Sven Goran Eriksson, allenatore dello storico secondo scudetto biancoceleste, è recentemente intervenuto ai microfoni di Coaches' Voice per raccontare la sua Lazio.
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Ex Lazio, Eriksson: “La miglior squadra che abbia mai allenato”
L'ex tecnico della Lazio, Sven Goran Eriksson, è tornato a parlare dei tempi in cui fu lui l'allenatore del club biancoceleste
"Questa è la Lazio, la squadra migliore che abbia mai allenatori. Avevamo svariati giocatori, molti di loro erano tra i migliori al mondo. Erano dei vincenti: amavano vincere e odiavano perdere. Il miglior giocatore di quella rosa, credo fosse Nesta. Un giovane difensore centrale che però aveva già tutto. Alto, forte, veloce. Avrebbe giocato in qualsiasi altro club. Poi c'era Mihajlovic, che avevo avuto anche alla Sampdoria. Lo portai con me alla Lazio, gli dicevo sempre che era un difensore e non un ala. Ma decideva lui rispondendomi che era un'ala o una seconda punta. Ci misi del tempo a convincerlo a giocare nella posizione di difensore centrale. Divenne uno dei migliori in circolazione. Era il miglior mancino del mondo. Il suo era un sinistro molto importante. C'erano anche Favalli, Negro e Pancaro. Non gli è mai stato dato grande credito nella storia del calcio. Tuttavia, anche loro sono stati importanti. Nedved è una leggenda. Un calciatore super professionale che si manteneva sempre in forma. Poteva correre per tutto il giorno. Era bravo anche tecnicamente. Mi sorprende che non abbia scelto di diventare allenatore. Comunque ora è dirigente per la Juventus. A centrocampo c'era Simeone, ore all'Atletico Madrid, ma anche Almeyda e Veron. Tecnicamente e tatticamente era molto forte, un vincente. In attacco c'erano Salas e Mancini. Roberto era il vero playmaker. Poteva svariare per tutto il campo e ricoprire qualunque ruolo. Diceva ai compagni che se lo vedevano tornare indietro, dovevano solo pensare a correre. La palla sarebbe arrivata. Questa cosa successe spesso. Ciononostante, non era l'unico a comportarsi così. Se la palla l'aveva Sinisa, diceva ugualmente ai suoi compagni di correre. Il suo piede sinistro rendeva tutto facile. Eravamo estremamente forti nel contropiede".
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