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Lazio, Lotito: “Vivo ancora con la scorta. Ultras? Ho mostrato la via 20 anni fa”

Lotito
Intervenuto ai microfoni de Il Messaggero il presidente biancoceleste, Claudio Lotito, ha parlato in merito alla situazione ultras a Milano
Edoardo Pettinelli Redattore 

Ha scosso, e lo farà ancora a lungo, il calcio meneghino l'inchiesta che ha portato all'arresto di 19 esponenti del tifo organizzato sia milanista che interista. Ai microfoni de Il Messaggero, ha detto la sua anche il presidente della Lazio Claudio Lotito che ha fatto della lotta agli ultras un suo distintivo.

"Non voglio fare il bello, specialmente in questo momento, ma io sono stato il primo ad assumere una posizione molto chiara, ho fatto una scelta di campo: fra consenso e legalità ho scelto la legalità, con le conseguenze che ne sono derivate per la sicurezza personale e della mia famiglia. Ancora oggi vivo sono scorta, ricevo minacce telefoniche, anche 7-8 al giorno, cortei e cori contro, volantini con la mia tomba e le candele, ma tengo il punto e non mi piego. Io avevo già detto tutto alla commissione antimafia, ora da giorni mi fanno i complimenti in aula per tutto quello che ho fatto e perché non mi sono mai spaventato. Avete visto che cosa sta succedendo? E sono convinto che uscirà dell'altro. Ci sono altre indagini in corso, non solo a Milano... Ancora oggi mi attaccano da tutte le parti, ma io combatto. Se scendi a compromessi, sei morto".

Metodi mafiosi, estorsioni, lesioni e altri gravi reati. Come si può estirpare questa piega inquietante del calcio?

"Io ho indicato la strada 20 anni fa e il mio esempio può essere seguito. Basta con quelli che vogliono fare i tifosi per professione per guadagnare soldi, è arrivato il momento di non legittimare più i delinquenti. Tifoso significa appassionato e la passione si persegue con il diritto di critica, ma sempre nel rispetto delle regole. Ma quando si vuole condizionare l'operato delle persone per fini personali si può finire in logiche perseguite dal codice penale e non solo".

Lei come ha fatto a non cedere mai alle pressioni degli ultrà?

"Un presidente è custode del patrimonio storico e sportivo della società, che preserva e tramanda senza scendere a patti. Ho risposto dal 2004 a muso duro. Niente abbonamenti e biglietti gratis, basta con le trasferte pagate dalla Lazio".

Questa rigidità cosa ha comportato?

Di tutto, sono scampato a bombe e ogni tentativo di intimidazione, ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve. Mi ricordo ancora quando incontrai quattro tifosi della Lazio. È tutto agli atti degli inquirenti, li incontrai a piazza Cavour, davanti al cinema Adriano. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse

'Presidè, buonasera, io sono Diabolik'. Lo guardai e gli risposi 'Buonasera, ispettore Ginko'. Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi 'Io sto dalla parte delle guardie'. Racconto sempre quest'episodio".

Lì si scoperchiò il primo vaso?

Percepii subito che c'era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire 'mi porti la carta d'identità, mica c'è scritto professione tifoso'. Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA. Mi ribello con tutti i mezzi legali che ho a disposizione. Probabilmente i miei colleghi in passato non l'hanno fatto perché era più comodo”.

Lo scontro ora è di nuovo asprissimo come testimonia la contestazione a Ponte Milvio dello scorso 14 giugno, volantini affissi in giro per la Capitale e gli striscioni ad Auronzo. Qual è il motivo?

"Non c'entra nulla il mercato o la Lazio che, come testimoniano i fatti, non ha subito nessun ridimensionamento e lo sta dimostrando. È una scusa per costringermi a vendere perché io non ho mai ceduto a nessun privilegio. Lo Stato deve prendere dei provvedimenti normativi affinché il calcio non diventi ostaggio di associazioni criminali che utilizzano questo sport e altri per fini che non sono sportivi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti, usure e non solo".

Lunedì Forza Italia ha chiesto invano al governo di intervenire per eliminare la consulta dei tifosi, la Lega ha detto no.

"Vedremo più avanti. Quella norma va abrogata per il bene di tutto il sistema calcio, non certo per il mio interesse. A me hanno fatto i manifesti vota "Libera la Lazio" durante la campagna elettorale, ma non me ne frega nulla di perdere qualche voto".

Si aspetta che, sulla vicenda di Milano, anche la giustizia sportiva possa fare il suo corso?

"Non entro nel merito, non conosco le carte, ma io sono stato squalificato per un anno da innocente, sulla vicenda tamponi, per poi essere scagionato".