Va in scena nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco Della Musica l’ultimo atto di una lunga giornata di festa per celebrare i cinquant’anni dal primo scudetto nella storia della Lazio. Una storia leggendaria quella della Banda Maestrelli, celebrata questa sera alla presenza - tra gli altri - delle prime squadre maschile e femminile con l’evento Diario di una Storia.
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RIVIVI IL LIVE | Diario di una Storia, Lotito e la lettera a Lenzini: “Caro Presidente…”
Il primo a prendere la parola è il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri: “Per me è un piacere essere qui. Quella Lazio e quello scudetto sono entrati nel mito e nella leggenda, hanno qualcosa di magico. È uno scudetto unico che occupa un posto speciale nel cuore di tutti gli appassionati di sport. Fu una squadra straordinaria con un presidente straordinario, un allenatore fantastico e personalità che nello spogliatoio non sempre andavano d’accordo ma poi in campo andavano oltre. Era un altro calcio, come un grande film di Sergio Leone. Sono cose che restano nel cuore di chiunque ami il calcio. Fu una Lazio straordinaria, siamo contenti di rendere omaggio a quel momento. Facciamo un applauso anche ai giardinieri dell’ufficio giardini che oggi hanno realizzato una composizione messa sotto la targa inaugurata oggi. È il giusto omaggio di tutta Roma Capitale alla Lazio e alla sua storia”.
Quindi è il turno dell’Assessore Alessandro Onorato. “La sfida più importante, ambiziosa e affascinante sappiamo qual è: vedo il sindaco di Roma, il presidente Lotito, la Regione e il ministro Lollobrigida. Ci fosse un foglio e una penna potremmo lavorare per firmare un preaccordo. Potremmo fare una conferenza di servizi al volo. Battute a parte, quello dello stadio è la sfida più importante. Siamo a pochi metri dal Flaminio, credo che su questo il presidente Lotito abbia le idee chiare. Il Sindaco ha dimostrato apertura totale, credo che nei prossimi giorni sia questo il tema principale su cui lavorare. Roma è una città importante, Lazio e Roma meritano strutture importanti. Ringrazio il Sindaco perché ci lascia libertà d’azione. Dobbiamo lavorare a una storia condivisa, ripartiremo con Pino Wilson e D’Amico con i giardini per dimostrare rispetto a chi ha scritto pagine importanti”.
Salgono sul palco i protagonisti di quella splendida cavalcata e i figli di chi non c’è più. Si ripercorrono le gare che della stagione ‘72/‘73. Prende la parola Gigi Martini: “Eravamo forti l’anno prima, quell’anno e lo saremmo stati anche quello dopo. Ma è venuto a mancare Maestrelli, il nostro punto di riferimento, e da lì sono iniziati i guai”. Quindi Garlaschelli commenta il suo gol all’Inter: “Bel gol, quello che mi ricordo più di tutti: il primo in Serie A. Se era contento Chinaglia quando segnavo? Eh, insomma (ride, ndr)”. Quindi Nanni parla del suo gol nel derby: “Qualcuno ha detto che non volevo tirare in porta. Come tutti quelli che hanno un buon tiro provavo sempre a tirare con la massima determinazione. Risposi dicendo da fermo quando vuole”. Risponde subito Martini: “Ha tirato perché Chinaglia gli urlava dietro”. E Oddi: “Era discreto dai, in quel derby aveva il vantaggio del mio assist. Ho rinviato, lui ha stoppato, tirato e ha fatto gol”.
