Come si passa dalla Serie D alla Champions League? Lo può spiegare bene Manuel Lazzari, che tredici anni fa calcava i campi dilettantistici con il Delta e oggi si ritrova a essere il terzo giocatore con più presenze nella Lazio tra quelli in rosa e il quarantottesimo nella storia biancoceleste. Sempre con l’obiettivo di dare tutto in campo, anche a costo di qualche acciacco indesiderato, e mantenendo i piedi per terra come ci ha raccontato proprio il terzino biancoceleste, intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni.
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ESCLUSIVA | Lazio, Lazzari: “Secondo posto? È presto. Non abbiamo ancora fatto niente, però…”
Dopo il rientro lampo dall’infortunio ha trovato meno il campo, forse alla ricerca della condizione migliore. L’obiettivo è essere al 100% dopo la sosta?
“Ho avuto un infortunio che mi ha visto rientrare prima del previsto. Sono entrato a Como e ho giocato con il Cagliari. Nelle ultime due non sono entrato, ma sono state scelte del mister. Io sto benissimo, prenderò questa sosta per lavorare ancora più forte e presentarmi al meglio per l’inizio della prossima settimana ”.
Questa Lazio invece come sta? La sensazione è che si stia ricreando quel gruppo e quell’entusiasmo che vi ha portati al secondo posto due anni fa.
“Sicuramente è troppo presto per dare giudizi. Abbiamo fatto un grande inizio di campionato, non solo in Italia ma anche in Europa. Dobbiamo rimanere molto umili, continuare a lavorare e seguire il mister. Tra due o tre mesi vedremo a che punto saremo e tireremo le somme, a oggi è difficile fare tabelle o fissato obiettivi: è troppo presto”.
Questa squadra viene paragonata a quella che, nella sua prima stagione qui, lottò per lo scudetto fino al Covid. C’è qualcosa di quel gruppo?
“Quell’anno è stato incredibile, abbiamo vinto la Supercoppa italiana e prima del Covid ci stavamo giocando lo scudetto. Quest’anno siamo partiti molto bene, ma ci sono tante squadre lì con noi: è troppo presto, sono passate poche partite, è difficile dare giudizi. Restiamo umili e continuiamo su questa strada”.
È vicinissimo alle 200 presenze con la Lazio. Che significano per lei questa maglia e questo ambiente?
“Se ripenso da dove sono partito e che sono arrivato in un grande club come la Lazio, essere vicino alle 200 presenze è un motivo di orgoglio. Sono fiero del percorso che ho fatto, spero di farne tante altre”.
Cosa direbbe oggi a quel ragazzo ripartito dalla Serie D, che quasi stava per smettere?
“Ci vuole anche fortuna a volte, ma bisogna provar sempre a inseguire i propri sogni, lavorare duro ogni giorno, cercare di migliorare i propri punti deboli. E magari un giorno arriverà il premio, come successo a me”.
Ci racconta Baroni? Che allenatore e che persona è?
“Il mister è una persona molto umile, un gran lavoratore. Noi ci siamo subito adeguati al suo modo di lavorare sin dal primo giorno del ritiro. Questo ha dato i suoi frutti, ma dobbiamo continuare a seguirlo perché la stagione sarà molto lunga”.
Non solo Baroni. Nei video pubblicati dalla società abbiamo spesso visto il vice Del Rosso caricarvi e spronarvi nel riscaldamento pre partita. Che rapporto avete con lui e con lo staff?
“Lo staff è importante quanto il mister, quanto qualsiasi giocatore. Da Auronzo abbiamo creato davvero un gran gruppo sia tra noi che con lo staff. Dobbiamo seguire questa direzione fino alla fine, perché sarà un anno lungo. Ma siamo partiti col piede giusto”.
Baroni deve fare anche da pompiere, e lo sta facendo bene. Ma inconsciamente l’occhio cade sulla classifica: ne avete parlato tra voi?
“Sinceramente io non la guardo. È veramente troppo presto, l’anno è lungo e può succedere qualsiasi cosa. Sicuramente essere partiti col piede giusto ed essere davanti in Italia e in Europa dà qualcosa in più, sia in campo che fuori. Siamo sulla strada giusta, ma dobbiamo essere consapevoli che ancora non abbiamo fatto niente. Dobbiamo lavorare e metterci la testa fino alla fine”.
Provedel ha detto di recente che alla Nazionale non pensa. Lei invece? Spera in una nuova convocazione?
“Ma sono vecchio ormai (ride, ndr). Scherzi a parte, è sempre un motivo di orgoglio, il punto massimo che un giocatore possa toccare. Ogni giocatore vorrebbe indossarla ogni volta, ma ovviamente tutto passa dalle prestazione che si fanno col club. Il giocatore deve essere concentrato su quello”.
