Finisce così, in un afosa giornata di metà luglio, la storia d’amore tra Milinkovic e la Lazio. Non è un fulmine a ciel sereno, l’addio era nell’aria da tempo e soltanto i più testardi tra i romantici continuavano a sognare un improbabile rinnovo. Tra questi anche il presidente Lotito, arrivato a offrire bonus compresi un contratto da 6 milioni a stagione. Sergej, però, ha detto no. Ha rifiutato perché voleva andar via, ha chiamato nuovamente Lotito pregandolo di accontentarlo. Si diceva fosse un discorso di ambizioni, alla fine è stato solo un discorso di soldi hanno detto altri. La realtà, evidente, è che dopo otto anni il Sergente aveva finito gli stimoli. E, forse, è difficile fargliene una colpa. Anche perché probabilmente colpe e colpevoli devono essere identificati altrove. Ed è davvero difficile non puntare la lente di ingrandimento sull’operato di Kezman.
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Lazio, con Milinkovic finisce un’era: vincono (quasi) tutti tranne i tifosi
Ha avuto tra le mani quello che è stato il miglior centrocampista della Serie A per continuità. Numeri da vertici europei che però non sono bastati per permettere all’agente di portare alla Lazio una qualsiasi offerta di un club europeo. Il trasferimento di Milinkovic all’Al-Hilal rimane comunque una vittoria per tutti. Sicuramente per i biancocelesti, che portano a casa un’operazione capolavoro che vale circa 42 milioni a un anno dalla scadenza. E per Milinkovic, che diventerà sceicco tra gli sceicchi. Ma rimane un fatto, inconfutabile. Uno dei centrocampisti più determinanti d’Europa saluta così, accontentandosi, si fa per dire, dei milioni d’Arabia. Rinunciando a 28 anni a misurarsi su altri palcoscenici, più per demeriti del proprio procuratore che per altro. Vince Kezman, ma la sua è una vittoria di Pirro. Vince Sergej, che ottiene quello che vuole. E vince la Lazio, che mette a segno una plusvalenza monstre.
A perdere sono i tifosi, gli innamorati di un calcio che forse non esiste più. E che rischia di scomparire definitivamente dietro gli assalti dissennati del movimento calcistico arabo. Un movimento che forse andrebbe regolamentato dagli organi competenti, che priva il calcio europeo di uno dei suoi protagonisti. E che, oggi, lascia i tifosi della Lazio tristi e orfani di uno dei calciatori più rappresentativi dell’era Lotito. Saluta lo straniero più prolifico in 123 anni di storia, il miglior marcatore anche tra i centrocampisti. Saluta, e si porta dietro un bottino di 341 presenze, 69 reti e 53 assist. Numeri difficili da rimpiazzare, così come difficile sarà colmare quel vuoto lasciato l’addio di Sergej. Ma il calcio è anche questo e, superati shock e tristezza, arriverà il momento di emozionarsi per nuovi protagonisti. Lasciando sempre uno spazio nel cuore per quel numero 21 arrivato ragazzo e diventato leggenda.
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