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Pedro
Trentasette anni e non sentirli. Tra i segreti di questa Lazio c’è inevitabilmente Pedro, protagonista di un avvio di stagione sui livelli degli anni al Barcellona e trascinatore della squadra biancoceleste. Lo spagnolo si è raccontato sulle colonne del Messaggero, tra passato e presente e alcune promesse per il futuro. Di seguito le sue parole.
Ci sveli il segreto, non può essere solo il lavoro. Da quale pianeta è venuto?
“Da Santa Cruz di Tenerife (ride, ndr). Vi assicuro che non sono un alieno. Sudare ogni giorno è umano, avere la mentalità giusta mi mette il turbo. Io mi diverto ancora a stare con i compagni, a sentire i tifosi che urlano il mio nome ai gol”.
Eppure non sembrava più così l'anno passato.
“Baroni mi ha rianimato, è vero. Si è rapportato come se fossi un uomo in più del suo staff tecnico, mi chiede consigli su come aiutare il gruppo. Questa responsabilità mi fa rendere di più. So che devo dare più degli altri, così riesco a superare limiti biologici che non avrei immaginato. I risultati positivi poi stanno contribuendo a un mood fantastico. Non solo io, il Taty sta facendo gol, Zaccagni uno scatto in più. Ci contagiamo l'uno con l'altro”.
Il 28 luglio, giorno del suo compleanno, il mister le aveva giurato che, sotto la sua guida, avrebbe giocato ancora altri 3-4 anni. Era un oracolo?
“Non lo so. Io gli avevo fatto presente come fossi in scadenza di contratto e che questo poteva essere l'ultimo anno. E lui, dopo avermi osservato per tutti gli allenamenti in ritiro, aveva voluto farmi un regalo con il suo pensiero: "I più giovani devono guardarti, imitarti e correre forte quanto te, prima che tu smetta”.
Ad Auronzo aveva pensato di reinventarsi sulla trequarti per dare il meglio ma ora vedi Monza - è tornato anche come esterno destro.
“L'età è un fattore importante in questo calcio moderno e fisico, ma in questo momento la testa e il fisico mi girano a mille. Riesco a fare recuperi come a Monza su Maldini, a sfrecciare al 92' per segnare al Porto e ballare sotto la Nord. A inizio stagione avrei preferito giocare dietro la punta per fare la pressione alta e non dover tornare indietro. Adesso sento di poter far tutto ed essere sempre decisivo”.
Quindi potrebbe anche tornare in Nazionale, se venisse richiamato?
“Non esageriamo, la Spagna ha un livello mostruoso. Io ho già conquistato un mondiale, il massimo, ora loro devono vincerne un altro”.
Quest'estate ha chiamato Fabiani per sapere se era in uscita. Cosa le ha risposto?
“Mai pensato di andar via, volevo continuare alla Lazio e rispettare il contratto. Ho parlato con il ds e il presidente e, anche se avevano comprato tantissimi giocatori in attacco, hanno deciso di tenermi. E ora tutti insieme, i giovani e un vecchietto, siamo un'incredibile macchina da gol”.
Due anni fa ci aveva detto che non sarebbe mai andato in Arabia. Prima di virare su Dybala, quest'estate l'Al-Qadsiah ha bussato?
“Sì, è vero, mi hanno cercato, ma non ho cambiato idea. Rispetto la scelta di altri colleghi, ma io non mi muovo dal calcio europeo. Ho avuto la fortuna di giocare nei tre migliori campionati e nelle competizioni Uefa. Quando qui nessuna squadra mi vorrà più, smetterò”.
Anche il Como del suo amico Fabregas voleva portarla in riva al lago. Poi ha detto che la Lazio è la squadra più forte che sinora ha incontrato.
“E ci credo dopo quell'1-5. Cesc ha una precisa idea di gioco, interessante, un po' spagnola, e fa bene a portarla avanti. Ma noi quella sera siamo stati super”.
