Dopo le fatiche in nazionale è pronto a riprendersi e a guidare la mediana della Lazio. Prima, però, l’opportunità di raccontarsi sulle colonne della Gazzetta dello Sport, parlando anche della sfida disputata contro Rovella con la nazionale. Queste le parole di Matteo Guendouzi.
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Guendouzi: “Vorrei vincere con la Lazio. Sogno la Champions e con Rovella…”
Guendouzi, è proprio il caso di dire che il suo matrimonio con la Lazio sta facendo la fortuna di entrambi.
“Alla Lazio e nel campionato italiano mi trovo molto bene, sono soddisfatto della scelta fatta. Anche se sono qui da poco più di un anno credo di essere cresciuto parecchio come calciatore. Il vostro campionato è secondo solo alla Premier e, dal punto di vista tattico, è il massimo che ci sia. E questo, specie per un centrocampista, è un fattore molto importante”.
Deve essere anche il ragionamento che ha fatto, per richiamarla, il suo ct Deschamps, ex centrocampista che giocava in Italia.
“Non saprei perché non ho mai parlato con lui di questo. Ma sicuramente il ct, avendo oltre che giocato anche allenato in Italia, sa bene quanto sia difficile la Serie A e quanto si migliori a livello tattico”.
Il suo ritorno in nazionale è stato la ciliegina sulla torta di quest’ultimo periodo, anche considerando quanto sia folta e valida la concorrenza.
“Sì, la Francia può contare su tanti giocatori di grande livello. Da questo punto di vista penso che siamo la nazionale migliore al mondo. Solo nel mio ruolo ci sono campioni come Kante, Camavinga, Tchouameni, Rabiot, Zaire-Emery, Fofana. Non è facile essere convocati. Per me esserci è una soddisfazione enorme. Per ogni calciatore giocare per la propria nazionale è il massimo che ci sia, il sogno di bambino che si realizza”.
A proposito di nazionale. Vi siete ritrovati proprio contro l’Italia…
“È una partita alla quale tenevamo molto, specie dopo la netta sconfitta che avevamo subito in casa. L ’Italia è una squadra forte e dalla grande tradizione, non era facile vincere a San Siro con due gol di scarto. Ce l’abbiamo fatta grazie a una ottima prestazione. E così abbiamo cancellato anche le ultime prove che non erano state all’altezza della situazione”.
I suoi duelli con Rovella nel finale di gara hanno fatto trattenere il fiato ai tifosi laziali…
“Sì, Nicolò ha fatto un paio di interventi al limite su di me, ma giusto così perché la partita era importantissima. Ci abbiamo scherzato su alla fine. Ha tutto per diventare un top player ed essere in tempi brevi il miglior centrocampista italiano, anzi forse lo è già. È una fortuna giocare con lui nella Lazio. Insieme stiamo facendo cose importanti e potremo farne altre ancora più interessanti”.
Già. Questa Lazio non finisce di stupire. Ma come è nato questo piccolo-grande capolavoro?
“I meriti maggiori vanno a Baroni, non c’è dubbio. Ci ha dato un gioco bello ed efficace, in cui tutti attaccano e tutti difendono. Il mister è stato bravo a coinvolgere ogni giocatore della rosa. Ci ha dato entusiasmo, ma anche una organizzazione quasi perfetta. Sin dai primi giorni di ritiro abbiamo capito che si poteva andare lontano. Poi, quando sono cominciate le partite ufficiali, ci siamo resi conto che era esattamente come pensavamo”.
Dopo quasi un terzo di stagione siete primi in Europa League e secondi in campionato a un punto dalla vetta. Ma dove volete arrivare?
“Beh, innanzitutto dobbiamo restare con i piedi per terra perché siamo ancora alle battute iniziali e abbiamo avversari fortissimi sia in A sia in Europa. Detto questo, dobbiamo continuare così senza porci limiti. Di obiettivi meglio non parlare, però sono onesto: a me piacerebbe tornare in Champions, quindi dobbiamo cercare di arrivare tra le prime quattro. Non sarà facile, perché in Italia ci sono almeno 7-8 squadre che possono ambire a quel traguardo e inoltre la classifica è molto corta. Però abbiamo dimostrato di poter competere”.
E poi ci sono le coppe.
“Sia in Europa League sia in Coppa Italia possiamo dire la nostra. Con l’Arsenal ho vinto la FA Cup e perso una finale di Europa League, sono esperienze fantastiche. A me piacerebbe da matti, quest’anno o anche nei prossimi, vincere un trofeo con la Lazio. Ne sarei felicissimo per i tifosi che ci seguono dappertutto e ovviamente anche per il club”.
Con l’Arsenal, appunto, ce l’ha fatta. Quell’esperienza nel calcio inglese cosa le ha lasciato?
“Tanto, anche perché ci sono andato quando avevo solo 19 anni. Ma, pur giovanissimo, nei due anni in cui sono stato lì ho sempre giocato. Grazie a Emery sono diventato un vero giocatore, mi ha insegnato tutto”.
Dopo Emery, a quali altri allenatori deve la sua affermazione?
“Ho avuto la fortuna di lavorare con ottimi tecnici. Devo essere grato anche a Sampaoli che ho avuto al Marsiglia e negli ultimi due anni a Sarri e Baroni. Il nostro attuale allenatore ha una filosofia di gioco molto simile a quella di Emery e Sampaoli. Fanno il tipo di calcio che piace a me, offensivo ma anche molto organizzato. È quello che prediligo, ma è anche quello che esalta di più i tifosi”.
Ligue 1, Premier, poi Bundesliga, di nuovo Ligue 1 e ora Serie A. Qual è l’aspetto più bello di ciascuno dei quattro tornei in cui ha giocato?
“Da noi, in Francia, la qualità media dei singoli giocatori. Ogni anno ne vengono fuori di nuovi. In Germania c’è un calcio spensierato, perché si pensa solo al gol, la fase difensiva è secondaria. La Serie A è il campionato top a livello tattico e molto equilibrato. Ogni partita è difficile, anche quelle contro le squadre che arrivano dalla B. E la Premier è... la Premier , il massimo che ci sia a livello mondiale, in campo e fuori. Però pure qui in Italia c’è un coinvolgimento da parte della gente che è altrettanto bello”.
Il suo punto di approdo, l’Italia, era scritto sin dall’inizio nel suo nome, Matteo, che è appunto italiano.
“Quando me lo fanno notare rispondo che tutte le strade portano a Roma… Evidentemente l’Italia era nel mio destino sin dall’inizio”.
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