Assente all'allenamento della prima squadra, ma presente sui canali ufficiali. Marco Bertini si è raccontato alla rubrica "Il primo pallone non si scorda mai" ripercorrendo il passato e il presente da calciatore della Lazio: "Sono laziale grazie alla mia famiglia, anche se non tutti i membri seguivano il calcio così approfonditamente come me, mio padre e mio zio. Avevo 9-10 anni quando ho cominciato a giocare qui. Crescendo poi, la sento come mia e mi appartiene, ho un amore verso questa società".
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Lazio, Bertini: “Ormai amo questa società. Ecco cosa chiedo a me stesso…”
Indimenticabile l’esordio in Serie A contro il Sassuolo: "Al termine della gara con la Primavera mi è stato comunicato che avrei dovuto raggiungere la prima squadra. Ho dei ricordi molto belli del riscaldamento, c’era ancora Inzaghi che ci aveva mandati tutti a scaldare. Mi chiedevo: 'Chissà come sarà'. Ero molto emozionato. Non me lo immaginavo, non era facile prevederlo, ma è stata un’esperienza indimenticabile per me". E ancora: "In questi casi ti devi far trovare pronto quando vieni chiamato in causa sfruttando inizialmente quei pochi minuti che hai a disposizione. Devi dare tutto poi negli allenamenti e negli spezzoni per guadagnare spazio".
Su Inzaghi e Sarri: "Io posso solamente crescere e imparare da certi allenatori. Conoscono in calcio come pochi e il mister (Sarri, ndr) è un maestro in questo". Sulle caratteristiche da estrapolare dai compagni di squadra: "Da Immobile prenderei la facilità che ha di crearsi le occasioni, la fame davanti la porta. Da Cataldi la gestione della palla e la facilità di corsa. Non sembra, ma corre tantissimo. Da Luis Alberto la tecnica e le intuizioni uniche che ha solo lui". Poi sul percorso: "Ognuno ha il suo, ma alla fine conta dove si arriva, non i modi. Non so se sia meglio partire dal basso o trovarsi già in alto. A me stesso chiedo di dare sempre il massimo perché penso che poi nella vita sia importante vivere tutto così per non avere rimpianti".
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