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Fiore: “Lazio nel cuore, lì ho conosciuto un fratello. Zaccheroni e Mancini…”
“A 50 anni è giusto cominciare a guardarsi alle spalle e fare i bilanci. Sono contento. Ho fatto quello che volevo fare, prima sognandolo, poi vivendolo. Avrei solo voluto giocare qualche anno di più in Serie A. Questo sì”. Si racconta così Stefano Fiore sulle colonne della Gazzetta dello Sport in occasione dei suoi cinquant’anni. “Ho giocato da bambino con porte di ogni tipo a Rende, in un quartiere pieno di prati. A 14 anni ero nel settore giovanile del Cosenza. È stata un’infanzia bella. Con mio fratello Adriano, che è del 1980.
Giocai una finale di Berretti contro il Parma. Vincemmo noi e loro si comprarono metà del mio cartellino. Era il 1994. Arrivai in Emilia, mi sentivo inadeguato anche se mi allenavo con la prima squadra. Poi Scala ebbe il coraggio di buttarmi in campo contro il Genoa. Aveva intravisto qualcosa. È stato un allenatore importante. Il Parma mi riscattò alle buste... Ho gioito con le due Coppe Uefa. In una giocai il ritorno, in quella del 1998, 20 minuti. A Parma c’era tanta concorrenza”.
E nel 1999 la comprò l’Udinese.
“Finii dentro lo scambio che portò Marcio Amoroso in Emilia. L’Udinese ha sempre avuto grande fiuto. Prese tanti soldi e volle me. Due anni splendidi, conquistai la Nazionale e l’Europeo del 2000 (perso in finale) con Dino Zoff. Segnai 18 gol. E l’Udinese fece una plusvalenza pazzesca, 50 miliardi di lire, vendendomi alla Lazio”.
L’altra tappa fondamentale della sua carriera. Anche se con Alberto Zaccheroni lei non si prendeva.
“Solo tatticamente. Ottima persona, ma avevamo idee diverse sul calcio”.
Ma alla Lazio gioca ancora, dopo Udine, con Giuliano Giannichedda e diventate inseparabili. Fratelli.
“Si può dire effettivamente così. Ci somigliamo, ci siamo trovati. Abitiamo a 500 metri di distanza, siamo coppia fissa a padel. La mattina accompagniamo le figlie, che sono amiche, alla scuola internazionale. A lui Zaccheroni ha cambiato la vita, con me il feeling sportivo non c’è stato”.
Ma invece, alla Lazio, c’è stato con Roberto Mancini.
“Eh sì. Facevo l’esterno nel 4-4-2, ma in fase di possesso quello che volevo, cioè il trequartista mascherato, andando dentro il campo”.
Che cosa trasmette Mancini?
“Empatia pura. Ha grande carisma. Si pone come quello che è stato calciatore prima di te e sa come lasciare un impatto nello spogliatoio. È diretto, a volte scomodo, ma non è falso”.
Chiusa la parentesi Lazio è andato a Valencia, nella Liga. Stava già con Valentina.
“Ci siamo conosciuti a Roma, mi ha seguito. La Spagna è il mio grande rimpianto. Nasceva con presupposti ottimi, sembrava il calcio adatto a me. Ma Ranieri, che mi volle fortemente, fece valutazioni diverse. Mi ritrovai in concorrenza con gli esterni spagnoli, più bravi. Il rapporto con Ranieri fu conflittuale. Poi lui fu esonerato”.
L’anno dopo, a Firenze, 2005-2006, si prese una grande rivincita.
“Giocai tutte le partite con Prandelli. Avevo perso la Nazionale, feci molto bene, ma non fu sufficiente per andare al Mondiale che poi vincemmo”.
E pensare che la Fiorentina non riuscì a riscattarla.
“Il Valencia mi dava in prestito, ma dopo quella stagione voleva tanti soldi. Scoppiò Calciopoli, alla Fiorentina c’era incertezza. Avevo 31 anni. Finii sei mesi al Torino, poi a gennaio a Livorno prima con Arrigoni, poi con Nando Orsi che ora ritrovo al padel”.
Ha avuto, comunque, il piacere di chiudere la carriera nella sua Cosenza andando con dignità in C.
“Volevo restituire quello che ho ricevuto e giocare insieme a mio fratello, mezzala. Feci il mediano. Si è chiuso il cerchio anche se avrei voluto farlo dopo. Poi ho aiutato la società a risalire facendo il direttore sportivo, la cosa che oggi mi piace di più”.
Ma ha fatto pure il vice di Oddo...
“Ho il patentino di allenatore. Io, Giuliano, Oddo e Corradi siamo amici veri. Siccome loro allenano tutti ci vuole un ds che li guidi... Saremmo proprio un bello staff”.
Chi è il più forte a padel?
“Luca Ceccarelli, ma è più giovane, Locatelli, Candela. A calcio è bene che ora lasciamo stare, il padel è un simpatico passatempo”.
E se le chiedo chi è uno alla Fiore oggi?
“Le dico Reijnders. È molto tecnico, sa fare tante cose e oggi è il centrocampista più completo della Serie A”.
Ma lei per chi tifa?
“Da piccolo Inter, in Calabria erano tutti juventini. Mi innamorai dell’Inter che vinse nel 1989. Ma Cosenza e Lazio sono il cuore”.
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