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Luis Alberto
C’era una volta il super Saiyan, ve lo ricordate? Il guerriero della leggenda, con l'aura bionda, che nella sorpresa generale è diventato un titolare inamovibile dell’allora Lazio di Simone Inzaghi. Un biondo tremendo e bellissimo, che serviva al bacio un altro biondo – Ciro Immobile – con palloni da mettere solamente in rete. E quanti ne hanno messi, quei due. Ma le storie vanno avanti, i biondi tornano dai capelli neri e diventano ancora più forti. Qui siamo oltre il super Saiyan, siamo al livello dell’ultra istinto: quella tecnica di combattimento che consente, al guerriero, di muoversi un tempismo talmente perfetto e spontaneo da fare sempre la cosa giusta al momento giusto. E farla bene. Luis Alberto si è preso la Lazio ed è diventato il leader tecnico e morale della squadra di Sarri.
Anche morale, già. Perché Luis Alberto è diventato un vero e proprio leader: è quello che incita la squadra, che dà il 5 a tutti i calciatori prima di scendere in campo, che chiama ad alzare il baricentro, che dirige e bacchetta. E poi, con la sua di bacchetta, illumina e si fa luce con giocate che cambiano il volto della partita e la mettono su binari di vittoria. Il modo in cui ha illuminato a Sassuolo, con tanto di fascia al braccio, è la fotografia del suo God moment.
Luis Alberto è arrivato allo stadio dell’ultra istinto passando per tante sfide. La prima: raggiungere un’intesa amicale con Maurizio Sarri. Due caratteri così prendono fuoco facilmente, ma tanto facilmente s’intendono su ciò che conta: il pallone. Martusciello l’ha detto nel post-partita: è stato difficile andare d’accordo, ma eccoci qui. E poi c’è un paradosso: perdendo Milinkovic-Savic, Luis Alberto ha perso un interlocutore sublime con cui muovere il pallone, ma ha perso anche l’unico astro più luminoso del suo. Il Mago sembra essersi caricato anche il vuoto morale dell’assenza di Sergej ed assumere su di sé tutto il potere. Tecnicamente ed emotivamente. E che bel calcio che ne sta venendo fuori: giù il cappello per questo Luis Alberto!
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