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Oddi: “Lazio, derby dopo Bodo un handicap. Ma con Baroni…”

Oddi e Inselvini
Le dichiarazioni dell’ex calciatore biancoceleste intervistato dal Corriere dello Sport in vista della stracittadina in programma questa sera
Stefania Palminteri Redattore 

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Lunga intervista concessa da Giancarlo Oddi a Franco Recanatesi sulle colonne del Corriere dello Sport. Argomento di discussione la gara tra Lazio e Roma, con momenti amarcord e focus sulla gara di questa sera. Queste le parole dell’ex calciatore biancoceleste: “Sono sul Lago Maggiore, c’è un sole magnifico. Guido la Nazionale Attori, giochiamo domani”.

Vabbeh, ma adesso parliamo di cose serie.

Perché questa non è una cosa seria? Ci divertiamo ma raccogliamo anche soldi per beneficenza”.

Anche noi giornalisti lo facciamo, e tu lo sai bene perché una volta ci allenavi. Ma adesso vorrei alzare un po’ l’asticella e parlare del calcio adulto.

Si gioca troppo, i calciatori sono stressati, infortuni a catena. Io e altri quattro di quella Lazio per tre campionati non abbiamo saltato una partita. Ma si giocava una volta a settimana. A rimetterci è lo spettacolo, io continuo a guardare partite su partite perché sono come un drogato, ma direi una bugia se dicessi che mi diverto sempre”.

Mi racconti i tuoi derby?

Che ti dico, tutti uguali. Tutti decisivi. Tutti nella testa con settimane di anticipo. Tutti pieni di adrenalina. Figurati per me, unico romano della squadra. Io in camera con Giorgio a giocare a scopa tutta la notte”.

La notte della vigilia?

Sì, ero sfinito. Gli dicevo ‘Giò, dai, spegniamo, domani c’è il derby’, lui s’incazzava, sbatteva le carte e s’infilava nel letto. Credo che nessuno sentisse il derby più di lui. Perché era quello più esposto, quello più preso di mira dalla tifoseria romanista, se si perdeva non poteva più uscire di casa”.

Il tuo derby indimenticabile.

Tutti”.

Scegline uno.

Novembre 1972, mi pare il 12. Olimpico che trabocca di passione. 85.000 spettatori. Lazio e Roma appaiate in testa alla classifica dopo cinque giornate di campionato. Giorgio gioca con una caviglia gonfia iniettata di novocaina. Nello spogliatoio mi dice: “Se ti fai fare gol ti tolgo il saluto”. Io non solo annullo Mujesan, ma avvio l’azione del gol decisivo servendo proprio Chinaglia, palla indietro a Nanni che spara una bordata da trenta metri all’incrocio dei pali. Ginulfi secco. Vinciamo 1-0. Esaltante”.

Lo ricordo quel gol. Helenio Herrera, allenatore della Roma, disse che se ci riprovava cento volte Nanni non sarebbe riuscito a ripetere quel tiro. Nanni, che da allora fu ribattezzato “Bombardino”, lo sfidò: scommettiamo che su dieci tentativi una volta ci riesco?. Don Helenio glissò. Sono andato a controllare, su sei derby tu ne hai vinti quattro. Fanno festa ad ogni vittoria nel tuo quartiere?

Ma scherzi? Il Tufello è colorato di giallo e rosso. Io diventai laziale grazie a mio zio Mario che mi portava al Flaminio quando giocava la Lazio. Mio padre Luigi, ex pugile, camionista, comunista convinto, ignorante anche di calcio, bofonchiava: ‘Il pallone? Solo perdita di tempo’. Quando c’era il derby se non vincevo non potevo uscire di casa. Un po’ mi risparmiavano perché un mio carissimo amico era un capotifoso della Roma, Roberto Donati, andava la domenica all’Olimpico a dirigere i cori. Come tutti i tifosi romanisti detestava Chinaglia. Roberto vendeva pesce. Una volta con uno stratagemma li feci incontrare. Divennero grandi amici, Roberto gli portava il pesce fresco a casa”.

Maestrelli soffriva i derby?

Sicuramente, ma si teneva tutto dentro e pensava soltanto al bene della squadra. Per dire, Lorenzo cominciava a parlare del derby fin dal ritiro precampionato, Tom non più di una settimana prima”.

Il derby era già nella testa dei giocatori della Lazio che ha giocato a Bodø?

Io non credo che in campo pensassero al derby. Voglio dire che la sconfitta è dipesa da altri fattori. Vai a giocare al polo Nord, venti gradi in meno di temperatura, un terreno in sintetico e inzuppato. E un avversario di tutto rispetto, veloce, tecnicamente tutt’altro che sprovveduto. Spero solo che in trasferta il Bodo abbia un altro volto, altrimenti vedo durissima la rimonta”.

