- Lazio News
- Calciomercato
- Rassegna Stampa
- Serie A News
- Pagelle
- Primo Piano
- Video
- Social
- Redazione
news
Gila
Roccioso, affidabile e forse una delle più belle scoperte degli ultimi anni in casa Lazio. Arrivato avvolto dal mistero, ci ha messo tempo prima di conquistare il campo ma una volta trovato non l’ha più lasciato. Mario Gila si confessa sulle colonne di Repubblica, queste le parole del biancoceleste: “Il Real era il club dei miei sogni, il numero uno al mondo. Nel giro di due stagioni, dai 16 ai 18 anni, mi sono ritrovato dal settore giovanile di una piccola società, il Mollet, a un’ora da casa mia, all’Espanyol e poi all’accademia del Real. Un salto complicato da gestire per un giovane che non è cresciuto nel vivaio di una big”.
E lei come l’ha gestito?
“Pensando ai miei genitori. Mio padre lavora in una compagnia automobilistica, mia madre in un’azienda di energie rinnovabili, loro mi hanno insegnato a non perdere mai il contatto con la realtà, a non ingannare me stesso”.
A 21 anni Ancelotti l’ha fatta debuttare nel Real.
“Il suo calcio è semplice, i difensori difendono e gli attaccanti devono fare gol. In più Ancelotti ha la capacità di creare amore all’interno del gruppo, hai un amico in più nello spogliatoio. E in questo oggi Baroni me lo ricorda molto”.
Cos’ha Baroni di speciale?
“L’umiltà. Ci sono tecnici che dicono subito 'qui comando io' e si comportano di conseguenza. Lui è diverso, ti vuole bene, coinvolge tutti, comprende le necessità di ciascuno di noi. Ecco perché nella Lazio chi entra dà sempre il 100%”.
Ma almeno lei si aspettava la Lazio così in alto dopo 12 giornate?
“Sinceramente no. Venivamo da una stagione difficile, due allenatori si sono dimessi, non pensavo che i risultati sarebbero arrivati così presto. Quest’anno possiamo realizzare qualcosa di bello”.
Siete a un punto dalla vetta.
“Capisco dove vuole arrivare. No, lo scudetto è un concetto lontano: non dico che sia impossibile, ma la squadra non è stata costruita per quello. Dobbiamo cercare di tornare in Champions. E in ogni caso sono convinto che possiamo vivere una stagione importante”.
È riuscito a dormire dopo l’autogol contro la Juve?
“Sì, sono cose che possono succedere. Però ringrazio i tifosi della Lazio, il loro sostegno dopo quell’episodio è stato decisivo”.
Con Sarri, due stagioni fa, lei ha vissuto un momento difficile.
“Non ho giocato per più di un anno, non mi dava fiducia. All’inizio l’ho presa male, ero arrivato alla Lazio con tante aspettative ed è stata dura, mi ero intristito, mi sentivo in un tunnel. In quel periodo ho avuto bisogno dell’aiuto di uno psicologo, è stato fondamentale, mi ha insegnato a vedere le cose in modo positivo. Sarri aveva le sue ragioni, non ero un top e dovevo crescere, ora lo ringrazio perché mi ha insegnato tanto a livello tattico. Sono maturato parecchio da allora”.
Però De La Fuente, il ct della Spagna, continua a trascurarla.
“Giocare con la Spagna resta un mio obiettivo. Aspetto una chiamata, spero che prima o poi arrivi. Ma vedo il positivo, come nel caso di Sarri (sorride, ndr): significa che devo migliorare ancora, lavoro ogni giorno per diventare più forte”.
Un pregio e un difetto di Gila.
“Il primo: la ferocia nel vincere i duelli individuali, lo spirito competitivo. Il secondo: l’eccesso di sicurezza mi porta a commettere qualche errore. Nel Castilla mi capitava spesso, ora molto meno”.
Il Real incasserà il 50% della sua eventuale cessione: lei può lasciare la Capitale?
“Io sono felicissimo qui: voglio aiutare la Lazio a qualificarsi per la Champions e a vincere trofei. Poi certo, il mio futuro è lì, a Madrid, ma c’è tempo: tra l’altro la mia idea è tornare al Real quando sarò pronto per fare il titolare”.
Lo sa che Baroni giocava nel suo ruolo, difensore centrale?
“Ho visto dei filmati, era bravo eh. Ha segnato pure il gol del secondo scudetto nel Napoli di Maradona. È un privilegio avere un allenatore con tanta esperienza, ogni giorno mi aiuta a migliorare”.
La Spagna nel cuore, il dramma di Valencia negli occhi.
“Quello che è successo è stato un dramma per tutti noi spagnoli, lo porteremo dentro di noi per sempre. Nel momento più buio, io ero a Como con la Lazio: avevo preparato una maglietta con una dedica, l’avrei mostrata se avessi segnato. Ma il popolo salva il popolo, io credo in questo concetto e sono convinto che a Valencia andrà così”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA