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Veron
Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Juan Sebastián Veron ha parlato dell'ottimo periodo che sta vivendo la Lazio di Baroni e dei suoi interpreti. L'ex centrocampista di Inter e Parma tra le altre ha poi proiettato i biancocelesti tra le candidate per lo Scudetto. Queste le sue parole: “Vincere il campionato è un’ipotesi, la Lazio mi piace, gioca bene, e allora perché no?”.
Veron, crede che la Lazio possa puntare allo scudetto?
“Seguo con attenzione le vicende del campionato e noto che quest’anno c’è un grande equilibrio. Tante squadre in pochissimi punti nella parte alta della classifica. Tra queste, la Lazio. Non vedo per quale motivo non dovrebbe pensare di poter arrivare al titolo”.
Le avversarie sembrano più attrezzate.
“D’accordo, ma ricordiamoci che non sempre vincono i più forti. Inter , Napoli, Milan, Juve e Atalanta hanno forse qualcosa di più dal punto di visto tecnico, però questa Lazio si diverte a giocare a pallone, e non trascurerei questo dettaglio”.
Che cosa intende?
“Voglio dire che i ragazzi di Baroni mi trasmettono entusiasmo. E, considerando che l’allenatore è alla sua prima stagione di lavoro, la cosa non era affatto scontata. La Lazio è una squadra che ama tenere il possesso del pallone, le piace dominare l’avversario, attacca anche quando è già in vantaggio. Mi sembra che ci sia leggerezza, nell’ambiente. E la leggerezza, al contrario della pressione, è un’alleata quando si tratta di lottare per grandi obiettivi”.
Che cosa le piace, in particolare, della Lazio?
“Non ci sono grandissimi campioni, ma c’è un gioco. Chiaro, limpido, veloce, talvolta essenziale. E poi mi pare che il gruppo sia unito. Insomma, percepisco un’idea di positività che, magari, in altre piazze non si riscontra”.
Che cos’ha dato Baroni alla squadra?
“Organizzazione difensiva, ordine a centrocampo, voglia di divertirsi col pallone tra i piedi. E poi, non lo so ma lo immagino, ha trasmesso quello spirito di sacrificio che è necessario per portare a termine un’impresa. Senza la volontà di fare una corsa in più per aiutare il compagno in difficoltà, nel calcio come nella vita, non si va molto lontano. La Lazio mi dà l’impressione di essere un collettivo”.
Un giocatore che l’ha stupita?
“Ho sempre un occhio particolare per i centrocampisti, forse perché conosco il mestiere. A me piace Rovella: giovane, dinamico, con un’ottima visione di gioco. E apprezzo Guendouzi, uno che ha la forza per portare il pallone vicino all’area avversaria e poi per duettare con gli attaccanti. Mi pare proprio che lì in mezzo la Lazio sia messa piuttosto bene”.
In attacco Zaccagni è una garanzia.
“Ha talento, deve soltanto credere di più nei propri mezzi. E poi, là davanti, c’è Pedro che salta sempre l’avversario, ci sono Dia e Castellanos. Ripeto: non fuoriclasse, ma tutti funzionali all’idea di calcio che ha in mente Baroni”.
Avrebbe immaginato, all’inizio della stagione, di trovarsi a commentare un percorso tanto virtuoso della Lazio?
“Sono onesto: no, non me lo immaginavo. Il merito è soprattutto dell’allenatore che ha saputo dare un’identità precisa al gruppo. Adesso, però, mi raccomando: bisogna procedere a fari spenti”.
Mica semplice, il secondo posto comporta un certo dispendio di energie psicologiche.
“Lo so bene, e qui Baroni dovrà essere bravo a gestire. Intanto, la Lazio ha infilato una striscia di sei vittorie consecutive, che non sono mica poche: guardate che vincere sei partite di fila non è facile neppure in allenamento... La Lazio ce l’ha fatta. In Europa League ha vinto tutt’e quattro le sfide in calendario. Questo è un percorso che dà fiducia a tutti i giocatori”.
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