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Lazio, Marchegiani: “Giorno triste. Eriksson un grande uomo oltre che allenatore”

Edoardo Pettinelli Redattore 
L'ex portiere biancoceleste ricorda Eriksson, l'allenatore del secondo scudetto e il protagonista dei successi a cavallo del nuovo millennio

Subito dopo la terribile notizia della scomparsa di Sven-Goran Eriksson, scomparso a 76 anni, il portiere di quella squadra Luca Marchegiani interviene ai microfoni di Sky. Questo il suo ricordo: “La notizia della sua malattia mi ha colpito molto, come tutti. Non è frequente vedere una persona che fa un annuncio come fece lui in quel momento. Ha avuto una vita bella, piena di successo. Sembrava un uomo fuori da queste problematiche, dai grandi problemi della vita per come l’aveva affrontata, sempre con il sorriso, sempre con l’ottimismo, sempre sapendo dare il giusto valore alle cose, che non significa essere superficiale.

Per la mia esperienza da calciatore, significa tener fuori dalle eccessive pressioni, dagli aspetti che potevano condizionare il rendimento e la tranquillità dei suoi calciatori. È sempre stato bravissimo a farlo, penso sia sempre stata la sua qualità migliore. Oggi è un giorno triste, ero molto legato a lui e penso che anche tutti coloro che lo avevano incrociato lo consideravano una brava persona. Aveva un modo di rapportarsi, in un contesto come quello di uno spogliatoio, che al di là del tono e della voce ti lasciava sempre la certezza del rispetto nei confronti delle persone a cui si rivolgeva. Non penso di averlo mai sentito gridare, l’ho sentito dire cose decise e riprendere dei giocatori. Ma questa sua signorilità e educazione di fondo è la cosa che ricordiamo tutti.

Chiunque l’ha conosciuto ricorda prevalentemente questo, il suo modo molto signorile e rispettoso di dire le cose. Non si tirava indietro, diceva quel che c’era da dire, ma sempre con il suo modo. Le qualità dell’uomo, quasi uniche in un contesto in cui si è abituati anche ad alzare la voce per avere più ragione. Ha sempre mantenuto il suo modo di essere, senza mai lasciarsi contaminare anche da situazioni che in alcuni momenti avrebbero richiesto magari un cambiamento. Questo è quello che è rimasto a tutti.

Lui è stato un allenatore meraviglioso, si è saputo adattare alle diversità che trovava sempre con grande intelligenza. E ha portato innovazioni tattiche nelle squadre che ha allenato sempre con grande avanguardia. Si è fatto apprezzare ovunque, sempre ottenendo risultati. Poi si tende a risultare solo il successo, ma ha sempre fatto bene ovunque. Grande uomo e anche grande allenatore. Il campionato in cui arriviamo secondi giocavamo con due attaccanti, due ali, Almeyda e Mancini centrocampisti centrali. Erano cinque giocatori offensivi che in ogni altra squadra avrebbero fatto le punte, lui riusciva a farli stare insieme in campo. Aveva capacità di trovare soluzioni tattiche, ma anche di convincere i giocatori a svolgere compiti che non erano prettamente i loro”.