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Parolo e la Lazio: “Vi racconto la mia squadra tra ricordi e aneddoti”

Marco Parolo
Le dichiarazioni di Marco Parolo, ex centrocampista biancoceleste, sulla sua esperienza vissuta nella Capitale con la maglia della Lazio

Una volta centrocampista, ora opinionista. Marco Parolo veste i nuovi panni con la stessa eleganza con cui entrava in campo, s'inseriva e segnava. Sette stagioni vissute con la maglia della Lazio, diventando uno dei senatori dello spogliatoio e beniamino dei tifosi. Proprio oggi, l'ex biancoceleste è intervenuto ai microfoni di Radiosei pe ricordare i tanti bei momenti vissuti nella Capitale, con aneddoti inediti.

Non è riuscito a salutare i suoi tifosi per via del Covid, ma l'affetto con la gente laziale è rimasto intatto: "Sono venuto a fare Lazio-Inter con Dazn, appena ritirato. Nel momento in cui entro in campo, la gente inizia ad alzarsi in piedi per applaudirmi. Tornare dopo il Covid, che mi ha privato del saluto della mia gente, è stato veramente commovente. Appena arrivato qui, un tifoso mi disse: "Dovete dare di più, noi per voi diamo l'anima". E poi, piano piano, sono riuscito a inserirmi e fare tutto ciò che ho fatto qui".

Un aneddoto particolare, nella serata del San Paolo che consegna il terzo posto e la Champions League: "Contro il Napoli, quando andammo in Champions, mi sono rompono le scarpe nel secondo tempo. Ne avevo chiesto un altro paio che non arrivano però in tempo: l'espulsione la presi per questo, perdendo aderenza sul terreno e franando addosso all'avversario. Mi sono poi messo seduto in un angolino nello spogliatoio a vedere la partita, senza andare in tribuna. Quando Higuain poi sbaglia il rigore ho lanciato di tutto per la felicità".

Una figura di riferimento nello spogliatoio, con il passare del tempo: "Lo spogliatoio è un luogo particolare. Anche con Senad e Radu ho discusso, per esempio, ma questo ci ha aiutato a legarci. Lulic era il capitano in campo, Stefan si occupava del gruppo, io di altre cose. Anche poi con l'arrivo di Ciro gli equilibri sono cambiati. Lo spogliatoio funziona così, ma tutto serve per fare gruppo".

Una grande carriera in biancoceleste, che gli ha permesso di raggiungere anche la Nazionale: "Il momento che più ricordo è il rigore contro la Germania all'Europeo. Nel mio libro ripercorro i pensieri che ho avuto mentre andavo verso il dischetto. Avevo molta paura, sapevo di avere gli occhi di tutta Italia addosso. Per sciogliere la tensione ho pensato ai miei amici,immaginandomi quante risate ci saremmo fatti se l'avessi tirato fuori. In settimana, Buffon mi aveva consigliato di tirare centrale, perché Neuer è uno che tende a buttarsi prima dal dischetto".

Il momento di svolta con la Lazio, secondo Marco, arriva contro la Sampdoria nel 2015: "Prima della partita ho tirato un paio di volte fuori nel riscaldamento e ho sentito i mugugni della gente. Prima di scendere in campo, ho chiuso gli occhi pensando di essere al campetto sotto casa con gli amici. Questo mi ha aiutato a sbloccarmi e a segnare".

Il primo derby, poi, non si scorda mai: "Il mio "iniziatore" è stato Stefano Mauri. Andammo a cena con dei tifosi, ci raccontavano cos'era per loro il derby. In quel momento non riuscivo a capire, ma poi quando siamo entrati in campo l'ho capito appieno. Siamo andati a fare riscaldamento sotto la Curva Nord e guardare quelle facce mi ha fatto arrivare tutto il messaggio che non avevo capito la sera prima".

Un altro aneddoto, questa volta sul panterone Caicedo, molto amato dai tifosi:"In ritiro ci esponiamo per tenere Caicedo dopo l'errore di Crotone. Si è sempre allenato bene, gli volevamo bene nello spogliatoio. Lui davanti aveva Immobile, aveva capito quale poteva essere il suo ruolo. Aveva veramente tanta qualità e siamo stati felici che poi alla fine sia rimasto con noi. I gol hanno parlato con lui. Quando disse di vincere lo scudetto, nessuno voleva dire quella parole per scaramanzia".

Un compagno di reparto per diversi anni, Lucas Leiva: "Lui arrivò in ritiro ad Auronzo, soffriva un po' i carichi di lavoro che erano pesanti. Poi in Supercoppa Italiana, alla prima azione, ribalta in campo Cuadrado. Aveva molta classe e per noi era un punto di riferimento, dopo tanti anni a Liverpool. Con lui dietro ero sempre tranquillo". Un altro grande esempio è stato Miroslav Klose: "Un mito per me. Oltre alla grande capacità calcistica, lui è veramente una grandissima persona. In campo ci permetteva di giocare tutti al meglio, infatti un anno andammo praticamente tutti in doppia cifra: non è stato un caso".

Tanti i belli momenti passati in gruppo, specialmente nel ritiro ad Auronzo di Cadore: "Noi uscivamo con Giocondo durante il ritiro ad Auronzo, quando non giocava con Inzaghi a carte. Ci sdraiavamo dietro nel pulmino e andavamo al bar. Il mister brontolone? Pretendeva molto, ma ti faceva divertire. Ha la capacità di far star bene il gruppo. Sapeva benissimo che la sera volevamo uscire in ritiro, e capiva il momento. Alcuni allenatori non vogliono determinate situazioni, lui ci lasciava liberi. Peruzzi? Una figura importantissima. Aveva mentalità, semplicità, una bellissima persona. Ci invitava a cena a mangiare il cinghiale (ride)

Immobile? Quando eravamo all'Europeo insieme nel 2016, in società avevo detto di prenderlo subito. Lui ha un senso del gol innato. La prima partita in ritiro che facciamo tutti insieme la giochiamo in Germania. Ciro aveva sbagliato un paio di gol: Stefan e Senad lo prendevano in giro dalle tribune. Era il modo di scherzare e di inserirlo al meglio nel gruppo".

La trattativa per arrivare alla Lazio è stata molto lunga: "Io vengo dal Mondiale disputato nel 2014. A quei tempi ero a Parma e inizialmente ero restio, volevo giocare l'Europa League perché in classifica arrivammo sopra. Mi chiama Pioli e inizia a raccontarmi della Lazio e piano piano mi convince. Quando sono andato a firmare il contratto, Lotito nel frattempo chiudeva altre 3-4 operazioniLui in realtà non è come appare pubblicamente: molte volte si fermava con noi a Formello a ridere e scherzare".

Infine, un possibile futuro alla Lazio in società:"Io da dirigente?Non mi è mai stato proposto. Quando si parlava all'inizio ho sempre detto di no perché c'era troppo legame con i miei compagni. Passare dall'altra parte sarebbe troppo difficile in questo momento, devono passare almeno dieci anni. Ne avevo parlato con Peruzzi, che aveva vissuto la stessa situazione".

 

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