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Duecentosette gol in trecentoquaranta partite, la storia della Lazio scritta pagina dopo pagina. Poi l'addio in estate e il trasferimento al Besiktas tra qualche acciacco e i soliti gol. Dopo la prima parte di stagione in Turchia, l'ex capitano biancoceleste Ciro Immobile si racconta ai microfoni di Sky Sport. Queste le sue parole:
"Durante il viaggio che mi ha portato dall’Italia alla Turchia ho avuto pensieri positivi: avevo entusiasmo nel dover affrontare questa nuova avventura, nel voler partire col piglio giusto. La mia mente era proiettata a fare bene: mi piaceva il fatto di dover cambiare, ma allo stesso tempo ero un po’ spaventato dopo otto anni di Lazio. Ma alla fine avevo l’entusiasmo che hanno tutti quando cambiano squadra: avevo voglia, fame di ricominciare, di avere nuovi stimoli. Ero un po’ triste soprattutto perché avevo lasciato la mia famiglia in Italia. Mi serviva però un impatto così in Turchia: sono entrato, ho segnato due gol, sono stato nominato miglior giocatore della partita e ho alzato il trofeo. Dà una certa carica. Dall’azzurro celeste della Lazio al bianconero, il passaggio è stato particolare. Ma devo dire che mi piace: è una bella maglia. I tifosi della Lazio mi hanno amato alla follia. Io ho amato loro allo stesso modo, ma stava diventando un amore solo per quanto fatto e non per quello che potevo ancora dare, e questo un po’ mi pesava. Nel calcio i giocatori che vanno avanti sono quelli che hanno più continuità, l’ho sempre pensato. Ora però in Turchia sto benissimo, questo stadio ti avvolge. Il tifo del Besiktas è assordante veramente. Il campionato è di buon livello, equilibrato: anche lo scorso anno due squadre hanno lottato per il titolo fino alla fine. Sono venuto qui per continuare a fare quello che mi piace: divertirmi, ma ovviamente solo se vinci ti diverti. Sono sicuramente cambiato rispetto, proprio nel mood di presentazione con i compagni, rispetto alle mie due esperienze estere precedenti. In campo poi questo si vede: non sto avendo per il momento, incrociamo le dita, difficoltà da quel punto di vista. Il fatto di volermi migliorare, di voler arrivare a dare più di tutti: ho cercato sempre prima di lavorare su me stesso. Ho costruito la mia carriera su questo: ho fatto più di 200 gol in Serie A, ho vinto la Scarpa d'oro, l'Europeo. Ora mi sento ancora nel mood di voler dare, poi nei momenti di lucidità faccio due calcoli su me stesso non è poco quanto ho fatto. Nel calcio, specialmente in Nazionale, ci sono più critiche che nel club ma non ci sono andato tanto dietro: infatti ho fatto un buon Europeo proprio perché sono riuscito a isolarmi da quello. Posso dire che per quanto possa mancare un attaccante io sono l'ultimo attaccante che ha vinto un Europeo. È quasi facile segnare 20 gol in una stagione, non lo è farlo per 5-6 volte di fila: si stava quasi creando una punta di scetticismo nei miei confronti. Dopo l'addio di Sarri ho vissuto un periodo davvero molto tosto per me e per la squadra. Da capitano mi sono accollato delle responsabilità che non mi aspettavo di avere: non ero pronto e dopo 8 anni in cui filava tutto liscio mi sono trovato in un vortice più grande di me. Se non sei lucido di testa, le gambe non girano e ti fai male, esattamente come mi è successo. Tutte queste cose mi hanno portato a decidere di lasciare. Anche Jessica mi ha aiutato: aveva visto un Ciro cambiato, io avevo capito di essere alla fine di un ciclo. Il mio unico rammarico è non aver salutato i tifosi. Come tutte le storie esiste un inizio e una fine: sarebbe stato bello poter condividere un bel finale insieme, non è detto che un addio nonostante le strade si separino non possa avvenire con un sorriso, con gioia. Sarebbe stato come un arrivederci tra due amici che prendono due strade diverse. Quello mi è rimasto sul groppone. Farlo ora? Saluto con tanta emozione i tifosi della Lazio per questi 8 anni vissuti insieme. So che molti si sono preoccupati per me qui, volevo dirvi che la storia della Lazio continua, la mia continua qui ma io vi porterò sempre nel cuore”.
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