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Calzona
Francesco Calzona, vice di Maurizio Sarri dal 2007 al 2018 e attuale cittì della Nazionale slovacca, ha raccontato com'è nato il suo rapporto con il tecnico biancoceleste a Cronache di Spogliatoio. I due hanno condiviso tutta la gavetta e anche il palcoscenico della Serie A con l'Empoli e il Napoli. “Sarri l'ho conosciuto tramite un amico comune che me lo ha presentato. Lui lavorava in banca, faceva il promotore finanziario” - racconta Calzona - “Il nostro rapporto è nato così, era una questione di interessi. Ma c'è stata subito alchimia: non parlavamo mai degli interessi, parlavamo solo di calcio per 3-4 ore e si è creato un rapporto più profondo”.
“Ricordo molto volentieri quegli anni: lavoravo in un'azienda che produceva caffè a conduzione familiare. Mi hanno permesso di giocare o allenare nonostante avessi questo lavoro. Ho iniziato ad allenare subito dopo aver smesso di giocare. Sono partito dalla Castiglianese, in promozione. Abbiamo fatto un ottimo campionato, poi altro anno in un'altra squadra” - prosegue - “E poi ho deciso di fermarmi ma avevo sempre contatti con Maurizio perché avevamo un rapporto di amicizia. Mi ha chiamato per raggiungerlo nel suo staff: il primo anno ho detto di noi, poi nel secondo anno mi sono deciso e ho iniziato una collaborazione che è durata per 13 anni”.
Fu Calzona a consigliarlo alla sua vecchia società in cerca di allenatore: “Giocavo in eccellenza, uno dei miei ultimi anni. Lui era senza squadra, era il mio promotore finanziario e parlavamo sempre di calcio. In quel momento hanno allontanato il nostro allenatore e mi avevano affidato la squadra ma io volevo solo giocare. Così ho fatto il suo nome e da lì è partito tutto” .
Una cosa che li accomuna è la scaramanzia, come ricorda Calzona: “Ricordo che una volta ho sbagliato strada a Napoli, allungando di 15 chilometri per tornare a casa. Abbiamo vinto 5-0 col Brugge in Europa League: rifacevo quella strada ogni volta per tornare a casa. Questo è stato l'estremo, è durato per circa 2 anni. Maurizio è molto scaramantico, mi ha un po' condizionato. Era schematico in tutte le cose: ripeteva le solite cose all'infinito. Per esempio si sedeva al solito posto il giovedì sera per fumare una sigaretta e tante altre cose che ora non ricordo”.
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