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Lazio-Roma, Dias: “Derby? Vi racconto che cosa si prova”

Le sensazioni dell'ex difensore della Lazio André Dias in vista del derby di questa sera contro la Roma nel campionato di Serie A

redazionecittaceleste

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ROMA - Il giorno del derby tra Lazio e Roma, l'ex difensore biancoceleste André Dias, è tornato a dire la sua sulla sfida tanto sentita. Ecco le parole dell'ex difensore brasiliano rilasciate ai microfoni del Corriere dello Sport:

"C'è una rivalità incredibile con la Roma. Non potevo nemmeno parlare con gli altri brasiliani giallorossi. Alcuni erano di fede laziale, altri di fede romanista. Non potevo proprio nemmeno scherzarci. Credevo che le rivalità brasiliane fossero importanti, ma nella Capitale non si scherza affatto. La sfida di sente e come. Ricordo che una sera, prima del derby, ero a cena con la famiglia. Più o meno quattro tifosi mi si sono avvicinati con un foglietto: c'era scritta la formazione. Mi chiesero se secondo me erano gli undici migliori per la stracittadina. La mia risposta fu che non ero io l'allenatore. Quando mi chiamò la Lazio non ci pensai due volte a trasferirmi. Ho accetta non conoscendo la situazione del club. Tuttavia l'Italia mi affascinava, così come il calcio europeo. Era un sogno per me. Ciononostante trovai un club in lotta per non retrocedere. La prima sfida la perdemmo, 1-0 contro il Catania. Segnò Maxi Lopez. Sbagliai io in quella circostanza e la stampa mi criticò. Meno male che non capivo ancora l'italiano. Ricordo anche una quindicina di tifosi a Formello che lanciava bombe carta. Mi ritrovai un po' confuso. In Brasile lottavo per vincere e qui la situazione era molto difficile".

"Reja? Per fortuna che ad un certo punto arrivò lui. Per me fu come un padre. Rimasi fuori qualche partita, giusto il tempo di capire cosa stesse succedendo. C'è molto tattica in Italia, in Brasile badiamo di più all'istinto. Meno male che di anno in anno migliorammo sempre di più, fino a lottare per i primi quattro posti. Bell'esperienza. Me ne sono andato con un po' di polemiche, la società preferiva non cedermi".

“Per fortuna arrivò Reja che fu un padre per me e mi insegnò molto. Mi ha lasciato fuori per cinque partite per capire cosa stava succedendo. Il calcio italiano è molto tattico mentre quello brasiliano è molto istintivo. Siamo riusciti a migliorare ogni anno, lottando per le prime quattro posizioni, giocando in Europa League e piazzandoci tra le prime in Italia. Ho anche imparato a parlare la lingua e capire la cultura italiana. Alla fine è stato bello. All'epoca della Coppa Italia del 2013 volevo già tornare in Brasile. Nel 2011 il Santos voleva che giocassi nel Mondiale per Club. Poi è arrivato l'Atlético Mineiro quando c'era Ronaldinho Gaúcho, mi volevano perché Réver era infortunato. Volevo tornare in Brasile e giocare la Libertadores. Ho iniziato a non essere d'accordo con la dirigenza della Lazio che non voleva vendermi". >>> Nel frattempo, parlando di Lazio, ci sono anche altre notizie importanti che stanno arrivando proprio in questi minuti <<<

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