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Felipe Anderson, Immobile e Zaccagni
Il derby è stato un po’ un riflesso della stagione della Lazio: una squadra a fasi alterne, che si infiamma all’improvviso, ma a cui manca sempre un pizzico in più per fare il salto. D’altronde la classifica che restituisce la stracittadina dice qualcosa del genere: il punto impedisce ai biancocelesti di fare un salto in classifica verso il quarto posto ma, al tempo stesso, li tiene ancora aggrappati al treno che conduce all’Europa che conta. Servirà uno sprint dopo la sosta con un calendario più agevole e con alcune certezze ritrovate. In primis, quelle legate alla solidità difensiva. Valore aggiunto della passata stagione.
Per una difesa che ritrova lucentezza – solo 1 gol subito nelle ultime 4 gare di campionato e, considerando la Champions League, 3 clean sheet nelle ultime 4 sfide – c’è un attacco ancora spuntato. La Lazio ha segnato solamente 13 gol in 12 gare di Serie A lo scorso anno, allo stesso punto del campionato, erano già 24. Ma sono proprio le occasioni da gol a latitare: 51,2 tiri nello specchio nella passata stagione; solamente 42,7 quest’anno. Crollo anche in termini di Sarri ball: la media passaggi di quest’anno segna 18 a partita; l’anno scorso erano 21; l’anno prima ancora 30.
Insomma, bisogna recuperare la linfa offensiva che fa solitamente rima con sarrismo. È un po’ un cane che si morde la coda: gli esterni sono poco nel gioco e concedono pochi rifornimenti a Ciro Immobile che, in difficoltà di prestazioni, non aiuta gli esterni ad esprimersi. Sarri deve trovare il bandolo che sbriglia la matassa e recuperare quel bel gioco offensivo che – misto ad una difesa bunker – ha portato la squadra al secondo posto. Serve sprigionare la bellezza, ritrovare un po’ pazzia, di follia offensiva. In una sola parola: serve il sarrimo. È la locura, Maurì, la locura. Se la acchiappi, hai vinto!
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