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Fabiani
Il direttore sportivo della LazioAngelo Fabiani è intervenuto oggi ai microfoni dei canali ufficiali della società. Queste le sue parole. “Come tutti sanno sono arrivato occupandomi della Lazio Primavera e della Women, dopo aver fatto una scelta di vita e aver girovagato per tanti anni tutta Italia. Poi ho metabolizzato, anche se è stata una scelta un po’ sofferta avendo lavorato sempre con i grandi, di mettere a disposizione la mia esperienza nella Primavera e nella Lazio Women, con cui già avevo avuto un’esperienza mentre giocava ancora Carolina Morace. Sono due squadre che lo scorso anno ci hanno dato ottime soddisfazioni, peccato che per un punto la Women non sia salita in A. Ma il format è particolare, con una sola promozione e uno spareggio con una squadra di Serie A. Speriamo di avere un po’ più di fortuna quest’anno, anche perché la Women merita grossa attenzione.
La proprietà e la società stanno investendo, e non poco. Vorremmo vedere anche la squadra femminile andare nella categoria che più le compete per blasone e storia. Per quanto riguarda la Primavera non faccio fatica a nascondere che quando sono arrivato le cose non andavano così bene, anzi: tutt’altro. Aspettai sei o sette domeniche prima di intervenire perché mi piace capire le cose prima di agire. Bisogna avere conoscenza prima di ciò che si deve fare, perché altrimenti si rischia di peggiorare ulteriormente il percorso di una squadra. Sulla Primavera tutti mi dicevano che stentava a salvarsi dalla Primavera 2 e ora sta facendo molto bene in Primavera 1.
Lo scorso anno avevamo nove punti di ritardo sul Pisa alla settima giornata, poi abbiamo istituito un metodo che ha portato gli stessi giocatori a fare un buon percorso anche in Primavera 1. Siamo ai quarti di finale di Coppa Italia e abbiamo tutte le carte in regola per fare un percorso straordinario. La Lazio Women? Era competitiva anche lo scorso anno, ma il calcio è fatto di centimetri: a volte si vince per poco, altre si perde. Ma la soddisfazione principale di tutto il nostro ambiente è che di settimana in settimana si nota una crescita mentale propensa verso la vittoria, verso la voglia di dare sempre il massimo. E questo vale più del risultato in campo. Sta cambiando un po’ l’aspetto mentale.
Notavo un qualcosa come se la società Lazio dovesse stare al servizio del singolo tesserato. E questa è la cosa più sbagliata in una società di calcio, semmai è l’esatto contrario. Soltanto così si possono raggiungere dei risultati importanti e acquisire quella mentalità vincente, perché tutto ruota intorno a questa voglia di conseguire un risultato. E ogni volta in cui a malincuore si deve sollevare un tecnico o mandar via un calciatore è una sconfitta per un dirigente. Ma io ho provato da sempre a far valere il concetto del bene comune: il gruppo al di sopra del singolo, è l’insieme che ti porta a raggiungere traguardi inaspettati. E questo è il metodo che il settore giovanile sta pian piano ricevendo. Il nostro settore giovanile deve riprendersi un ruolo da protagonista nel calcio italiano, non vivacchiare, per poi tornare a portare prodotti del vivaio in prima squadra.
Anche Lotito questo lo ha capito, anzi ha insistito dopo una mia provocazione sull’importanza della scuola calcio. Ogni dirigente ha un suo metodo, non sta a me giudicare quale è giusto e quale sbagliato. Mi ha sorpreso però l’avere molti ragazzi provenienti da fuori regione e non erano tra i migliori del vivaio, né tra i migliori di quelli che offre Roma. La domanda spontanea è: perché investire denaro fuori dalla regione quando nel Lazio abbiamo tanti giocatori che possono fare al caso nostro? Non a caso molti giocatori laziali finiscono poi nelle società del nord. Noi dobbiamo essere bravi allora a fare scouting nei settori giovanili del territorio. Ho messo due o tre persone al lavoro, più molti segnalatori che ogni weekend guardano diverse gare. Noi fino a oggi abbiamo fatto una cosa come ottocento provini tra Green Club, Borghesiana e Formello, per prendere il meglio su Roma.
