Claudio Lotito va avanti con i suoi tempi ma si è convinto a presentare un progetto per lo Stadio Flaminio come nuova casa della Lazio. Restano vincoli da superare, tra cui la capienza, i parcheggi e la copertura. Progetto che dovrà fare i conti anche con la famiglia Nervi che realizzò l'impianto nel 1959 e che Lotito dovrà convincere. “Vogliamo che il Flaminio torni a vivere, ma non può e non deve diventare lo stadio della Lazio: verrebbe snaturato” - le parole di Elisabetta Margiotta Nervi, segretaria della Pierluigi Nervi Foundation concesse a La Repubblica - “Se il Comune lo darà a Lotito, noi con l'appoggio delle associazioni sportive daremmo battaglia”.
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Lazio, Nervi promette battaglia: “Flaminio? Se il Comune lo darà a Lotito…”
La Fondazione Nervi sostiene questo progetto?
“Non abbiamo interessi economici, né di altro tipo, ma questa è la proposta giusta anche peri romani. Così il Flaminio tornerebbe alla città e non verrebbe snaturato nella forma e nell’architettura, rimarrebbe perfettamente inserito nel quartiere”.
Della prospettiva Lazio cosa vi spaventa?
“Ci sono criteri oggettivi, ripresi dal vincolo di tutela del Ministero della Cultura, che sono identitari del Flaminio e che devono essere rispettati. È un monumento nazionale perché presenta alcune caratteristiche peculiari. Dunque va protetto, come il Colosseo o l’Arena di Verona. Non siamo d’accordo pure sulle eventuali attività commerciali che verrebbero fatte”.
Numero di posti e copertura, sono questi i punti chiave.
“Lotito giustamente ha bisogno di 45 mila posti. Per realizzarli verrebbe meno l’aspetto estetico del Flaminio, che è perfettamente inserito nel quadrante. Le tribune formano un’onda che sembra adagiarsi accanto alla collina dei Parioli e ne riprende il movimento. Se il numero di seggiolini da 20 mila diventasse 40 mila, non sarebbe un altro stadio? E poi pensate alla copertura: l’impianto di Nervi verrebbe imprigionato e imbavagliato da una struttura esterna. Che poi mi chiedo dove sorgerebbe, c’è poco spazio per i piloni. Il Flaminio non può essere utilizzato come una sorta di zoccolo per metterci sopra un’altra arena. Non va distrutto, che non vuol dire non fare nulla: è un falso mito”.
Venerdì 10 novembre avete incontrato alcune associazioni sportive di Roma. Perché?
“Abbiamo illustrato la situazione e cosa potrebbe accadere. La speranza principale è che lo stadio torni alla città e ai romani, non a un privato come Lotito. Ricordo al Comune che c’è un importante studio, realizzato con La Sapienza e la Getty Foundation, che è nei cassetti in Campidoglio. E si può utilizzare per capire come recuperare un’opera così importante. Mi domando perché l’Amministrazione non ne tenga conto”.
Il Campidoglio può decidere in autonomia oppure dovete dare il vostro benestare per il nuovo affidamento del Flaminio?
“Non abbiamo potere decisionale. Ma se lo danno alla Lazio, noi possiamo fare ricorso. Di certo non resteremo a guardare come nulla fosse”.
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