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Ledesma
È rimasto indissolubilmente legato alla storia della Lazio da pilastro della squadra biancoceleste tra il 2006 e il 2015. Ha alzato la Coppa Italia nel 2009 da capitano, ha bissato il successo ancora da capitano nell’indimenticabile 26 maggio 2013. Per parlare della Lazio attuale e non solo, allora, Cittaceleste ha contattato in esclusiva Cristian Ledesma. L'ex capitano biancoceleste è intervenuto su Cittaceleste TV - canale 85 del digitale terrestre - durante Io tifo Lazio, condotto da Lorenzo Beccarisi e Valerio Marcangeli.
Che impressione ti sta facendo Cataldi?
“Molto bene, penso sia cresciuto molto in un ruolo che non era il suo. Sta riuscendo a interpretare al meglio quel ruolo e quello che gli chiede l’allenatore. Sta facendo un ottimo campionato, sono contento per lui. Sono molto contento però perché non viene esaltata la sua crescita e le sue performance. Ma sono molto contento per lui e per la Lazio, sta diventando un giocatore molto importante per la Lazio”.
Ti aspettavi questa crescita?
“Mi aspettavo una crescita a livello personale, non tantissimo in quel ruolo però. Qualche anno fa l’ideale per lui era giocare a due a metà campo. Ma facendo il regista con continuità mi ha sorpreso, ma soltanto per il ruolo: non ho mai avuto dubbi delle qualità di Danilo. Speravo per lui che avesse quello che ha oggi: un ruolo importante da protagonista nella Lazio”.
Che impressione ti ha fatto Marcos Antonio?
“Ha giocato talmente poco fin qui che non mi sento di dare un giudizio adesso, ma Sarri penso che giustamente lo stia portando piano piano ad abituarsi a quello che è il calcio italiano. È molto diverso per ritmo e per modo di giocare da quello da cui arriva lui. È la strada fatta anche da Basic lo scorso anno, quasi un anno di apprendistato giocando poco”.
Che ne pensi della situazione legata a Luis Alberto?
“Difficile dire se ci sia feeling o meno con Sarri se non vivi all’interno dello spogliatoio. Il rapporto lo sanno loro, la squadra e i dirigenti. Era ed è un giocatore importante, bisogna vedere se anche lui riesce a trovare continuità. Quando si mettono in mezzo i discorso di livello umano vengono a mancare i discorsi sul campo. Bisogna capire se sia riuscito o meno a essere continuo nelle prestazioni e secondo me in questo campionato non è riuscito. Questo è quello che vedo da fuori, poi è difficile dire cosa accade all’interno”.
Per Milinkovic è arrivato davvero il momento di puntare all’élite del calcio europeo?
“Anche nei momenti peggiori della Lazio è sempre stato il migliore nel dare qualcosa in più dal punto di vista tattico. Non si è mai abbassato il suo livello, è cresciuto, bisogna vedere quali sono le sue aspirazioni e la sua idea. Ma da laziale spero che la sua idea si quella di continuare a essere protagonista in questa squadra, pur sapendo che può essere protagonista in un club di alto livello. Ma se vai in quelle squadre diventi uno dei tanti, qui sei l’attore protagonista.
Queste sono tutte domande che magari si fa un giocatore quando arriva a quel tipo di livello dove è lui. Poi bisogna vedere per cosa spingono la famiglia, il procuratore e la società. Ci sono tante dinamiche, dal mio punto di vista può far parte di una squadra internazionale che sia superiore alla Lazio, ma la speranza è che possa rimanere”.
Il gol sotto la sud al primo derby, l’esultanza con Manzini in lacrime il 26 maggio. Sono quelli i momenti più importanti della tua esperienza in biancoceleste? Che emozioni hai quando ci ripensi?
“A ripensarci anche adesso mi sta venendo la pelle d’oca. È sempre un enorme piacere, sono un po’ monofaccia, sembra che non sono felice. Ma quando mi ricordano queste cose l’emozione mi arriva dentro e fa sempre piacere. Sono tanti i momenti belli: le Coppa Italia, la prima partita con la Lazio, il gol. Ma a me nel bene e nel male mi ha segnato quel periodo fuori rosa. Lì mi sono affezionato molto di più a quello che è il tifoso laziale. Sono stati mesi importantissimi per me: nel momento più brutto della mia storia calcistica giocata i tifosi della Lazio mi hanno fatto capre che io potevo contare su di loro.
