Un punto e tanti interrogativi al termine della gara tra Lazio e Milan. Un primo tempo non giocato, un secondo incoraggiante e appesantito dalla rabbia per il rigore negato ai biancocelesti. Al termine del match, per analizzare la gara, è intervenuto in conferenza stampa Marco Baroni. Queste le sue parole.
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Lazio-Milan, Baroni in conferenza: “Partita e mercato, vi spiego tutto”
Come nasce la trasformazione tra primo e secondo tempo? Ha qualche rimpianto?
“Il rimpianto è il risultato. Siamo partiti bene, col piede giusto e tenendo la palla. Abbiamo trovato una verticalizzazione importante poi al primo angolo prendi gol. Non è facile, sapevamo di poter patire le palle inattive, sugli angoli temevamo qualcosa ma ci sta: hanno messo una gran palla. Da lì la squadra si è intimorita, pur rimanendo presente in campo. Nella ripresa abbiamo cambiato qualcosa ma non perché ci sono bocciati. Ci sono ragazzi da far crescere, a cui serve fiducia. Oggi ho dato un segnale importante mettendo due attaccanti: questa squadra deve prendere coraggio e avere convinzione. Può fare un calcio come nella ripresa, mettendo paura al Milan. Questo è quello che cercheremo di proporre”.
Che risposta avuto dal punto di vista delle due fasi?
“Oggi avevamo Nuno Tavares che aveva giocato l’ultima partita a febbraio dello scorso anno. Mi sono assunto dei rischi perché è il mio lavoro. Non avevamo centrali in panchina, ho dovuto non far partire Marusic perché era l’unico giocatore che poteva coprire il ruolo. È arrivato Gigot, che dà esperienza, personalità. Adesso la sosta ci permetterà di recuperare Gila e Pellegrini, che saranno in gruppo da martedì. Dobbiamo lavorare, ma abbiamo trovato anche la spinta a sinistra che è mancata nelle prime due partite. A Udine abbiamo messo dentro trenta palloni, dobbiamo riempire meglio l’area e ci stiamo lavorando. La squadra ha fatto qualcosa di buono, ma lavorando faremo anche qualcosa di bello e ne sono certo”.
Ha condiviso con la società gli addi di Cataldi e Casale? Gli obiettivi rimangono gli stessi?
“Io lavoro sul campo, chiaramente ci sono state delle situazioni. Casale è un ragazzo che veniva da un’annata difficile, gli ho dato fiducia, ma a un certo punto anche il ragazzo sentiva necessità di cambiare aria. Per il resto, io lavoro per migliorare la rosa, per lavorare con i ragazzi che ho. Uno dei primi obiettivi di un allenatore è valorizzare rosa e singoli a disposizione. Non guardo numeri o altro, sono concentrato su quello perché è ciò che mi porta avanti insieme alla squadra. Poi se mi chiede se sono contento della rosa dico di sì. Sono qui, ho giocatori bravi che devo migliorare. Dobbiamo lavorare insieme per alzare il livello del gioco di squadra. Sono in una piazza e in una società prestigiosa: la mia attenzione è rivolta al campo, devo farlo. È quello che mi chiedono i tifosi, così come la società. Da parte mia e dello staff l’attenzione è sul campo, sul lavorare su chi abbiamo”.
Che segnale è il secondo tempo?
“Stiamo cercando di portare aggressività maggiore, recuperare palla più alta. La squadra lo può fare e lo ha dimostrato, a volte ti esponi a lasciar libero campo dietro e non è facile. Ma la strada credo sia giusta. Quando ho detto che devo essere il primo a prendermi responsabilità è perché lo devo fare, devo mandare un segnale”.
Dia-Castellanos è un sistema di gioco tipo per il futuro?
“Io credo molto nella mobilità, preferisco un attaccante in più a patto di avere equilibrio. Per averlo serve correre tutti insieme, dobbiamo lavorare ma possiamo farlo. Credo molto in questo perché quando vai ad aggredire metti tutti in difficoltà”.
Che succede alla difesa?
“Sapevamo di poter subire su palla inattiva. Nella prima azione in cui entrano in area. Veniamo anche da tre tempi in due partite prendendo gol nei primi cinque minuti. La squadra ha rivisto un film su cui avevo alzato l’attenzione, ma a volte ci sono anche gli avversari che sono bravi. La squadra è rimasta in piedi, poi ha fatto una ripresa importante”.
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