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ROMA - Il giorno del giudizio. Anzi, subito del rinvio, come da noi preannunciato. La Lazio ieri mattina alle 11 si è presentata a processo, ma dopo mezz’ora il giudice Mastrocola ha accettato il rinvio a venerdì 26 alle ore 11 della prima udienza del caso tamponi al Tribunale Federale, davanti al quale sono stati deferiti il club capitolino, i medici Pulcini e Rodia, e il presidente Lotito, oggi impegnato con l’Assemblea della Lega. Lo hanno concordato in videoconferenza l’avvocato Gentile, il pm Chiné e Mastrocola. Non si è deciso altro dunque oggi. E' stata accolta la richiesta di slittamento, soprattutto da parte della Lazio, soltanto dopo aver aperto il processo (e non come aveva richiesto Gentile subito) perché era necessario da parte del Tribunale Federale allungare i termini giuridici dello stesso. Solo quando però partirà il dibattimento a questo punto la Lazio potrà conoscere immediatamente il suo rischio effettivo. Infatti, soltanto alla fine della fase istruttoria la Procura Federale chiederà almeno sei punti di penalizzazione per i sei capi d’imputazione del dispositivo, fra i quali risalta l’utilizzo di bomber Immobile nella gara del primo novembre contro il Torino. Quasi impossibile per Cairo ottenere il 3 a 0 della gara d’andata a tavolino, anche perché avrebbe dovuto presentare ricorso a suo tempo. La società granata però oggi si è presentata comunque le sue motivazioni per costituirsi come parte civile ed essere ammessa come terza interessata al processo. Sarà tosta dimostrare il suo diritto leso. Anche perché proprio su quel punto insiste in fase preliminare, la Lazio, chiedendo l’ammissione del teste chiave, che diede l’autorizzazione a giocare sotto la Mole a Ciro. Il 26 si saprà se Di Rosa, dirigente dell’Asl Roma 1, potrà essere ascoltato in dibattimento. La Procura Federale contesta che, a differenza di quanto previsto dal Protocollo, sia mancata qualsiasi prova scritta della comunicazione del “non tesserato” col club biancoceleste al momento degli interrogatori prima del rinvio a giudizio.
PUNTO CHIAVE
La difesa biancoceleste punta anche a dimostrare il difetto di giurisdizione fra Uefa e Serie A. Le accuse della Procura sulle gare del nostro campionato contro Torino e Juventus (Djavan Anderson in panchina positivo) derivano infatti dai test effettuati dalla Synlab. Per questo la Lazio chiederà di ascoltare anche gli operatori del laboratorio di Calenzano che, secondo l’avvocato Gentile, avrebbe dovuto comunicare i risultati all’Asl e avrebbe processato i tamponi con metodologie differenti dall’Italia. Tra l’altro la dottoressa Lapucci, coordinatrice delle sedi nostrane di Synlab, fu già ascoltata il 6 novembre scorso e riferì di colloqui intercorsi tra lei e il presidente Lotito il quale sosteneva che «tre dei pazienti positivi erano guariti o negativizzati e dunque non erano infettivi». Insomma, la prima battaglia si consumerà già durante le questioni preliminari. Se il giudice Mastrocola darà l’ok all’inserimento nel calendario dei testimoni, la Lazio avrà ottenuto la prima vittoria venerdì 26 marzo.
IN DISPARTE
L’avvocato Gentile come ultimo punto cercherà di risparmiare l’inibizione (con conseguente decadimento da Consigliere Figc) del presidente con la “Strategia 231” già preannunciata: un escamotage amministrativo delle imprese, che potrebbe far scongiurare comunque sia a lui che alla Lazio la responsabilità diretta e qualunque sanzione più severa. Lotito può decadere da consigliere, se condannato. In questo Lotito si è già portato avanti con la sua deposizione in Procura: «In virtù delle dimensioni e complessità del club, io non posso seguire tutti i rami della attività aziendali e mi sono occupato dei tamponi solo in situazioni eccezionali perché i miei organi mi hanno investito per assumere una posizione ufficiale della Lazio».
Cittaceleste.it
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