Quindi James Wilson: “Ricordo un Milan-Lazio, papà andò dall’arbitro e riuscì a far sospendere la partita perché non si vedeva il campo per la nebbia. I milanisti erano avvelenati”. Si passa a Lazio-Napoli, interviene Oddi: “C’era un po’ di astio tra noi e loro. Dovevamo andare a giocare, non stavamo pensando all’ultima gara. Perché ci siamo fermati al derby? Ci fermammo perché era brutto fargliene tanti”. Napoli-Lazio, ultima giornata. Prende la parola Massimo Maestrelli. “Grazie a tutti, mi avete regalato una giornata meravigliosa, cose che si contano sulle punte delle dita. Posso solo ringraziarvi. A Napoli il pullman arrivò un’ora e mezza prima ma trovò il cancello chiuso, iniziò una sassaiola contro il pullman della Lazio. Scese Giorgio, poi Giancarlo: ci fu una scazzottata prima della partita. Dopo quaranta minuti aprirono i cancelli e la squadra entrò. Non si poteva vincere quella partita. Quella sera papà tornò a casa, noi eravamo mortificati perché era il compleanno mio e di Maurizio. Ci dava il bacio della buonanotte ogni sera e quella notte ci disse: ‘Ragazzi state tranquilli che lo scudetto lo vinciamo l’anno prossimo’”.
Ora, in ordine di maglia, si passa a presentare quei proroga.
Prende la parola Gabriele Pulici, figlio di Felice: “Quel 12 maggio inizia in modo particolare: papà chiama mamma al telefono ma non la trova perché è andata in ospedale. Le si sono rotte le acque e sta andando a partorire. Nel pomeriggio arriva una telefonata all’Olimpico, risponde Angelo Tonello che dice che sono nato. Lui va dal mister, Tommaso dice di non dire nulla a papà. A fine partita si vede un puntino nero che arriva nel tunnel, va negli spogliatoi e scopre che Gigi, uscito prima perché infortunato, aveva preso i suoi vestiti. Papà andò in ospedale, prese i suoi vestiti, e uscendo ha trovato Ziaco che lo abbracciò dicendogli che era stato l’unico a essere andato a trovare Gigi. Quindi è salito a Milano, ha dato la maglietta a mamma che l’ha presa e buttata per terra. Quella maglietta è ancora a casa nostra”.
Sergio Petrelli: “Facco? Un vero signore, da lontano mi fece un cenno e con il pollice alto mi disse: ‘È giusto così’. Non è facile trovare un compagno di squadra che capisce che in quel momento era meno adatto a giocare".
Gigi Martini: “Voglio fare una premessa: oggi ho visto una cosa eccezionale, uno stadio pieno che si ricordava delle nostre gesta. Abbiamo rifatto la Banda. Una delle cose che rende la vita speciale è sicuramente essere laziali e per questo ringrazio di cuore la Lazio e il suo presidente Claudio Lotito che è riuscito a salvare la Lazio e a riconsegnarla a tutti noi e tutti voi".
James Wilson, figlio del capitano Pino. “Ho difficoltà a trovare le parole giuste dopo questa giornata. Ma vorrei che tutti vi alzaste in piedi e per fare un grande applauso a tutti quei grandi campioni che oggi non sono con noi”.
Oddi: “Dovevo fermare gli avversari, provavo a farlo nel miglior modo possibile. Col Var non avrei mai giocato? Non è vero niente, io ero tecnico”.
Matteo D’Amico: “Negli ultimi due-tre mesi ci siamo sentiti molto, Massimo lo stuzzica su questa cosa. Giancarlo la prende sempre bene”
Franco Nanni: “Se ho mangiato gratis per 20 anni dopo il gol al derby? Forse avete mangiato voi (ride, ndr). Oggi ho pianto, ho visto grande passione e affetto, quello che ci ha spinto a fare certe imprese. E abbiamo provato a ricambiare nel migliore dei modi”.
Garlaschelli: “Ringrazio il presidente per una giornata splendida, siamo tornati indietro di cinquant’anni. Dopo tutto questo tempo ancora siamo qui. Giorgio? Doveva far gol anche in allenamento, era uno di quei pochi giocatori che voleva crossare e poi colpire di testa. Si arrabbiava, poi quando segnava era contento”. Interviene Martini: “Giorgio non rompeva le scatole, rompeva di tutto”.
