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ROMA - La sofferta vittoria casalinga contro la Sampdoria di Claudio Ranieri, ha dato delle risposte importanti in casa Lazio. In attesa di scoprire quelli che saranno i risultati delle dirette concorrenti, i biancocelesti di Simone Inzaghi si sono riportati in piena zona Champions League. Nonostante i successi non siano esattamente quelli di un anno fa, che hanno portato la prima squadra della Capitale a lottare per il titolo, il cammino è perfettamente in linea con gli obiettivi di inizio stagione.
IL RICORDO - Nonostante non ci sia certezza su cosa riuscirà o non riuscirà a fare la Lazio nel prossimo futuro, questa squadra è destinata a rimanere della storia del club. Proprio come è successo ai calciatori che, nel 2000, sono riusciti nell'impresa di vincere lo scudetto. Oggi il Corriere della Sera, ha intervistato Guerino Gottardi. L'ex jolly biancoceleste, ancora oggi, ricorda con grande affetto il periodo nella Capitale:
"In quella Lazio anche se l'allenatore si fosse bendato per mandare in campo giocatori a caso, avrebbe schierato uno squadrone. Erano tutti calciatori fortissimi. Ho dei bei ricordi, ancora oggi i tifosi mi vogliono bene. Nonostante sanno che non ero esattamente un campione come molti miei compagni si squadra. Non credo di essere arrivato al club per volere di Zeman, ma non fa niente. Ci ha insegnato a giocare d'attacco. Fu qualcosa di utile anche durante gli anni successivi. Aveva degli schemi rigidi ma era anche uno che sapeva scherzare. Alle volte faceva qualche battuta di troppo e mi faceva un po' girare le scatole. Dopo di lui arrivò Zoff. Ero affascinato da lui, era un mito. Tutti noi lo vedevamo allo stesso modo. Un allenatore grandissimo, proprio come Eriksson. Si può che dire che lo svedese fosse una fusione tra Zeman e Zoff. Ci ha preso per mano e ci ho portato a vincere. Un uomo molto equilibrato che sa lavorare sotto l'aspetto psicologico. Non era affatto facile mettere insieme tutte quelle culture e personalità diverse. Con lui potevamo aprirci".
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