Questo non significa che un calciatore importante fuori regione non ci interessi, anzi. Ma prima la proposizione era un po’ troppo sbilanciata. La prima squadra? Chi come me ha vissuto il calcio in provincia di questi momenti ne ha vissuti tanti. C’è sempre un rimedio a tutto: finché c’è vita c’è speranza. Si tratta del famoso metodo, del famoso cambio di mentalità. L’essere consapevoli che la Lazio, in quanto società, tifosi e movimento calcistico, deve essere al centro di tutto e tutti, senza lasciare spazio a egoismi personali. E lo stesso concetto vale per le prime squadre che ho gestito. Questo è il secondo anno consecutivo in cui lavoro nella mia città. Sono nato a Roma, la mia famiglia e i miei figli vivono qui. So cosa significa il senso di appartenenza del tifoso laziale, quanto ci tiene.
So che ci vorrà tempo, che i cambiamenti radicali nell’immediatezza possono peggiorare. E allora bisogna intervenire con il bisturi e far capire come la società intende far vivere le attività che compie quotidianamente. Quando arrivai nel settore giovanile e nella Women impiegati sei o sette giornate prima di intervenire. Sono entrato a far parte della prima squadra un po’ curiosamente, avevo fatto un contratto che prevedeva l’essere ds di Primavera e Women e poi il presidente mi ha fatto aggiungere la prima squadra. Nella mia vita non ho mai fatto questo mestiere per denaro, ma per passione e per quello che questo mondo mi ha dato. Io sono un contadino prestato al calcio, sono abituato a seguire passo passo l’evolversi della crescita di una piantina. Ho una teoria un po’ tutta mia.
All’indomani della partita di Salerno, gara che volevo vincere particolarmente, decisi che era il momento di entrare con tutti i crismi all’interno dello spogliatoio. Non l’ho fatto prima perché da persona umile, dopo aver visto il percorso straordinario dello scorso anno, volevo capire. Le cose non si raggiungono mai per caso, non c’è stata solo fortuna. Il campionato dello scorso anno è stato straordinario e il secondo posto meritato. Per questo il mio senso di umiltà mi ha portato a gestire lo spogliatoio in modo diverso. Si trattava di un gruppo collaudato, certi equilibri non vanno mai alterati.
Dopo il ko di Salerno dissi: ‘A me l’aspetto tecnico non interessa, facciamo finta che io non capisca nulla. Ricordatevi però che sono un grande gestore di un gruppo. I successi in tutte le categorie che ho fatto sono arrivati perché avevo un gruppo importante e solido alla base, che non si dava mai per vinto’. È un po’ quanto successo con la Primavera: dopo il ko in Youth League mi incazzai, dissi che avevano perso per paura del blasone e qualcuno fu punito. Al ritorno abbiamo vinto 1-0 fuori casa. Anche con la prima squadra ho voluto rimarcare questo metodo.
Sarri? C’è una grande condivisione di tutto ciò che si fa. Alla base, tra presidente e mister, ho trovato un rapporto importante di rispetto reciproco. Io conosco Sarri dai tempi della Nocerina, sui campi sterrati, dai primi anni al Figline. So che è un cavallo di razza, un allenatore preparatissimo e un perfezionista. Oltre che un allenatore che migliora tantissimo i propri calciatori. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di vedere da vicino tecnici come Capello, Ancelotti (anche se l’ho battuto 2-1 a Milano contro il Messina) e altri mostri di allenatori come Marcello Lippi. Da questi ovviamente ho sempre tratto degli spunti positivi, rubando con gli occhi. E devo dire che Maurizio non è inferiore a questi allenatori.