Stefano Re Cecconi, figlio di Luciano Re Cecconi: “Non ci sono parole, è scontato dire grazie perché i tifosi della Lazio mi hanno sempre accompagnato con grande affetto, non mi sono mai sentito solo. Sono cose che succedono solo alla Lazio, sono onorato e orgoglioso di far parte di questo popolo”.
Massimo Maestrelli prende la parola per ricordare Chinaglia: “Giorgio odiava i medici, un periodo dormi da noi perché aveva paura dei tifosi della Roma. Una sera sentiamo che lavorava in cucina con la forchetta. Andiamo in cucina: si era rotto il dente con una forchetta perché non voleva andare dal dentista”.
Niccolò Frustalupi, figlio di Mario Frustalupi: “Hanno detto tutto gli altri, ma ringrazio tutti coloro che hanno organizzato questa giornata e i tifosi. Un’emozione grandissima. Su papà hanno già parlato i compagni”. Interviene Garlaschelli: “Unico giocatore vero arrivato alla Lazio”. Quindi Oddi: “Il giocatore più forte della squadra. Dopo ci ho giocato ancora due anni a Cesena, quando andammo via io, Nanni e Frustalupi. L’allenatore non stava bene purtroppo, sono state scelte sbagliate. Lui nel Cesena tirava i rigori, a Roma con Giorgio non poteva toccare il pallone. A Cesena segnò 7 rigori e un gol su azione. Contro l’Inter, Bordon si avvicina sul dischetto e gli dice di conoscerlo. Mario era un destro, ma calciava anche col sinistro. Tiro di mancino e segnò”.
Matteo D’Amico: “Papà dava coraggio a tutti. Non ha insegnato con le parole ma con l’esempio, con i comportamenti. Ci ha insegnato guardandolo, lo ha fatto sulla Lazialità, nel non sbandierarla ma viverla. Il D’Amico laziale ha amato la Lazio profondamente: ci è stato, ci è tornato, l’ha amata a distanza. Ultimamente ha pianto tanto per la Lazio, si emozionava molto. Andò al Torino, poi disse subito di voler tornare alla Lazio e lo fece. Vorrei ringraziare anche io tutti, abbiamo pianto abbastanza oggi”
Quindi, Giancarlo Oddi racconta un retroscena su Lazio-Ipswich: “Noi avevamo perso 4-0 con l’Ipswich. Ci avevano deriso, sputato, ci avevano detto di tutto. Dovevamo perdere 2-0 forse, ma non contavamo molto a livello europeo. Tripodi è stato tutto l’anno con noi, ma il mister lo voleva perché era amico di tutti. Giochiamo in casa con l’Ipswich, anche lì è successo qualcosa. Abbiamo subito ingiustizie incredibili. Ma a fine partita abbiamo litigato con i giocatori avversari, questi hanno iniziato a scappare. Correvano, con noi dietro. Il portiere loro, un grattacielo, esce tranquillo camminando dalla porta. Come arriva nel sottopassaggio, Tripodi lo lascia là con una sforbiciata”.
Massimo Maestrelli racconta l’arrivo di papà massimo alla Lazio: “La Lazio perse 5-1 a Foggia, ds e Lenzini rimasero colpiti. Ci fu interessamento su babbo di tre squadre tra cui la Roma, ma lui voleva salire in A con le sue forze dopo la retrocessione. Voleva portare in alto la Lazio e lui, nella Lazio, trovò ciò che cercava. Nessun’altra squadra poteva dargli quello che cercava. Fece questo voto con se stesso”.
Immobile: “Grazie di avermi messo vicino a Giorgio. Per me è il massimo, quando hai finito di giocare e resti nel cuore dei tifosi. Ogni calciatore dovrebbe partire da quello. Poi ci sono i premi, i trofei, ma io vedo dai loro occhi oggi tutto quello che hanno vissuto. Abbiamo fatto il possibile per regalarvi anche oggi il 100% di quello che avete meritato in campo. Il laziale mi ama e io amo la gente laziale. Ho capito davvero quanto la gente amava loro, Chinaglia, quando stavo per arrivare ai sui gol con la maglia della Lazio. E la gente anziana era combattuta, per certi versi gli dispiaceva per Giorgio. La mia emozione? Quando parlo di Lazio succede, è il bello del calcio”.
