traffico così?

Mi avevano parlato del traffico e lo sto imparando a mie spese, nel senso che sto capendo in quali orari uscire e in quali no. Ma scherzi a parte Roma è un museo a cielo aperto. Quando posso vedere un po’ la città è sempre un’emozione unica. Se devo pensare a un posto particolare dico il Giardino degli Aranci. Non ci posso andare spesso, ma mi piace molto e a volte ci porto anche il piccolo per fare due passaggi con il pallone. È un posto speciale”.

Macchine, soldi, donne. Qual è lo stereotipo del calciatore che ti dà più fastidio?

Quello della leggerezza. Noi facciamo questo mestiere, ma siamo persone normali. Tutti siamo nati da due genitori, non mi piace che si pensi che siamo extraterrestri. Siamo persone normali che hanno la fortuna di fare questo tipo di mestiere. Per molti è un sogno, sicurante siamo dei privilegiati. Ma non mi piace pensare che siamo diversi”.

Se avessi più tempo libero cosa ti piacerebbe fare?

A me piacciono tennis e ping pong, ma non può andare di pari passo con il calcio. Quando ho tempo libero provo a fare cose per me per stare bene e soprattutto cose per il mio bimbo. Vorrei fargli coltivare più passioni possibili per dargli un sogno a cui aspirare. Mi è sempre piaciuto il nome Alexander. Mi piace leggere qualche biografia, anni fa avevo letto su Alessandro Magno. Il nome era Alexandros, l’ho un po’ cambiato con Alexander. Ho avuto la fortuna di avere lui, il nome è piaciuto. Anche se alla fine per noi è Ale”.

Se fosse arrivato prima saresti arrivato prima in Serie A?

Penso che nulla arrivi per caso, ma al momento giusto e bisogna essere pronti ad accoglierla. Io ho avuto il mio percorso professionale con un infortunio, ognuno ha il suo percorso. Da quando è nato mi ha fatto capire tante cose che capisce chi diventa papà. Cambia la prospettiva, ti aiuta. Basta un suo sorriso dopo una giornata difficile e metti tutto da parte”.

Nel 2016 hai perso tuo padre, due anni dopo l’infortunio e nel 2020 la svolta alla Juve Stabia. Cosa ti ha dato la forza?

In quei momenti il calcio mi ha dato una mano nonostante facessi fatica. il momento più difficile è stato dopo l’infortunio, facevo fatica a trovare squadra e ho avuto una seconda operazione. Tanto hanno fatto le persone a me vicine, spronandomi a non mollare. Ho avuto momenti difficili, loro mi hanno fatto continuare a credere in questo. Quando sono riuscito a ripartire ho capito che non è giusto nei momenti difficoltà pensare di non potercela fare. Si può sempre trovare un’opportunità per crescere e riprendersi tutto con gli interessi”.

Il tuo primo idolo fu Toldo, hai avuto modo di sentirlo?

No, ma fu lui a farmi capire di voler fare il portiere agli Europei del 2000. Ho avuto però la fortuna di conoscerlo in Nazionale U20, dove lui era preparatore. Chi lo conosce sa che è anche una grande persona”.

A distanza di un anno c’è un compagno di squadra che non pensavi fosse così forte da avversario?

I ragazzi che conoscevo li conoscevo tutti per le loro qualità. Ma non mi aspettavo fossero davvero così bravi, con tante risorse umane e a livello di campo. Sono ancora più contento per chi come Casale ha fatto gavetta e ha subito dimostrato di poterci stare. Fa capire come non per forza devi essere subito a un certo livello ma ci puoi arrivare col tempo e col lavoro”.

I tuoi nonni erano vicini di casa di Yashin, tua madre è russa. Cosa c’è di russo in Provedel?

La cosa che posso dire io è la disciplina, dover sempre pensare a ciò che hai da fare per fare il tuo lavoro e anche qualcosa in più per migliorare e magari dare una mano agli altri”.

Hai un tatuaggio speciale?

Sì, quello della manina di mio figlio che riproduce il mio saluto con gli amici”.

Che rapporto hai con i social?

Per me hanno un doppio ruolo. Permettono di esprimersi, che è una bella cosa. Permettono a chi è seguito da tante persone di dare l’esempio. Ma allo stesso tempo è un veicolo che non mi piace molto perché l’utilizzo ne viene distorto. La gente lo usa come valvola di sfogo, per me non va bene. Dovrebbe essere usato solo con fini positivi, ma purtroppo non c’è un limite a questo. Spero un giorno si possa fare qualcosa in merito, vorrei fossero utilizzati solo in modo produttivo, per creare qualcosa di positivo. Per questo non li uso molto a oggi”.

Come dico sempre provo solo a fare del mio meglio, che non vuol dire pensare solo a me ma a tutti. Se tutti facciamo bene, significa che migliorano tutti e soprattutto i miei colleghi portieri. Parliamo tra noi e con mister Nenci per cercare soluzioni o consigli che magari vediamo lì da vicino per trovare miglioramenti che giovano a tutti. Ogni tot anni si cambia qualcosa, ora si parla del gioco, poi chissà cosa faranno per i portieri. Ora non possiamo muoverci prima dei rigori, sta cambiando anche il gioco rispetto al passato. Questo mi piace, il coinvolgimento del portiere è maggiore. Per questo non bisogna mai fermarsi e far sempre meglio per essere sempre più di supporto”.

Qual è la tua serata ideale?

Con il bimbo tante cose si spostano, a una certa ora si mangia, poi guardiamo i Puffi e andiamo a dormire. Ma se dovessi scegliere, allora direi, sempre con il bimbo presente una grigliatina con gli amici bevendo qualche birra, un bicchiere di vino e chiacchierando. Stiamo da Dio così”.

C’è la Champions quest’anno, cosa pensi ti passerà in mente sentendo quella musichetta?

Quando la sento mi vengono i brividi, immagino che mi verranno anche quella sera sperando di esserci, che stia bene e che vada tutto bene. Magari sono cose a cui pensi prima, poi lì per lì pensi alla gara. Però ti fai un film rapido della tua vita, di quando hai sognato di giocare certe partite. Avrò la possibilità di realizzare questo sogno”.

Qual è il soprannome di Ivan Provedel?

Dalle mie parti i ragazzi mi chiavano Prove, come abbreviativo. I miei amici stretti mi chiamavano invece Nancio Junior: Nancio era il soprannome di mio papà e nel carattere testardo mi ci rivedo molto”.

Cosa chiedi alla prossima stagione?

Chiedo e mi auguro di poter ottenere risultati proporzionati all’impegno e a quello che stiamo facendo ora e faremo durante le settimane prima delle partite. Vorrebbe dire riuscire a portare in campo il lavoro fatto prima delle gare che per me è la cosa più importante. E ovviamente di migliorare rispetto a quanto fatto l’anno scorso”.

Tra vent’anni sarai felice se…

Se avrò fatto e dato tutto quello che avevo. Se poi avrò ottenuto i risultati, che è ciò per cui combatto, tanto meglio. Ma sarò felice se guardandomi indietro penserò a un Ivan che ha dato tutto e che ha fatto il suo meglio”.

Tuo figlio tra qualche anno cercherà il nome del papa.

Sperò che vedendo qualche parata magari gli venga più voglia di fare i gol piuttosto che di parare così avrà un futuro più sereno. Il portiere ha qualche pensiero in più”.