Un successo storico, arrivato quest'oggi a festeggiare i dieci anni di ricorrenza. Il protagonista assoluto è ovviamente Senad Lulic, ex capitano della Lazio e autore del gol che ha condannato la Roma all'eterna sconfitta. Il timbro al minuto 71 è indelebile, diventando poi nel corso degli anni un vero e proprio slogan. In occasione del decennale del successo biancoceleste, Lulic si è raccontato nel libro "26 maggio, tutta la storia del derby dei derby" di Fabio Argentini.
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Lazio, Lulic: “La verità è che non esiste rivincita, quel gol è eterno”
Queste le sue parole: "Torno spesso a Roma. Dieci anni dopo, il tempo sembra non essere passato. Quando vado al bar o al ristorante mi fermano sempre i tifosi, anche solo per ringraziarmi. L'affetto della gente è straordinario. L'atmosfera prima della gara era tesissima, lo si poteva avvertire a Formello o anche attraverso i compagni che erano da più tempo alla Lazio. Quello che abbiamo raggiunto in quella Finale l'ho capito solo mesi dopo. Io vengo dalla povertà, per me essere ricordato ancora oggi è motivo di grande orgoglio. Con mia moglie Sandra lo diciamo spesso: siamo cresciuti insieme qui in Italia e insieme abbiamo vissuto quest'affetto.
In uno spogliatoio ci sono tante figure, dai cuochi all'ufficio stampa, passando per i magazzinieri e i massaggiatori. Il giorno prima dissi proprio al massaggiatore Papola: domani ci penso io. Riguardo quel gol continuamente, sul cross di Candreva ho frenato la corsa e poi è iniziata quella infinita verso la panchina. Quella notte è stata magica, un susseguirsi di emozioni incredibili. Dal pre partita ai festeggiamenti: per un calciatore non c'è nulla di più bello che vivere una serata così.
Sono arrivato alla Lazio a 25 anni e i giocatori più esperti mi hanno insegnato molto. Era giusto condividere quella gioia con tutti i compagni, sopratutto quelli più esperti come Scaloni e Klose. Oggi Lionel è un Ct campione del mondo e Miro è il mio vicino di casa in Austria. Ma c'erano anche Biava, Brocchi, Cana e Rocchi, gente importante per noi più giovani.
Avrei potuto cambiare numero maglia e indossare la 71 per sfottere i tifosi della Roma in eterno, ma per rispetto ho preferito non farlo. Loro mi hanno fatto uno striscione poco carino nei momenti bui dell'infortunio, con scritto: "Non c'è ricrescita". Una volta tornato in campo a Bologna risposi con "Non c'è rivincita". E questa è la verità. Un aneddoto curioso riguarda il giorno dopo la partita. Non ero a casa e mi chiamò il portiere: "Senad, qui fuori ci sono un sacco di tifosi. Aspettano che scendi...". Una cosa incredibile, da quel giorno in ogni occasione ho sentito l'amore dei tifosi nei miei confronti".
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