Quindi l’attenzione si sposta sul famoso Lazio-Verona. Parla Massimo Maestrelli: “Quella settimana si erano picchiati come mai prima. Gigi ruppe una bottiglia di vetro e la mise sulla gola a Giorgio, che non se l’aspettava. Quando il Verona fa 2-1 babbo vede Gigi e Giorgio correre dentro gli spogliatoi, se fossero entrati la situazione non sarebbe stata gestibile. Allora si mise davanti la porta dello spogliatoio e rimandò tutti in campo”. Interviene Martini: “Chinaglia aveva perso tutte le partitine in settimana, era nero. Poi per fortuna siamo andati sotto con autogol di Oddi che era amico fidato di Giorgio, pensate se l’avessi fatto io autogol. Nello spogliatoio qualche scarpa sarebbe volata, Maestrelli ci indicò la via di ritorno per il campo dicendo di andare a spiegare alla gente il perché di quello che stava succedendo”. Quindi Matteo D’Amico: “In questi giorni di festa noi figli abbiamo passato del tempo con loro. E non si mettono d’accordo su nulla".
E ora, prende la parola il presidente Lotito: "Oggi, quando ho visto la squadra che dava il cinque a ognuno di loro, ho pensato che avremmo vinto. L’ha detto Ciro, avevano una maggiore responsabilità e lo hanno dimostrato. Si vince con attaccamento e passione, cosa che magari in alcuni manca perché si pensa che un presidente debba assicurare ogni cosa. Lenzini è morto con la luce di casa staccata, per la Lazio. Era un buono Lenzini. Il calcio lo fanno giocatori, allenatori, staff ma anche la società senza la quale non c’è il resto. Nel calcio italiano mancano i presidenti che si dedichino con passione a dedicare questi valori, e lo dico con chiarezza. Al di là di esser io proprietario, io sono un custode di valori, sentimenti e passioni comuni di conservare, custodire, mantenere e tramandare. E oggi siamo qui per questo, perché la storia della Lazio è fatta di questi valori essendo un ente morale. E lo dico senza tema di smentita: un mio precursore donò nel periodo di guerra il campo di allenamento per fare gli orti. La Lazio è spirito di servizio verso la gente, queste persone servono per far capire che il calcio oltre al valore sportivo deve essere anche una spinta a livello sociale. Pensate a quanta gente attraverso loro ha superato le difficoltà quotidiane. E noi dobbiamo coltivare questi valori, ho messo in campo un’azione quotidiana per far crescere questo club. Il settore giovanile è alla fase finale, la Women ha vinto il campionato. Lenzini ci ha messo nove anni: ho preso la Lazio dalle macerie e oggi detta le regole nelle istituzioni sportive. Se siamo uniti, vinciamo. Tutto insieme si vive: tifosi, giocatori, società.
Il dodicesimo uomo in campo è un fatto pratico, si responsabilizzano i giocatori, sentono l’appartenenza e la spinta per dare il massimo. Il presidente ha il ruolo di dover armonizzare questi processi perché tutti diano il loro contribuito con passione e sacrificio. Lenzini mi ha insegnato molto e voglio che sia utile a tutti: loro sono qui per dare un segnale di cambiamento, vogliamo dare uno sprone ai giocatori attuali. Mi sento la responsabilità della vostra storia, che voglio tramandare. Speriamo di emularla e riuscire pure a vincere lo scudetto. La Lazio dopo la Juve è la squadra che ha vinto di più. E parlo davanti l’assessore che ha visto anche il progetto del Flaminio. Lo hanno visto, lo presenteremo. Speriamo abbia il consenso delle istituzioni. Chi lo ha visto ha detto che è un capolavoro, dicendo che è un ampliamento di quanto fatto da Nervi pensato per soddisfare le esigenze dei tifosi. Stiamo iniziando poi i lavori dell’Academy a Formello, dove faremo altri sette campi con scuola, studentato, foresteria e chiesa".
