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Miro e Dusan Mihajlovic: “La Lazio per noi è un’altra cosa. Papà ci ha trasmesso…”

Siniša Mihajlović
A quasi due anni esatti dalla scomparsa, Miroslav e Dusan Mihajlović ricordano il papà Siniša in un'intervista rilasciata a Il Messaggero
Edoardo Pettinelli Redattore 

In un'intervista concessa ai taccuini de Il Messaggero, Miroslav e Dusan Mihajlović ricordano il papà Siniša. Domani saranno due anni dalla scomparsa della leggenda biancoceleste, il quale ha lasciato un vuoto incommensurabile nel mondo Lazioma in generale in tutto il mondo del Calcio italiano. Lazio-Inter vedrà di scena due delle squadre che più lo hanno amato e sarà il giusto tributo per un uomo speciale come lui, Queste le parole di Miroslav Mihajlović: "Papà era tanta roba, era imponente, buonissimo e non solo come genitore. Mamma è incredibile, ci ha sempre sostenuti e aiutati. Mai nome fu più azzeccato per ricordare un combattente della vita come papà. Andarsene a 53 anni per una malattia che pensavi di aver sconfitto è stato un colpo al cuore per tutti. Ma la Lazio per tutti noi è un'altra cosa, siamo cresciuti a Roma, accanto a questa squadra. Poi è arrivato il Bologna nel nostro destino e quello che hanno fatto la città per mio papà e la stessa società è qualcosa che ti legherà per sempre. Un'emozione forte, io che voglio fare l'allenatore e che comincio dove aveva finito papà. Un motivo di orgoglio infinito, non posso fallire, voglio che dal cielo lui sia orgoglioso di me. Mi diceva sempre: fai quello che ti piace, ma studia. E io sto seguendo questi consigli. Ho capito che amavo il pallone già da quando giocavo, poi vivendo accanto a mio padre la passione è aumentata".

"Io, invece, ho preso un'altra strada, ma sempre ispirata dal quello che accadeva in famiglia. Non ho scelto il campo ma la scrivania anche se sto finendo Scienze Motorie per onorare una promessa fatta a papà. Lavoro con Lucci, che per lui era un fratello e per me è uno zio, e sto facendo una grande esperienza» racconta Dusan, 21 anni, tre meno di Miro che sembra un uomo più maturo della sua età. «Vivo a cinque chilometri dal campo di allenamento dei ragazzi, esco di casa e resto nel centro sportivo fino alla sera. Mi dedico solo a questo, non voglio che qualcuno pensi che siccome mi chiamo Mihajlovic devo arrivare per forza. Io voglio sfondare perché lo merito. Sì, papà instaurava un legame speciale con tanti giocatori che poi diventava il valore aggiunto della squadra. Io penso che la differenza la fa proprio questo: per quanto bravo uno sia, se ama il proprio allenatore cerca sempre di dare qualcosa in più. Io ai giovani mi avvicino pensando al rapporto e poi alle qualità tecniche".

Poi continua Miro: "Un mio coetaneo, incredibile, ebbe un grande coraggio e Gigio gli sarà riconoscente per tutta la vita. Io oggi mi avvicino ai miei ragazzi e cerco di farli felici, di farli divertire, di aiutarli. Ricordo che quando giocavo non ero quasi mai contento, mi portavo in campo molti pensieri che io oggi cerco di allontanare dai miei ragazzi. Penso a Baroni e dico che la Lazio vola grazie al clima che ha creato nello spogliatoio. Vivevo spesso i ritiri di papà, cercavo di capire come si rapportava con i giocatori. Vedevo allenamenti e partecipavo alla vita di gruppo. Con il Bologna ho potuto farlo solo una stagione perché poi si è ammalato. Qualcuno può pensare che il cognome aiuti ma io guardo avanti e cerco il mio posto nel mondo del calcio. Un uomo di grande coraggio, lealtà e rispetto: valori che ci ha trasmesso e che ci accompagneranno tutta la vita. Ora non penso al modulo tattico anche se mi piace che la squadra giochi. Ai ragazzi del Bologna voglio dare solo grande serenità, quando vedo la foto di papà nella sala riunioni faccio il pieno di amore e di orgoglio".