Intervenuto nel corso di una puntata del podcast "Un Caffè da Vanni", il presidente della Lazio Claudio Lotito ha rilasciato una lunga intervista a poche ore del derby della Capitale. Tantissimi gli argomenti toccati con il patron biancoceleste, tanti spunti sono arrivati dall'ambito politico con uno sguardo rivolto anche alla Lega Calcio e al futuro della Serie A e del club capitolino. Queste le sue parole: "Se prenderei un caffè con Juan Bernabé? Assolutamente no, si parla di una persona di cui non ho una grande considerazione alla luce suoi comportamenti. Non certo della persona in quanto tale.
news
Lotito: “Lasciare la Lazio per il Ministero? Ecco cosa dico. E il derby…”
Più interessato ai conti che ai successi sportivi? Io mio ritraggo in modo diverso da quello che sono perché ci sono persone che fanno analisi epidermiche, non vanno a fondo. Quindi su ciò che è la persona a 360 gradi, composta da una serie di requisiti che fanno della persona un unicum. Non è colpa mia se so, come diceva Dante, "far di conto". I conti sono alla base della gestione, un'azienda deve avere un equilibrio economico-finanziario altrimenti rischi il fallimento. Nel caso del calcio basta verificare quanto successo negli ultimi venticinque anni.
Vi renderete conto che tante persone sono sparite rispetto al loro ruolo di presidente. Quando dico "sparite" è perché intanto hanno già un'emivita di cinque anni al massimo e perché probabilmente hanno interpretato il calcio come tifosi-presidenti e non presidenti-tifosi. Io interpreto nella prima maniera, sento la responsabilità di dover coltivare i valori di questa società, nata nel 1900. Valori importanti, forse rarissimi: è l'unica società insignita del titolo di "Ente morale". per il tipo di azione che promuoveva nel tessuto sociale sul territorio. Durante la prima guerra mondiale il mio predecessore dell'epoca donò il proprio campo per fare gli orti di guerra e sfamare gli abitanti.
Ci sono condizioni che fanno parte dell'essere, non dell'avere. Penso che fare i conti non sia negativo, bisogna conciliare il risultato sportivo con un sano equilibrio economico-finanziario. Spesso non accade perché la gente corre dietro al risultato sportivo per apparire, però dopo le società falliscono. Rivendico con orgoglio il fatto che per mantenere il numero di matricola originario - e non far fallire la Lazio - mi sono caricato di cinquecentocinquanta milioni di debiti nel 2004, il 19 luglio. La società fatturava ottantaquattro milioni e ne perdeva ottantasei.
Penso che il risanamento messo in atto, coniugando anche i risultati sportivi perché dopo la Juve la Lazio è la seconda squadra che ha vinto più trofei in questo periodo. Parliamo di tre Supercoppe e tre Coppe Italia. Peraltro vincendo contro l'Inter di Mourinho che aveva vinto il Triplete, contro la Juve che aveva vinto tutto. Quindi dimostrando che si possono portare a casa risultati sportivi utilizzando la capacità di mettere a sistema non solo il danaro, ma la capacità di avere delle idee che possano produrre risultati. Scudetto? Pensate che sia un fatto matematico ma non lo è. Ancora si pensa, nella mentalità comune, che più spendi e più vinci. E' una fesseria.
Basta prendere i New York Cosmos, era la squadra con il maggior numero di campioni. Ma non ha mai vinto nulla. Il tema è investire in modo oculato, scientifico per raggiungere degli obiettivi. Non voglio rivendicare meriti riscontrati oggettivamente. Ho preso la Salernitana in Eccellenza e l'ho portata in Serie A, l'unico caso nella storia del calcio italiano. Oggi la Lazio ha trecento milioni di patrimonio immobiliare, è la società più patrimonializzata che c'è oggi sul mercato italiano. "Spes ultima dea", come si suol dire. Sto lavorando affinché non diventi un fenomeno sporadico ma un sistema all'interno della Lazio.
Ho proceduto al risanamento, ora siamo nella fase della crescita. Sto costruendo adesso l'Academy, oltre alla scuola e allo studentato avrà altri sette campi da gioco. Ma soprattutto una chiesa, perché credo che il calcio debba svolgere un ruolo didascalico e moralizzatore, debba insegnare ai giovani la cultura della legalità ma soprattutto gli aspetti valoriali che si sono persi. Al tempo delle Olimpiadi si fermavano le guerre perché lo sport era al di sopra di tutto. Dobbiamo fare in modo che il calcio sia un veicolo, un linguaggio per dare delle ricadute di carattere sociale.
Futuro della Serie A? Io acquisii la Lazio grazie a Silvio Berlusconi, con il quale avevo un rapporto personale di amicizia da illo tempore, prima ancora che scendesse in politica. Mi chiamò e mi disse: "Sto partendo per l'America, tutti mi dicono che l'unico che può risolvere questo problema sei tu: la Lazio". C'è stato un momento di silenzio, perché conoscevo un po' la situazione. Lui, che è sempre stato un vincente già nell'approccio del rapporto interpersonale, mi fa: "Non ti preoccupare, che poi ti diamo una mano", e mi attacca. Mi ha lasciato in sospeso. Ti chiama un amico in primis, il Presidente del Consiglio, ti pone un problema.