Arriva il momento della lettera da parte di Lotito a Lenzini: "Caro presidente Lenzini, lei non mi conosce. Mi presento, sono Claudio Lotito. Questo nome presumibilmente non le dice nulla, dato che nella gloriosa stagione 1973/1974 ero un giovane biancoceleste che riempiva l'Olimpico insieme a tanti altri, ammaliati e perdutamente innamorati della Lazio. Ero lì quel giorno, quel 12 maggio del 1974, quando vincemmo lo scudetto che era sfuggito la stagione precedente. Che soddisfazione! Che emozione indimenticabile il momento, indimenticabile la sensazione di assoluta gioia. Ero un ragazzo come tanti, studiavo, avevo gli amici con cui la domenica andavo a vedere i miei miti, che davano spettacolo e ci divertivano. A volte si soffriva, c'erano dei confronti abbastanza accesi nel commentare la partita, ma poi, ritornavo allo stadio e tutto ricominciava fino a giungere a quel fischio finale.
Per qualche tempo, quel fischio, pose fine a tutte le critiche, patimenti, giudizi degli allenatori sugli spalti che durante l'anno si erano susseguiti com'è naturale che accada tra i tifosi. Caro presidente, ci aveva regalato una cosa meravigliosa. Il potere di tacitare, non solo gli avversari, ma anche i tifosi più scettici. I mesi successivi li passai a godermi le meritate vacanze dopo un anno di studi, ripercorrendo con i miei amici la inaspettata cavalcata al tricolore. Seppur giovane, e solo fruitore dello spettacolo meraviglioso che il calcio può esprimere, ero cosciente dell'impresa che era riuscito a compiere Presidente. Prima di arrivare a quel 1974 lei, però, dovette penare per nove anni. Trovò una squadra che non pullulava di nomi pesanti, andammo in Serie B, parlo al plurale perché la Lazio è la Lazio: un patrimonio morale.
Tutti noi ci ritroviamo in questo, ma la Lazio non molla ed ecco arrivare quelli che faranno la grande impresa: la vittoria dello scudetto. Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D'Amico. Questa formazione è diventata una filastrocca che conoscono i bambini che l'hanno imparata dai genitori, che a loro volta l'hanno imparata dai loro di genitori. E anche in questa filastrocca si ravvede l'eredità morale della Lazio che si tramanda di padre in figlio. E come laziale, sorrido all'idea che questa formazione la conoscano tutti gli amanti del calcio. E mai dimenticare l'allenatore, Tommaso Maestrelli. L'allenatore doveva gestire genio e sregolatezza di coloro che scendevano in campo ogni domenica, rendendo queste unicità un unico corpo granitico.
Caro Presidente, quell'impresa eroica su cui nessuno avrebbe scommesso, non fu soltanto l'apporre il tricolore sul petto, ma fu il preludio della fine di un certo tipo di calcio. Un calcio fondato sulla meritocrazia, visto che l'anno prima lo scudetto sfuggì con mille interrogativi mai spiegati. Gli anni sono passati "sor Umbè", è quel ragazzo che sognava ora ha il tuo stesso ruolo. Caro Umberto, sento ogni giorno la responsabilità di proseguire il tuo cammino e quello intrapreso da chi ci ha preceduto. La Lazio di oggi, animata dall'esempio della sua storia ultracentenaria, ha superato tante tempeste. Quella bandiera non è stata mai ammainata, grazie alla determinazione di chi ha tenuto vivo quel simbolo, anche nei momenti in cui tutto sembrava perduto. Ogni giorno, chi indossa quella maglia è chiamato a scrivere pagine nuove di una società gloriosa. Guardando indietro all'esempio dei più grandi per andare avanti, perché la Lazio è storia, perché la Lazio è presente, perché la Lazio è futuro. Con l'affetto e la riconoscenza di un giovane tifoso diventato presidente della sua grande squadra, Claudio Lotito".
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