- Lazio News
- Calciomercato
- Rassegna Stampa
- Serie A News
- Pagelle
- Primo Piano
- Video
- Social
- Redazione
news
In questo momento dove l'economia è incerta e il mercato, nel mondo del calcio e non solo, potrebbe subire una significativa flessione, i club di tutto il mondo devono pensare a ripartire dalle proprie giovanili. Poiché sarà difficile, nel futuro più prossimo, soddisfare le richieste dei giocatori e dei loro agenti, una soluzione concreta per le società sarebbe quella di attingere dai propri vivai. Chi ha avuto nella propria "cantera" giocatori di una certa caratura, ha preferito venderli anzitempo e monetizzare in fretta piuttosto che valorizzarli nella propria rosa.
La tendenza è sempre più quella di voler valorizzare il calciatore straniero anziché quello italiano. E la Lazio, in Italia, ne è un chiaro esempio. Il vivaio biancoceleste, dopo essere stato per anni un ottimo rifornimento per la Serie A e per la Nazionale, ha subito una brusca battuta d'arresto. A confermarlo ci hanno pensato i recenti risultati dei giovani aquilotti. In maniera particolare quelli della Primavera. Dopo un periodo passato nel limbo della seconda divisione, la compagine di mister Leonardo Menichini è riuscita a trovare la promozione in Primavera 1. Ma ora, visti i risultati stagionali, il futuro del club è di nuovo in bilico.
Lo stesso Simone Inzaghi, che ha un passato importante come allenatore delle giovanili biancocelesti, ha raramente trovato degli elementi da inserire nella prima squadra. Nemmeno il talento spagnolo, Raul Moro, pagato circa 6 milioni di euro non ancora diciottenne, è riuscito a dire la sua tra i grandi. Naturalmente, per vedere certi risultati, bisognerà aspettare ancora un po'. Anche se l'andamento non è proprio il più roseo.
Di questo ha recentemente parlato l'ex allenatore Fabio Capello. Il quale ha sottolineato, ai microfoni del Corriere dello Sport, la poca volontà da parte dei club nel puntare sulle risorse dei propri settori giovanili: "Il poco coraggio di qualche mio ex collega e i troppi stranieri presenti. Sul primo piano dico nei vivai ci sono giocatori bravi che potrebbero essere inseriti in prima squadra e lanciati al momento giusto, ma non viene fatto forse per l'ossessione del risultato da raggiungere. Non c'è pazienza e, in qualche caso, gli allenatori il talento non lo capiscono nemmeno. Sul secondo aspetto forse si cercano gli stranieri sperando che diventino fenomeni, ma non mi sembrano tanto più bravi dei nostri”.
“L'intuito dell'allenatore fa la differenza. Al Milan mi ripresi Albertini dal prestito, alla Roma feci esordire De Rossi e Aquilani. Oggi la Nazionale di Mancini e l'Under 21 dimostrano che esiste un futuro per il nostro calcio. I giovani di prospettiva ci sono, sono le opportunità a mancare. I settori giovanili fanno fatica sia in uscita che nel reclutamento. E i genitori pensano di avere in casa dei fenomeni e si lamentano se il figlio non gioca. Ai miei tempi non era così. Non basta il talento, servono i sacrifici per arrivare in alto. Favoritismi? A mio figlio dissi di lasciar perdere il calcio. I figli d'arte giocano se sono bravi: oggi in Serie A ce ne sono sempre di più, ma devono superare ostacoli maggiori perché portano sulle spalle uno zaino pesante e sono circondati dall'invidia. Il calcio è meritocratico
© RIPRODUZIONE RISERVATA