La Lazio si prepara a scendere in campo nel Derby della Capitale per rialzare la testa dopo due sconfitte. Appuntamento fissato alle ore 18:00 per il calcio d'inizio di una sfida storica, la numero 179. Una partita che non ha bisogno di presentazioni, la tensione è nell'aria da giorni e in ballo c'è l'orgoglio della città. Svaniscono i tre punti: vincere il derby ha un valore unico. E se ne sono resi conto sia Maurizio Sarri che Jose Mourinho. Il Comandante biancoceleste sembra essersi ambientato perfettamente nel mondo biancoceleste. Parla a difesa dei suoi tifosi, non si nasconde e non fa mai mezzo passo indietro. La Lazio gli ha fatto tornare la voglia di allenare e il legame con l'ambiente si è già solidificato. Dall'altro lato del Tevere anche il portoghese si è calato bene nella realtà giallorossa. È il solito Mourinho sarcastico, pungente, che sa sempre farsi notare con una vena polemica. Due grandi allenatori, così tanto diversi, pronti a darsi battaglia per la terza volta nel Derby della Capitale.
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Lazio, Sarri vs Mourinho: un derby tra due filosofie opposte
La bellezza del Sarrismo
—"Aprite le porte alla bellezza" recitava il video di presentazione di Maurizio Sarri come nuovo allenatore della Lazio. Scegliere il tecnico toscano è un atto di fede, bisogna credere nella sua filosofia di calcio e lasciare tempo e spazio affinché i suoi principi germoglino nella testa dei propri calciatori. A un anno e mezzo di distanza questa è la sua Lazio, frutto di un lavoro reciproco e continuo: da una parte Sarri ha dovuto scardinare dei dettami tattici del passato, dall'altra ha preservato quei meccanismi che funzionavano e continuano a funzionare. È una squadra 'sarrista' con la difesa alta e tanto palleggio ma molto più verticale, le caratteristiche lo portano a giocare in profondità. E questo aspetto Sarri lo ha salvaguardato: le idee si sono trovate a metà strada, senza dover rinunciare mai alla bellezza.
Il 'risultatista' portoghese
—Se si dovessero evidenziare le differenze più nette tra Sarri e Mourinho si potrebbe dire che il primo mette l'individuo al servizio della squadra, il secondo la squadra al servizio dell'individuo. Il sacrificio è il simbolo dell'idea del portoghese: difendere in maniera compatta per poi sfruttare gli spazi che la partita ti lascia a disposizione e le individualità della squadra per trovare la giocata giusta. Le squadre dello 'Special One' non esprimono un calcio spumeggiante ma di certo pragmatico e volto al risultato. In un dibattito tra 'giochisti' e 'risultatisti', com'è di moda chiamarli oggi, Mourinho si annovera tra i secondi.
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