Dove può arrivare questa Lazio? Perché avete stretto il patto di non dire la parola "Champions" nonostante siate a un solo punto dal Napoli al primo posto?
“Perché adesso non dobbiamo parlare troppo né farci travolgere dall'euforia. Massacrarci di lavoro ci ha portato così in alto. Abbiamo fatto bene in Europa e in campionato, ma siamo solo all'inizio. E quindi nello spogliatoio ci siamo detti di non fissare un traguardo. Lo vedremo tutti insieme a fine stagione. Solo mantenendo questa fiducia e la cattiveria, sarà un posto lontano”.
Cos'è cambiato dentro la testa di questo gruppo dopo Sarri e Tudor?
“Sono momenti, è così il calcio. Con Maurizio abbiamo fatto grandi cose, il secondo posto è stato un traguardo enorme, ma poi avevamo perso le motivazioni, la fame di vincere e l'unione. Siamo entrati in un vortice negativo, tutta la squadra ha avuto un black out mentale, si era convinta di non riuscire più a ottenere i risultati né a giocare come voleva. La testa è tutto, adesso sta succedendo il contrario”.
Cosa manca per fare il salto?
“Trovare la continuità nei big match. I veri esami arriveranno con Napoli, Inter, Atalanta e le altre big sino al derby del 5 gennaio. Poi vincere un trofeo, come la Dea, darebbe un futuro diverso alla Lazio”.
E il suo lo vede come dirigente a Formello?
“Non ho ricevuto una proposta, qualche volta ne abbiamo parlato con il ds Fabiani perché dice che sono e posso ancora essere un esempio per i giovani. Mi piacerebbe e sarebbe bellissimo un ruolo all'interno della Lazio, anche come allenatore fra qualche anno. Ma io ho una situazione familiare complicata, ho i figli in Spagna, anche se sto benissimo a Roma e in una società con valori e gente straordinaria. Mai dire mai comunque. In questo momento non voglio pensarci perché non ho intenzione di smettere a fine anno”.
In Spagna dicono che la Lazio le ha già offerto il rinnovo di un anno.
“No, vedremo più avanti con Lotito, ci siederemo a un tavolo”.
Il presidente stravede e ripete spesso che non capisce come la Roma si sia lasciata sfuggire un campione del suo livello.
“Non voglio raccontare vicissitudini di cui ho già detto sulla Roma e Mourinho. Sono il passato, anzi hanno preso la miglior decisione all'epoca e li ringrazio di avermi ceduto alla prima squadra della Capitale ovvero la Lazio. Io volevo continuare in Serie A, dove c'è tanta concorrenza, e sono stato accontentato”.
E ha sempre inciso nei derby. Promette un gol ai tifosi e un altro ballo sulle note della Carrà sotto la Nord il 5 gennaio?
“Lo spero. È sempre una sfida complicata. Ormai anche io vivo l'emozione e la passione dell'evento. Sento tanto la partita, e diventa più difficile, anche se ho già segnato. La data è lontana, prima battiamo le altre”.
Ha vinto tutto come nessun altro al mondo. Ma quanto vorrebbe alzare una coppa al cielo con la Lazio?
“Il mio sogno è vincere un trofeo qui prima di smettere, sarei l'uomo più felice del mondo. Siamo una delle squadre che ambiscono all'Europa League, siamo primi e possiamo vincerla. La nuova formula può agevolarci, senza retrocessioni dalla Champions, per entrare fra le prime otto. Poi ci saranno le doppie sfide e comunque squadre fortissime come United, Tottenham. Adesso sarà tosta in casa dell'Ajax, il percorso è lungo, ma dobbiamo provarci”.
Quale fioretto promette in caso di trionfo?
“Sono pronto a tuffarmi dentro la Fontana di Trevi, se mi danno il permesso e non mi arrestano (ride, ndr)”.
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