Che poi lui ha esplicitato a "Porta a Porta". Disse: "E' un problema di ordine pubblico". In quel momento saltarono fuori situazioni molto delicate. Lui pensò bene che potessi risolvere un problema, tra l'altro tra i più complicati. Il futuro del calcia passa attraverso alcune regole. Quando entrai per la prima volta in Lega Calcio. Dissi: "Abbiamo un miliardo e duecento milioni di debiti. Si risolvono con salary cup, defiscalizzazione, contenimento dei costi e incremento dei ricavi. Anche stadi polifunzionali, che non ci sono in Italia. Oggi fanno le scommesse sul calcio. I primi tre anni pagavo la squadra che giocava, che ho fatto io, e quella che avevo ritirato.
Pur non giocando maturavano stipendi dilazionati, costavano il doppio o il triplo della prima. Andai pure in Champions e ho vinto anche una Coppa Italia. In Federazione feci una battaglia per eleggere Tavecchio, avevo la delega alla riforma. Feci la "Goal Line Technology", sono un uomo dalle soluzioni pratiche. Proponemmo anche il Var, fummo il primo paese a sperimentarlo. Contro tutti. Siamo passati da un'impresa romantica, una società che era come un circolo sportivo, dove c'era il "Patron Coglion" che metteva i "Soldon" a un'impresa industriale dove devono quadrare i conti. Se vinci la Champions prendi centotrenta o centoquaranta milioni di euro, non è un gioco.
Pensate a quanto incidono le variabili. Favoritismo per le squadre del Nord? Andreotti diceva: "A pensar male ogni tanto ci si azzecca". Non lo so e spero non ci siano queste condizioni. Il sistema necessita di cambiamenti strutturali radicali. Futuro nel calcio o in politica? Berlusconi mi ha spronato più volte a intervenire nell'ambiente politico. Perché riteneva che potessi essere d'aiuto essendo una persona determinante e un grande lavoratore, perché dormo tre ore e mezza a notte. E un minimo di competenza dettata da ciò che uno ha fatto in vita. Ho fatto tre cose che rimarranno nella storia economica internazionale.
La Lazio è stata la prima società in Borsa ad adottare il sistema duale. Quando entrai presi una società comprando il 21% con venticinque milioni di euro. Misi circa centocinquanta miliardi di lire per accollarmi mille e settanta miliardi e mezzo di debiti. Tutti pensavano sarei durato tre o cinque giorni, un mese. I fatti mi hanno dato ragione. Sono ventuno anni, sono il presidente più longevo nella storia della Lazio. C'era un flottante, il numero di azionisti, molto elevato. Bastava che una persona alzasse la mano e non fosse d'accordo e ti bocciava il bilancio. Non era possibile.
Interviene anche Marco Rizzo, altro ospite della puntata, nel corso di un dibattito sui recenti risultati della Nazionale: "Dovete imparare la lingua di Lotito. Lui dice: “Tu vinci, poi perdi, te ne freghi e resti lì". E Lotito: “Resti lì sempre dopo reiterate sconfitte, non per un anno. Sarri? Con lui c'è un rapporto franco. I suoi collaboratori mi hanno detto che lui l'unica volta volta che fece complimenti alla società li fece alla mia persona, al "Corriere dello Sport". Perché diceva che pensava io fossi una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto. Devi capire i tuoi limiti, se produci risultati negativi come puoi continuare a pretendere di essere un punto di riferimento.
In questo meccanismo nazionale, molto complicato, si dovrebbe cacciare da sola le persona. Se non sei cosciente di quello che rappresenti o fai finta di niente è un problema di chi ti consente di non prendere coscienza dei fatti. Pronostico per il derby? Non ne faccio. Sono fuori luogo, troppi i fattori imponderabili che determinano il risultato. Alla base di tutto ci deve essere l'umiltà e la coscienza dei propri mezzi, oltre alla conoscenza delle cose, riesci a ottenere risultati se hai gioco di squadra.
Presidente o Senatore? Sono stato sollecitato a ricoprire un ruolo ministeriale sportivo dopo la mia nomina. Declinai perché mi sarei dovuto dimettere da presidente della Lazio. Se è funzionale a risolvere i problemi della collettività, sacrificherei le mie posizioni personali. Altrimenti preferisco rimanere. Non sono candidato né a fare il ministro né il segretario di partito. Perché girano tante voci, sono tutte menzogne. Se mi rendo conto di non potere essere utile alla collettività faccio un passo indietro. A oggi combatto, cerco di prendere posizioni di buonsenso".
© RIPRODUZIONE RISERVATA