Intervenuto nel corso di una lunga intervista rilasciata ai microfoni di Carré, Mattéo Guendouzi si è raccontato nel corso di un particolare tour della propria casa. Il mediano francese ha ripercorso tutta la sua carriera arrivando fino alla Lazio: dai tempi dell'Arsenal fino al derby e allo scontro con Dybala, passando per la Nazionale di Deschamps e le sue ambizioni. Queste le parole di Guendouzi: "È difficile trovare casa a Roma. La sicurezza è importante, siamo in un residence ben protetto, con pochi problemi e dove posso camminare tranquillamente. Siamo diversi giocatori che vivono qui.
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Guendouzi: “Alla Lazio subito a mio agio, voglio fare grandi cose qui. E Greenwood…”
Qui in giardino abbiamo la piscina, più in là il campo da calcio. Siamo privilegiati, abbiamo l'opportunità di vivere in case fantastiche in luoghi bellissimi. Avere un campo da calcio in casa è davvero meraviglioso. C'è anche la rete da badminton, l'ultima volta ho vinto contro mia moglie. Fuori dal calcio sono molto rilassato, mi piace stare a casa. Sul tavolo abbiamo tantissimi giochi di carte, sono molto importanti anche nello spogliatoio(ride, n.d.r.). Poi abbiamo il salotto e la televisione dove guardo tutte le partite di calcio dal lunedì al venerdì, ma anche sabato e domenica con la Champions League, l'Europa League, la Ligue 2 e tutto il resto.
Con mia moglie invece guardiamo i film(ride, n.d.r.), altrimenti solo il calcio. Sia alla Lazio che al Marsiglia, ma anche quando ero all'Arsenal: la vita del calciatore è andare all'allenamento la mattina, tornare a casa e riposarsi data la stanchezza. Poi la sera puoi guardare la televisione o fare altro per svagarti. È importante anche passare del tempo con la famiglia, magari andare a prendere mio figlio a scuola o altrove. Quindi i giorni sembrano tutti simili. Roma? Posso godermela solo di tanto in tanto se andiamo al ristorante, ma quando devo giocare tre partite a settimana è impossibile perché ci vuole tempo per recuperare.
Io sono il tuttofare della casa(ride, n.d.r.). Abbiamo anche la cucina, molto semplice. Io non sono molto bravo a cucinare. Qui si mangia molto bene, il riso è molto buono. Bisogna stare sempre attenti a non aumentare di peso. È più semplice in vacanza. Poi ogni calciatore è diverso. Io quando sono in vacanza non sono particolarmente attento. Mi rilasso, ne approfitto per cercare di staccare dal calcio e divertirmi come tutti gli altri esseri umani. Cerco di mangiare e fare un po' quello che voglio. Nel ritiro pre-stagione poi i chili in più li perdi velocemente. La preparazione in Italia me l'aspettavo molto peggiore, ma ho corso comunque tanto.
Abbiamo avuto anche un allenatore a cui piace giocare tanto e fare molte sessioni di allenamento con il pallone. Ma non ho intenzione di lamentarmi. La mia routine? La cosa più bella per un essere umano è quella di poter creare e avere la sua famiglia, crescendo il proprio bambino insegnandogli i suoi valori. Oltre il calcio siamo persone come le altre, è importante per me vivere certi momenti. Superstizioni pre-partita? Io no, non sono superstizioso. Ci sono molti calciatori che le hanno, specie in Italia. Per esempio Romagnoli, quando sono accanto a lui nelle sedute video, mette sempre la sua bottiglietta esattamente al posto giusto.
Io glielo faccio apposta e gliela sposto con le ciabatte. Facciamo tutto sempre senza mancare di rispetto ai propri compagni. Avevo già giocato contro la Lazio con il Marsiglia, sapevano già chi e come fossi. Alla Lazio sono stato accolto benissimo dalla gente del club, dai miei compagni e dai tifosi. Mi sono sentito a mio agio subito. Questo ha facilitato il mio inserimento, ho sentito davvero l'amore che mi hanno dato e per questo voglio dare tutto sul campo per questa squadra. L'aspetto mentale per me è fondamentale, bisogna avere la voglia di vincere sempre e di essere il migliore in campo per aiutare i propri compagni.
Questo è quello che ti aiuta quando giochi male o stai vivendo un brutto periodo. Io credo sempre in me stesso, so dove voglio e dove posso arrivare. Resto me stesso, al naturale. Sono molto competitivo, voglio essere sempre il migliore e questo crea tante emozioni positive e negative durante le partite e in allenamento. Ma anche quando giochiamo a ping-pong o a biliardino. Sono fatto così, gli altri lo sanno. Ovviamente anche in famiglia e con gli amici voglio vincere, ma sempre ridendo. È diverso da una partita di calcio di alto livello dove conta il risultato.
