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Lazio, Lotito: “Flaminio? Mi sto muovendo, prenderlo è facile. Ecco cosa manca”

Lotito
Il patron biancoceleste ha preso la parola nel corso dell’evento benefico organizzato per i quarant’anni di Vola Lazio Vola: le sue parole
Michele Cerrotta

In occasione dell’evento benefico organizzato per festeggiare i quarant’anni di Vola Lazio Vola ha preso la parola il patron biancoceleste Claudio Lotito. Tra i temi toccati dal presidente della Lazio, anche quello relativo al nuovo stadio. Queste le sue parole. “Parlare del Flaminio fa comodo a tante persone, soprattutto ad alcuni rappresentanti delle istituzioni. Tutti quanti avete visto in che condizioni sta la struttura, per questo risolvere il problema sarebbe cosa buona e giusta. Questo è un problema che ho sollevato quando c’era la Raggi, in occasione di una festa del calcio femminile. Anzi, colgo l’occasione per ricordare a tutti che la Lazio Women è prima in classifica da sola. Non ci dedichiamo solo alla prima squadra, ma all’intero comparto. Stavo dicendo: evocare la storia del nostro club anche con fatti concreti infrastrutturali è sempre una cosa importante. Ma chiaramente deve essere anche funzionale alle nostre esigenze.

Oggi nelle partite, e speriamo di prosegua così, abbiamo una presenza importante. Avere 26mila spettatori, che è la capienza del Flaminio, mi sembra riduttivo. Uno stadio da 45mila? No, da almeno 50mila. E poi va considerato il problema dei parcheggi, oltre ad altri problemi su cui ci sono lavori in corso. Ho delegato un rappresentante istituzionale per occuparsi di questa situazione: si è mosso, ha iniziato a fare una serie di consultazioni. Stiamo valutando per capire quello che effettivamente si può fare.

Prendere il Flaminio è semplice, e questo lo sa anche l’assessore Onorato. il problema è poi capire cosa farci e come trasformarlo secondo le norme. Noi abbiamo in testa un meccanismo che cercherà di salvaguardare quelli che sono gli interessi primari dello Stato e della famiglia Nervi, senza andare a intaccare, per quanto possibile, l’architettura. Però poi alla fine bisogna lavorarci. Può andar bene evocare la storia, però poi quando piove torniamo a utilizzare l’ombrello”.

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