Ha scelto di cancellarsi dai social, non è una cosa frequente ai giorni nostri. È una persona molto riservata?
“Sinceramente da quando ho tolto ogni social vivo meglio, ho meno stress. Non guardo nulla, sto molto bene. Non c’è nessun motivo in particolare, mi ero solo stancato”.
Chi è Manuel Lazzari fuori dal campo, in famiglia e con gli amici?
“Sono sicuramente super simpatico (ride, ndr). Sono un papà normalissimo, che cerca di passare più tempo possibile con la propria figlia anche se non sempre è facile perché spesso siamo in giro. Sono un papà e un marito come ogni altra persona”.
Le è cambiata la vita con la paternità?
“Certo. Quando si diventa papà cambia veramente tutto, non pensavo però cambiasse così tanto. È la cosa più bella che esista”.
Ha degli hobby? Come passa il tempo libero?
“Gioco alla PlayStation (ride, ndr)”.
Se non fosse stato un calciatore cosa avrebbe fatto?
“Sicuramente farei il meccanico, che è quello che facevo quando giocavo in Serie D. Se non avessi sfondato con il calcio sarei nella fabbrica in cui ha lavorato mio padre”.
Ha ancora diversi anni di carriera davanti. Ma ha già pensato a cosa farà da grande? Si vede in panchina o comunque nel mondo del calcio?
“In questo momento direi che quando smetterò potrei al massimo allenare i bambini. Qualcosa di più non me la sentirei, né direttore sportivo né allenatore a certi livelli. Farei sicuramente qualcosa di tranquillo con i bambini, quello mi piacerebbe molto”.
C’è una figura che è stata decisiva nella sua vita da professionista?
“Sicuramente i miei genitori, sin da quando ero bambino hanno sempre provato a darmi una mano. Mi portavano in giro anche se lavoravano, mi compravano gli scarpini. Devo tanto a loro due”.
Torniamo agli infortuni. Spesso si è fermato nel momento sbagliato, quando in campo c’era la sua miglior versione. È stato un freno per la sua carriera?
“Purtroppo sono un giocatore che non riesce a gestirsi in campo. Anche l’ultimo infortunio quest’anno con l’Empoli: per andare a prendere una palla che era fuori ho fatto lo sprint massimo della mia carriera. Purtroppo sono infortuni che non puoi prevedere, anche io dovrei gestirmi un po’ di più a volte invece di andare dieci volte sul fondo dovrei farlo sette. Ma sono stato abituato così da sempre, sin da piccolo, e sono partito dalle categorie inferiori: ho giocato per la salvezza, non è facile per un giocatore come me gestirsi, sono cose che succedono soprattutto nel mondo del calcio”.
Questa squadra si frequenta anche fuori dal campo, con le rispettive famiglie. È questo il segreto, aver ricreato subito un gruppo unito?
“C’è stata un po’ di rivoluzione, sono andati giocatori che erano qui da anni: Ciro, Luis Alberto, Felipe Anderson. Milinkovic due anni fa. Quest’anno sin da Auronzo c’è stata una buona rifondazione, sicuramente i nuovi si sono integrati alla grande e abbiamo creato un grande gruppo. Siamo contenti di esserci riusciti in così poco tempo, non è mai scontato quando cambi tanto. Dobbiamo avere questa voglia e questa allegria ogni giorno e fino alla fine”.
Dite sempre che Gila si veste peggio di tutti e ascolta la musica peggiore. Tra i nuovi qualcuno gli ha tolto lo scettro?
“(Ride, ndr). No no, Gila è sempre il re. A livello di dj in spogliatoio è il re, la musica non è per niente bella ma ci adeguiamo perché se lui è felice siamo felice anche noi”.
Conosce bene l’ambiente laziale. Ci si entusiasma facilmente e in modo travolgente, ma il tifoso per definizione pensa già a quando le cose andranno male. Sente di poter dire a nome di tutta la squadra che questa sarà la Lazio per tutta la stagione?
“A livello di promesse non possiamo fare perché se poi non viene mantenuta una promessa ci si rimane male. Conosco questa piazza, sono qui da sei anni. È una piazza piena di passione, quindi voglio dire ai tifosi che dal primo giorno di Auronzo a oggi hanno visto una grande squadra, che gioca a calcio e che corre per novanta minuti, che lotta per ogni pallone. E la vedranno per tutto l’anno perché questo è quello che ci chiede il mister, noi lo seguiamo e le cose stanno andando bene. Non abbiamo motivo per cambiare questo nostro atteggiamento”.
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