Cosa significa giocare il derby dopo soli tre giorni dalla partita di Europa League?

Significa giocare con un handicap pesante. Alla fatica della partita devi aggiungere il lungo viaggio, il rientro notturno, la delusione del risultato. Non c’è migliore incentivo che la vittoria”.

Quindi vedi favorita la Roma?

Sinceramente sì. Ranieri ha rigenerato una squadra che conta su giocatori di grande rilievo e ha una rosa molto più ricca di quella laziale. Sì, sulla carta direi Roma. Sulla carta… Spesso i derby contraddicono le previsioni. E la Lazio di Bodø non era la Lazio di Bergamo”.

Sostengono alcuni professoroni che quella sull’Atalanta è stata una vittoria fortunosa…

Per niente. La Lazio ha vinto con merito giocando con grande intelligenza. Ho rivisto la Lazio della prima parte di stagione, brillante grintosa. La Lazio che mi piace, aggressiva, votata all’offensiva”.

Sì, ma incostante. È una Lazio da montagne russe, non sai mai cosa possa succedere.

Manca di continuità perché ha una rosa troppo corta. Gli infortuni e le squalifiche si accumulano e giocando tre volte a settimana Baroni non ha troppa scelta. Mancano ricambi in ogni settore. Ma l’impianto è ottimo e Baroni un bravissimo allenatore”.

Tu hai allenato come vice di Zeman, Fascetti, Papadopulo, Materazzi, Zoff. Non ti chiedo una pagella, so che non me la faresti, ma un giudizio molto personale.

Ti dico subito Fascetti perché l’impresa del meno nove è rimasta nella storia. Alla notizia della penalizzazione, eravamo in ritiro precampionato, Eugenio radunò la squadra e disse: ‘Chi vuole rimanere rimanga, chi vuole andarsene è libero di andarsene’. Non si mosse nessuno e facemmo l’impresa. Con Materazzi ho avuto un rapporto particolare. Andammo insieme in Cina, un anno indimenticabile. Salvammo la squadra con cinque giornate di anticipo. Beppe volle andar via, mi chiesero di restare, ma eravamo troppo legati”.

Tu vedi tante partite, Maria dice che nella vostra tv c’è sempre un campo verde. Il calcio italiano è così scadente rispetto agli inglesi e ai tedeschi?

Già quando leggo le formazioni delle nostre squadre, con otto-nove nomi stranieri, mi viene il nervoso. Ma perché? Come possono crescere i nostri giovani se non riescono mai a giocare? Bisognerebbe mettere un limite”.

Ma ti diverti o no a vedere le partite del campionato italiano?

Mica tanto. Palla a centrocampo, indietro al difensore, indietro al portiere che lancia lungo per creare la superiorità numerica. Lo fanno quasi tutti. Il Bayern, Il City, il Barcellona, il Psg usano un altro sistema per creare la superiorità, un sistema antico ma più spettacolare: il dribbling. Fuori un avversario, due e si spalanca l’occasione da gol. L’ insistenza del passaggio all’indietro di tutte le squadre italiane, con l’eccezione forse dell’Inter che però ha tre giocatori per ogni ruolo, è stucchevole. A comandare il gioco adesso sono i portieri”.

Dei quali si guarda più ai piedi che alle mani. Sono d’accordo con te. Un rimedio rivoluzionario: vietato passare la palla al portiere. Con questa modifica del regolamento le squadre sarebbero costrette a fare gioco.

Mica male”.

Nuovo terremoto del calcioscommesse. Dodici giocatori indagati: scommettevano grosse cifre su siti illegali.

Ai tempi miei non c’erano né siti di scommesse né guadagni faraonici. Io non penso che lo facciano per soldi, ne hanno già tanti…”.

Lo escludo anch’io. Sono incerto fra vizio e noia, come ha ammesso Fagioli.

Dalla noia al vizio il passaggio è semplice. Ma non vedo come possa annoiarsi un ragazzo di venti o trent’anni baciato dalla fortuna, pagato profumatamente per fare il gioco più bello del mondo. Vizio, sì, perché sono viziati e cercano il brivido assistendo a una partita di calcio o di tennis o a poker. Scommettendo cifre sempre più alte altrimenti non sale l’adrenalina”.

Ecco, la ricerca dell’adrenalina, è questa la spinta. Da sempre. Voi la cercavate con le pistole, Martini e Re Cecconi buttandosi col paracadute.

Sparavano ai lampioni o alle bottiglie, mica alle persone. Dico sparavano perché io mi sono sempre tenuto fuori. Non era una bella cosa neanche quella, ma più innocente”.

Allora, chi vince il derby, sei sempre per la Roma?

Non dirlo neanche per scherzo”.