Oggi siamo un po’ tristi, ma facciamocela passare questa tristezza. Di cose buone questo tecnico e lo zoccolo duro di cose buone ne hanno fatte. Tutti ai sorteggi del girone dicevano che fosse il gruppo più facile, ma di facile non c’è nulla a priori. E passare il turno con un turno di anticipo non è da tutti, come non era scontato il passaggio ai quarti di finale di Coppa Italia. Secondo me è mancato soltanto l’approccio mentale, la determinazione, l’ardore agonistico di affrontare anche le squadre meno blasonate senza andare a perdere quei sei, sette o otto punti che oggi avrebbero dato un significato diverso alla stagione della Lazio. Ora lo sforzo maggiore è rivolto al campionato e se lo spirito sarà quello mostrato contro Atalanta, Torino e Inter fino a fine campionato potremo scalare posizioni in classifica.
Si tratta di ragazzi che somatizzano molto la sconfitta, sono i primi a essere dispiaciuti. Dispiace però registrare qualche voce fuori dal coro. Le analisi vanno fatte però a fine stagione, con promossi e bocciati come a scuola. Non penso che un professionista a certi livelli possa permettersi delle debolezze, sentirsi appagato. Se così dovesse essere, allora sicuramente verrà fuori quel famoso metodo. Ma oggi non ci sono queste avvisaglie, questa necessità. Io però i bravi ragazzi li voglio come avversari, quando in uno spogliatoio c’è dibattito e critica costruttiva io lo preferisco sempre i bravi ragazzi. Il rinnovo di Luis Alberto? Esistono due tipi di calcio, quello giocato e quello mediatico. Io devo pensare al primo, anche se poi ci sguazzo anche nel secondo.
Paradossalmente, un giocatore a scadenza da il 300% perché si deve riconquistare la pagnotta, il rinnovo. E quindi dovrebbe offrire delle performance superiori a chi ha due o tre anni di contratto. Ma si tratta di situazioni di contorno senza riscontro, che fanno parte del calcio mediatico. Un rinnovo di contratto, un adeguamento, non è dato per statuto. Lo si concerta tra le parti e non per questo, se non dovesse arrivare, un professionista che si ritiene tale può venire meno ai suoi obblighi. Finché c’è un contratto tutte le parti hanno degli obblighi a cui ottemperare. Ma questo non è il caso dei giocatori della nostra rosa: da quando sono qui non ho mai sentito nessuno lamentarsi del contratto e vivo quotidianamente con i calciatori. Figuriamoci poi in un momento complicato.
Ho sentito e letto del nostro capitano, di Immobile, è una persona che stimo tantissimo e che conosco dalla scuola calcio. A me ha sempre fatto trasparire di voler rimanere alla Lazio e finire qui la sua carriera, avere anche un ruolo dopo il calcio giocato. Credo che lui possa dare ancora tanto a questa società. Ricordiamoci che se la Lazio ha ottenuto risultati eccellenti gran parte del merito è stato di Immobile. Sentire oggi Emirati Arabi, Marte o Plutone fa parte del calcio mediatico. Ma questo dovrebbe prestare attenzione, perché a volte potrebbero mettere di malumore il professionista, che è sempre un uomo sposato con figli che vanno a scuola. A volte servirebbe un lato un po’ più sensibile su alcuni temi: il calciatore è un uomo come tutti quanti noi.
Quando scende in campo davanti a 60mila spettatori vive uno stress straordinario, serve sempre rispetto quando le cose non vanno per il meglio. Sappiamo poi quale sia la vita di una punta, ma quello che conta è l’impegno. Parlo di Ciro come capitano, ama questa maglia, la Lazio e la società. Mi dispiace registrare e leggere alcune situazioni che feriscono. A volte verificare una notizia con i diretti interessati sarebbe molto meglio piuttosto che affidarsi a quello che ci raccontano i procuratori. Il calcio rispetto a trent’anni fa è cambiato radicalmente. Prima c’erano le due società che acquistavano e cedevano, poi il procuratore che si occupava però solo della parte burocratica del contratto.
