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Di Canio
È una lunghissima intervista quella concessa da Paolo Di Canio alle pagine del Corriere dello Sport di oggi. Doppio ex della sfida di domani dell’Olimpico, Di Canio ha parlato così della gara. “Sarà Allegri contro Sarri: i bianconeri cercheranno il proprio passato, la Lazio il proprio futuro. Entrambe cercano qualcosa: Allegri la squadra compatta del passato, perché quella di oggi è più fragile, Sarri invece ha bisogno di giocare velocemente tra le linee. È questo il suo gioco: combinazioni velocissime per colpire in verticale. Per questo ha dovuto tenere fuori Luis Alberto: è un giocatore fantastico, ma non poteva rinunciare alla velocità del gioco. Domani sarà una gara con troppe incognite dopo la sosta e con gli infortuni. Sulla carta sta meglio la Lazio, che sa aspettare e partire”.
“Lasciai il Charlton e un biennale da 900mila euro a stagione, alla Lazio ne accettati 250mila. Ma non mi importava, era il prezzo per la felicità. Arrivo in pieno agosto a Formello e alla presentazione c’erano 5000 persone fuori. Ero scioccato, emozioni difficili da decifrare. Lotito si presentò con tre ore di ritardo. Ricordo che poi mi ritrovai solo nello spogliatoio a piangere come un bambino. Ma umanamente non fu facile. Il presidente del Charlton arrivò a Roma con il rinnovo e 3 ore dopo ripartì con la mia firma. Ma da uomo vero sono andato dal presidente a dirgli come stavano le cose. Volevo chiudere la mia storia con la Lazio, ero felicissimo. Ma era un tradimento che non meritavano, avevo il magone”.
“Mi contattò Lotito: ‘So Lotito, vieni gratis o no?’. Io gli risposi: ‘Sono della Lazio presidente, ma lascio un contratto importante. È anche un fatto di dignità…’. All’inizio fu stressante, rimasi undici giorni senza contratto. Non c’erano i nuovi moduli, incredibile. Ma era la Lazio salvata dal fallimento, con mille problemi, solo 9 giocatori e Mimmo Caso salito dalla Primavera. La separazione con Lotito? Tutte cose cancellate dal tempo. Non mi voleva più, mi dispiace solo abbia messo in mezzo cose che non avevano a che fare con il calcio: a un dirigente forte non serve. Ma divido le problematiche personali dal resto: pensando da dove partito ha fatto più che bene. I tifosi sanno che la società è sana e non in pericolo, l’unico tarlo è il mancato un passo in più. E alcuni vorrebbero ogni tanto qualcosa di più viscerale da Lotito, ma lui è un pragmatico”.
“Sarri una volta mi ha detto: ‘Lo sai che io godo quando vedo in partita le cose che studiamo in allenamento’. Ama controllare le gare e, finora, alla Lazio gli è riuscito solo con le piccole, ma è già qualcosa. Sarri è un animale da campo, non può stare troppo lontano dal suo mondo. È un drogato di calcio, come me. L’audio su Mourinho? Erano battute tra amici, ma il personaggio mi ha sempre affascinato. Nelle ultime tre gare con Bodo e Venezia ha preso 11 goal, perdendo due volte e pareggiando una. Contando questo, se al Tottenham o al Chelsea avesse detto un decimo di quanto ha detto a Roma sarebbe saltato il giorno dopo. Insistere sulla debolezza sull’organico è un problema anche per lo spogliatoio. Ma quattro vittorie e si azzera tutto”.
“Di quell’esultanza nel derby è rimasto l’entusiasmo in ciò che faccio, la gioia di condividere. Da ragazzo i miei idoli erano Giorgione (Chinaglia, NdR), Vincenzo D’Amico e Bruno Giordano, che era fantastico a livello tecnico. Michael Laudrup invece mi faceva impazzire. Ma tengo nel cuore Fiorini, ci salvò dalla C nello spareggio. Tra gli allenatori più illuminanti metto Sven Goran Eriksson per il calcio espresso e per come ha fatto crescere il gruppo. Delio Rossi, nella Lazio in cui tornai, per come studia il calcio. Ma il mio mito da ragazzino rimane Maestrelli”.
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