Le mie qualità? Parlatene con Emery, Sampaoli, Sarri o Deschamps, che sono grandi allenatori che hanno vinto molti trofei che hanno visto qualcosa in me. Loro conoscono il calcio e vedono le caratteristiche e i difetti di ogni calciatore, dipende dalla visione di ogni persona. Non posso fare io certe analisi, ci sono delle cose che magari al resto del mondo sfuggono. Nazionale? Devi sempre essere nella forma migliore possibile, soprattutto quando raggiungi il traguardo della convocazione. Nel club non puoi sbagliare, così con la Francia. Si tratta di una delle migliori squadre del mondo, dei più grandi giocatori: hai un certo status e devi rispettarlo.
Ti convocano perché te lo meriti, hai delle qualità e il tuo lavoro viene ricompensato. Ci sono parecchi giocatori forti con i piedi. Ma non basta: se non lo sei con la testa alla fine non ce la fai. Poi non si sa mai cosa accade nella vita di ognuno. Quando ero giovane era solo un sogno, poi è diventato un obiettivo. La prima volta che mi hanno chiamato avevo vent'anni, ero all'Arsenal. Sono già cinque anni che sono in Nazionale, ho giocato tante partite e conosco tutti molto bene. L'obiettivo con la Francia è essere presente per il futuro e aiutare i compagni. Prima di tutto però devo fare bene con il mio club, la cosa più importante è avere continuità in campionato e in Europa.
E poi anche dare il meglio in Nazionale una volta che sei lì, anche se sono due cose diverse. Social? Li guardo in generale, ma non su di me. Molti giocatori stanno sempre lì a vedere cosa si dice su di loro. Bisogna essere forti mentalmente sotto questo punto di vista, ci sono dei periodi che sono davvero molto difficili. Anche in campo si parla molto, sia in partita che in allenamento. Ce se sono tanti che parlano male, anche gli arbitri. Bisognerebbe mettere un microfono, alcune cose a volte sono un po' al limite. Se noi diciamo qualcosa di sbagliato prendiamo il rosso, mentre loro sono tranquilli(ride, n.d.r.).
Il derby? Appena arrivi alla Lazio subito tutti i tifosi te ne parlano, anche mesi dopo. È una partita molto sentita per loro, la più importante. Giochi contro la tua rivale principale, è come se ti giocassi il dominio di Roma fino al prossimo derby. Si vive e si sente sin dall'inizio con i tifosi, le persone del club e i compagni che stanno qui da più tempo che te ne parlano. Sarri, che di partite di grande valore ne ha viste tante, ci disse che il derby era quella più importante che ha vissuto, soprattutto per la passione dei tifosi. Per questo bisogna sempre fare risultato.
Giocando poi nello stesso stadio hai una parte dei tifosi della Roma e una della Lazio. Metà e metà, quindi c'è inevitabilmente un'atmosfera elettrica. Quando vinci ti senti davvero molto felice e orgoglioso, c'è la percezione di aver fatto qualcosa di importante per i tifosi. Quando perdi invece i giorni successivi sono molto difficili. Il derby di Roma è simile ai grandi classici come PSG-Marsiglia o Lione-Marsiglia perché i giocatori vogliono far vedere chi è più forte. C'è tanto stress e frustrazione a causa dei risultati. Dybala? È una partita di calcio importante, c'è molto nervosismo e frustrazione per il risultato. Io ero molto arrabbiato, l'ho preso per la faccia. Non avrei dovuto farlo.
Sono cose di campo. Lui ne ha approfittato per mostrare i suoi parastinchi della vittoria del Mondiale. Poi non lo so cosa aveva sopra, non ci ho fatto caso. Poi tutto il resto sono cose che accadono e che si dicono. Nel campo viviamo di emozioni forti e a volte è difficile controllarle. Quando ero al Marsiglia mi hanno dato un'identità che mi si addice molto, anche perché sono molto orgoglioso e felice di essere passato lì e di quello che ho fatto. Mi sarebbe piaciuto vincere un trofeo lì. Fin dall'inizio ho sentito subito un grande feeling con il Marsiglia e con i suoi tifosi che mi hanno accolto e dato fiducia e amore. Mi sentivo molto bene sia professionalmente che privatamente.
Questo mi dava ancora più voglia di dare tutto e di spendermi per la maglia del Marsiglia, e penso che sia quello che ho fatto. Stavo molto bene lì, ridevo ogni giorno ed ero molto felice. Quest'anno, a livello di qualità tecnica, Greenwood è sopra la media. Ha avuto un impatto pazzesco. Non sapevo che giocasse bene anche con il piede destro, cosa che è rara per un mancino. La Lazio lo voleva quest'estate, è un peccato che non sia venuto. Ma sicuramente è un ottimo giocatore per il Marsiglia.
De Zerbi? Allenatore eccezionale, come giocatore è sempre bello imparare da grandi tecnici come ho avuto modo di fare nella mia carriera. Così facendo si diventa per forza una persona e un calciatore migliori.Ritorno al Marsiglia? Tutti sanno che lo porto nel cuore. Oggi però sono molto felice alla Lazio, sono appagato sia nella vita professionale che personale. Sta andando molto bene, abbiamo una grande squadra. Ma ho intenzione di fare grandi cose con la Lazio, poi vedremo cosa accadrà più avanti in futuro. In ogni caso oggi sono felice dove sono".
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