Oggi invece ci troviamo di fronte a tante piccole società: non c’è la Lazio che compra dal Real Madrid, ma minimo quattro o cinque società da mettere d’accordo. E ognuno per la propria parte tira l’acqua al proprio mulino. Io, procuratore, devo guadagnare dal mio mestiere. E così tutte le altri componenti. A volte si fanno veicolare notizie false e tendenziose destituite da ogni fondamento. A volte i calciatori stessi rimangono un po’ sorpresi. Ma so perfettamente chi fa queste cose, perché e a quale scopo. Se la Lazio è da qualche anno meta ambita non vedo perché poi sia necessario invertire la rotta. Ci sono interessi che vanno al di là della volontà di questi giocatori. Nei colloqui, negli sfottò con Ciro o altri giocatori nessuno ha mai manifestato la voglia di lasciare la Lazio.
Poi a volte, presi dalla rabbia e di ira, possono essere dette certe cose. Ma un conto è ciò che una persona dice, un altro ciò che pensa. Credo di sapere cosa pensa Immobile, di rimanere nella Lazio e fare ancora il capitano dando molto alla causa. Di note positive in questa stagione ce ne sono molte. A inizio stagione ci siamo posti il quesito, il problema di dare forza al gruppo o delegittimare il gruppo. Chiunque avesse smembrato la squadra dello scorso anno sarebbe stato da internare. Serviva un vice Immobile? Bisognava andare a cercarlo: abbiamo investito su un ragazzo che sta facendo intravedere ottime cose, ma che un periodo di adattamento serva un po’ per tutti. E credo che Castellanos farà molto molto bene così come Isaksen, Guendouzi, Rovella. Una volta si comprava dalla Lazio, ora è la Lazio a comprare dalle altre.
Come si poteva smantellare una squadra che aveva fatto qualcosa di straordinario? Non si doveva stravolgere il gruppo perché era andato via Milinkovic. Abbiamo fatto un’operazione mirata nel tempo. Abbiamo preso ragazzi giovani, con esperienza a livello internazionale. Abbiamo provato ad ampliare la rosa con investimenti che possono dare dei frutti a medio-lungo termine. Tutto ha un inizio e tutto ha una fine, arriverà il giorno in cui molti giocatori smetteranno di giocare a calcio e c’è bisogno allora di farsi trovare pronti con giocatori presi anzitempo, per dar modo di capire cosa sia il mondo Lazio. Le critiche costruttive? Ci stimolano a fare sempre meglio. Il punto non è fare i conti in tasca alle spese delle altre squadre guardando al mercato fatto. Le cose vanno fatte sempre in due, chi ha detto che la Lazio non abbia trattato certi giocatori? Non sempre le cose si riescono a fare.
I prodotti del vivaio? Intanto bisogna costruire elementi che possano andare a giocare in prestito. Stanno andando bene quest’anno Bertini, Furlanetto, sta giocando anche Floriani. Adamonis sta facendo bene, lo vorrebbe una società di Serie B. Ci sono giocatori che si stanno facendo le ossa in altre squadre. Poi è chiaro che più crescono Primavera e settore giovanile, più ci sono le richieste dalle altre società per prendere i nostri giocatori. Dia? Ottimo giocatore, poi bisogna capire gli equilibri di inserimento in un gruppo collaudato come quello della Lazio. Oggi stiamo parlando in termini un po’ negativi perché ci mancano sei o sette punti, che avremmo anche potuto fare. Noi abbiamo perso punti per strada forse inconsapevolmente: potevamo tranquillamente avere qualcosa in più e stare in zona Champions.
È necessario ripartire dall’ottima prova fornita con l’Inter, già la gara di venerdì sarà difficile su un campo ostico. Lì dobbiamo scendere in campo come fatto contro l’Inter, solo così possiamo recuperare il terreno perduto nella prima parte di campionato. Sana Fernandes? È un giocatore dotato di una straordinaria tecnica negli ultimi 15-20 metri, ma deve lavorare ancora dal punto di vista fisico: quando le distanze si allungano può trovare ancor difficoltà. Ma nell’ultima porzione di campo, sulla prima e seconda giocata, potrebbe giocare già in Serie A. Nel salutarvi, faccio gli auguri a tutto il popolo biancoceleste e a tutti i nostri tesserati”.
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