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Dino Zoff
Intervenuto ai microfoni del Corriere della Sera l'ex allenatore della Lazio Dino Zoff ha parlato di Sven-Goran Eriksson e della sua squadra.
“Viveva come allenava: con stile e col sorriso”
Il primo incontro?
“Mi colpì subito per la classe, per la pacatezza. Aveva idee chiarissime, ma sapeva trasmetterle senza alzare la voce. Un gentiluomo della panchina. Mi mancherà”.
Quale eredità lascia al calcio moderno?
“Leggeva le partite alla grande, ma era la sua forza mentale a colpirmi: la capacità di entrare nella testa dei campioni, facendosi rispettare senza imporre l’autorità”.
E fuori dal campo?
“Un uomo sempre piacevole, di compagnia. Mi dispiace personalmente, è una perdita che mi segna. Non ci vedevamo da qualche anno, quando s’invecchia succede, la vita è così. Ma il ricordo delle nostre cene romane lo conserverò per sempre”.
Quella Lazio segnò un’epoca.
“Era una squadra che abbinava bellezza e risultati. Aveva grandi campioni e un allenatore eccezionale che sapeva come far rendere al meglio tutto quel talento. Vinceva divertendo. E divertendosi”.
Il racconto della malattia ha colpito il mondo intero, andando anche oltre i confini del calcio.
“Ha vissuto la malattia con dignità e sorriso, sapeva che il suo momento stava arrivando. Ha fatto come sul campo, da allenatore, sdrammatizzando, trovando sempre modo di infondere tranquillità, serenità. Una lezione di vita, l’ultima, la più importante”.
In una frase sola?
“Ha affrontato la morte come la vita: col sorriso”.
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