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Lazio, Rocchi: “Allenatore e psicologo: come cambia il ruolo. Di Canio al derby…”

Tommaso Rocchi
L'ex giocatore biancoceleste e oggi allenatore dell'Under 14 interviene ai microfoni dei canali del club nella seconda puntata di Ente Morale
Stefania Palminteri Redattore 

Durante la seconda puntata di Ente Morale, andata in scena sui canali ufficiali della Lazio, è intervenuto l’allenatore della Lazio Under 14 Tommaso Rocchi. Queste le sue parole. “Il progetto psicologico della Lazio è importante perché di grande aiuto e coinvolgimento per i ragazzi. Noi partiamo dalle basi tecniche di allenamento, ma c’è la componente mentale che comanda tutto quello che devi poi affrontare in campo, sia dentro che fuori. Penso sia fondamentale avere un progetto con persone qualificate che sappiano supportare e consigliare, essere vicine e provare a trasmettere tutto ciò che può essere funzionale allo sport e al fare il massimo per raggiugnere un obiettivo.

Il mio è un ruolo oltre l’allenatore: devo essere anche educatore. Io parto dal discorso del leader: quando giocavo, c’era il leader tecnico-tattico e quello di spogliatoio, che trascinava i compagni. Io ero metà e metà da calciatore, ma sono sempre stato dell’idea che siano gli atteggiamenti e i comportamenti a dover essere da esempio. Dire una parola in più, fare una corsa in più: quello è essere leader e trascinatore. Da allenatore, oggi, tutta l’esperienza che ho accumulato mi fa essere un allenatore che insegna la materia del campo ma anche uno che entra nelle loro teste per capire esigenze e difficoltà. Devo trasmettere qualcosa che va oltre, avere autostima e non arrendersi quando in difficoltà. Avendo giocato alcune cose vengono fuori perché le ho vissute anche io.

In carriera, senza fare nomi, ho avuto allenatori di un certo tipo e di un certo carisma, mentre altri meno. Sottolineo però che l’allenatore deve essere credibile. Se vado a parlare con un ragazzo non mi va di prenderlo in giro, anche se a volte è rischioso perché va contro magari a situazioni da gestire. Non lo facevo quando giocavo, oggi però devo pensare a tutto ciò che c’è intorno. Quando a me è capitato di sentirmi dire una cosa che non vedevo poi in partita non mi trovavo bene. E poi l’allenatore deve far sentire tutti importanti, anche quando il campo dice chi ha qualcosa in più. La bravura è cercare di motivare e tenere attivi e in fiducia anche quelli che hanno più difficoltà. Il calcio non è più solo tecnica e tattica, bisogna entrare molto nell’aspetto psicologico e delle motivazioni. Capire le difficoltà che possono avvenire. Questi sono punti fondamentali.

L’allenatore ormai non fa solo il discorso tecnico-tattico, ma dovrebbe anche capire perché ci sono determinate dinamiche portano a non far affrontare ciò che viene richiesto. Lo staff è importante, più occhi e attenzioni si danno a ogni giocatore più aiuta. La figura dello psicologo dello sport, che riesce a capire ed entrare in meccanismi su cui noi allenatori non abbiamo le competenze, è fondamentale. Di Canio? Sta tutto in come uno affronta le cose e come le vive. Non mi ha fatto dormire prima del derby del 6 gennaio, ma mi ha dato tanto nel vivere i valori laziali che porto dietro ancora oggi”.