Non mentono i numeri: Lazio 41, Napoli 39 e Inter 38. Sarebbe questa la classifica della Serie A se le partite finissero al 45°. Un percorso netto in questa ipotetica classifica con 12 vittorie, 5 pareggi e 2 sconfitte con un totale di 18 gol realizzati e appena 3 subiti. Questi numeri arrivati alla fine del girone d'andata non possono essere ignorati. Alla lunga quindi è inevitabile notare come la Lazio perda lucidità. Tanti, troppi sono già ora i rimpianti di una squadra che tra il pareggio in extremis della Sampdoria (1-1) la sconfitta di Lecce (2-1) e la rimonta dell'Empoli (2-2) guarda ai 7 punti persi e pensa a quello che sarebbe potuto essere ma, purtroppo, non è.
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I numeri parlano chiaro: nessuno come la Lazio nei primi 45 minuti
Ciò che è significativo è come, nei confronti delle dirette contendenti in ottica Champions League, la Lazio non abbiamo né avvertito né mostrato segni di tensione: 6 scontri diretti, 4 successi e 2 sconfitte. Un totale di 12 punti negli scontri diretti (3 delle 4 vittorie arrivate anche mantenendo inviolata la porta). La differenza tra primo e secondo tempo però è evidente: solo 3 gol subiti e 16 primi tempi su 19 chiusi con la porta inviolata. La dimostrazione questa che quasi mai quest'anno la Lazio ha approcciato male la partita. Un fattore chiave è anche l'incidenza che arriva dalla panchina. Il calcio espresso da Sarri è uno dei migliori in italia, secondo forse solo al Napoli. Spalletti, dal canto suo, può contare su una abbondanza offensiva della quale Sarri non dispone (in termini numeri e non qualitativi). Gli stessi Inzaghi e Pioli possono giocarsi varie carte dalla panchina. Panchina che a Sarri ha portato: 3 gol di Luis Alberto e 2 di Pedro, non certo sorprese. L'unico vero "jolly" pescato dal Comandante è stato quello di Luka Romero contro il Monza
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