Il gol nel derby non si dimentica mai, difficile farlo capire a chi non lo gioca e non segna. Anche la Coppa Italia è stata una cosa unica, è durata un mese per noi. Ma mi piace ricordare quel momento lì perché nella sofferenza ho conosciuto la vera anima del tifoso laziale. Quando stavo ogni domenica sul divano ho conosciuto l’amore del tifoso laziale che ti conosce e ti apprezza per quello che sei”.
Quanto è stato importante per la tua carriera giocare in Champions? La Lazio di Sarri può tornarci?
“Importantissimo: quando arrivi lì ti rendi conto di aver lavorato per arrivare a fare quelle partite. Quando ti trovi lì, nella prima partita col Real Madrid in casa, mi è venuto in mente quando i miei genitori non avevano i soldi per i parastinchi, per gli scarpini, mentre suonava la musica della Champions. La Lazio ce la può fare, ha un anno in più di lavoro con Sarri. Numericamente è più ampia, forse non molto ancora dal punto di vista del livello. Bisogna vedere se la Lazio avrà bisogno quest’anno di quei giocatori che mancano o se, senza infortuni grossi, con il lavoro di Sarri e dei giocatori si avrà la continuità tale per arrivare nelle prime, lì dove è adesso”.
È sbagliato dire che la partita in casa con l’Olympiakos sarebbe quella che vorresti rigiocare con la Lazio?
“Sì, è una di quelle partite che mi piacere rigiocare. Vorrei giocarla con lo stadio pieno, con l’entusiasmo alle stelle che è arrivato poi qualche anno dopo. Quelli erano anni di conflitto intensi con la dirigenza. Ma non ne faccio una colpa dei tifosi. In ogni caso mi piacerebbe rigiocarla: vincendo avremmo passato il turno e saremmo andati a giocare se non sbaglio contro il Chelsea, capitarono loro all’Olympiakos. Sarebbe stata tutta un’altra cosa. Così come uscire con il Benfica, come capitò al Fenerbahce quando uscimmo contro di loro in Europa League, sarebbe stata tutta un’altra cosa”.
Ti aspettavi di avere un incarico in società?
“No, aspettare no. Non sono mai stato uno con quelle pretese. Io voglio dare prima di ricevere. Ma mi piacerebbe sicuramente un giorno lavorare come allenatore nella Lazio. È un sogno, è stato un sogno e per ora rimarrà un sogno. Ma sono sicuro che un giorno arriverà questo momento. Intanto sto facendo questa esperienza importantissima, una grande opportunità, a Frosinone. Era quello che volevo dopo aver allenato nei Dilettanti e in Eccellenza. Volevo iniziare nel settore giovanile professionistico e ce l’ho fatta. Sono contento perché mi piace sempre di più fare l’allenatore. Nei miei sogni e nei miei desideri c’è comunque il sogno di allenare un giorno il settore giovanile, la Primavera o arrivare a far parte della Lazio. Sono convinto nella testa che prima o poi arriverà”.
Riguardo il Mondiale, per l’Argentina non è iniziata benissimo. Può vincere il Mondiale? Chi vedi tra le favorite?
“La partita ha dimostrato che l’Arabia Saudita non è una squadra da sottovalutare. È organizzata, agguerrita e aggressiva. Non è da sottovalutare, ma non penso che l’Argentina l’abbia fatto. Credo non sia riuscita a fare le scelte giuste, con tanti fuorigioco. È mancata nel dare un altro schiaffo, nell’andare al riposo 2-0. Il secondo tempo non l’ho visto, ma mi hanno detto che l’Arabia Saudita ha avuto 15-20 minuti di aggressività importante e ha vinto la partita. Ma sono tante le nazionali che hanno perso la prima e poi sono andate avanti. L’Argentina ha le qualità per andare in fondo: ormai da qualche Mondiale non si vince più solo con i nomi”.
Da quale giocatore della Lazio ti aspetti un contributo importante alla ripresa del campionato?
“Da tutti. È recuperato Immobile e anche chi è andato al Mondiale può recuperare bene perché c’è tutto il tempo per recuperare la forma. Spero in immobile e nel suo ritorno: l’infortunio ha pesato alla Lazio, ma anche a lui. Spero che ritorno con il suo livello e i suoi numeri, che negli anno hanno sempre fatto la differenza alla Lazio”.
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