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Emanuele Valeri
Non è semplice finire sulla lista dei desideri di Maurizio Sarri. Le storie di Casale e Provedel, ma anche di Vecino e Pedro ovviamente, dimostrano l’attenzione che il tecnico della Lazio mette nel cercare i profili migliori per il suo gioco. In tempi poco sospetti su quella lista ci è finito anche Emanuele Valeri, terzino sinistro di professione, tifoso biancoceleste di fede. E ora Valeri si sta mettendo in mostra alla prima stagione in Serie A con la maglia della Cremonese, aspettando, chissà, di avere un giorno - Sarri spera il prima possibile - un’occasione con la sua Lazio, che lo scartò da bambino. Da allora tanta gavetta, come racconta lo stesso Valeri intervistato oggi dalla Gazzetta dello Sport.
“Sto vivendo un sogno. Se mi giro indietro e penso a dove ero fino a pochi anni fa quasi non ci credo. Diciamo che la mia costanza è stata premiata”. Gavetta nata dopo la decisione della Lazio di scartarlo. “Avevo 13 anni ed ero nella squadra del mio cuore, quella che tifavano anche i miei genitori: non potevo chiedere di più. Ma evidentemente non ero bravo come gli altri e mi scartarono. Succede, ma non la presi benissimo”. Fortunatamente, decise di non mollare. “La mia famiglia, nonni compresi, è stata fondamentale. Mi hanno convinto ad andare avanti e a pensare solo a divertirmi. A 16 anni ero in Eccellenza all’Atletico Vescovio. Poi il Rieti in Serie D, Lecce e Cesena in C e infine la Cremonese. Mi ha voluto Bisoli nel 2020 in B e poi con Pecchia la scorsa stagione è arrivata la promozione in Serie A”.
E con la promozione, finalmente anche l’esordio in Serie A. “Ero emozionato, un po’ nervoso. In tribuna c’erano amici, parenti, conoscenti vari e volevo fare bella figura. E poi per me era una sorta di derby visto che per anni ho frequentato la curva Nord della Lazio”. Poi, durante il campionato, proprio la sfida ai biancocelesti, a Cremona. “Difficile da spiegare, conoscevo molti di loro. Dal punto di vista emotivo non è stato facile, rimanere concentrato sul campo è stato complicato, anche se quando giochi pensi solo a fare quello”. A fine gara lo scambio di maglie. “Ne ho chieste tre: a Stefan Radu, Sergej Milinkovic-Savic e Ciro Immobile”. Nella speranza, un giorno, di poterne indossare una con il proprio nome sulle spalle.
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